Il fatto che nel caso di Sudden Infant Death Syndrome (SIDS) la morte incorra entro l’anno di età sembra essere un fattore che complica l’adattamento nei genitori, sia in termini di tempo che di difficoltà.
Abstract: La Sudden Infant Death Syndrome (SIDS), detta anche “morte bianca” oppure “morte in culla”, è una morte che incorre entro i 12 mesi di vita e che non trova spiegazione nemmeno dopo attento esame ambientale, medico e autoptico. È un evento molto doloroso e potenzialmente traumatico che ha, soprattutto sulla madre, un forte impatto psicologico e talvolta psicopatologico. La letteratura evidenzia alcuni fattori di rischio e di protezione che possono agevolare oppure ostacolare la risoluzione del lutto.
La Sudden Infant Death Syndrome (SIDS)
Il lutto da SIDS irrompe come un fulmine a ciel sereno nella vita delle famiglie colpite e, nonostante in tutto il mondo vi sia un forte impegno per le campagne preventive, non è ancora stata data un’eziologia chiara alla morte improvvisa del lattante. Gli studi presenti in letteratura sono principalmente incentrati sul vissuto materno.
Il forte distress psicologico nel periodo immediatamente successivo alla perdita è connotato da intensa tristezza, mancanza di concentrazione, rabbia, irrequietezza, disturbi del sonno, senso di colpa, difficoltà lavorative, spossatezza, disagio nei confronti delle donne incinte, con un maggior rischio per le donne single e quelle che non hanno ritrovato personalmente il corpo senza vita del bambino (Ostfeld, Ryan, Hiatt & Hegyi, 1993; Price, Carter, Shelton & Bendell 1985). I pattern di sintomi più stabili, presenti oltre i sei mesi successivi alla perdita comprendono la persistente tristezza, rabbia, senso di colpa, sfiducia, confusione di ruolo, con un tasso di disturbo da lutto persistente e complicato del 57,1 % dopo un anno dalla perdita e del 41,3 % dopo tre anni (Goldstein et al., 2018).
Il fatto che la morte incorra entro l’anno di età sembra essere un fattore che complica l’adattamento, sia in termini di tempo che di difficoltà (Goldstein, 2018; Price, Carter, Shelton & Bendell, 1985). Inoltre, sebbene spesso sia presente il desiderio di un altro figlio, queste donne sentono il bisogno di sottoporre i figli successivi a studi sul sonno per individuare eventuali apnee o anomalie, segno di una preoccupazione maggiore per future perdite (ibidem).
Considerando l’alto impatto emotivo della perdita e le circostanze in cui avviene, sono stati indagati i fattori di vulnerabilità pre-perdita in relazione allo sviluppo della sintomatologia da disturbo da lutto persistente e complicato e ne sono emerse interessanti correlazioni: età materna superiore a 26 anni, presenza di sintomi depressivi, presenza di ulteriori figli viventi e consumo di alcol almeno due volte alla settimana predicevano in maniera significativa la comparsa del disturbo e la sua persistenza anche a lungo termine, soprattutto se questi fattori erano in concomitanza fra loro (Goldstein et al., 2019).
L’accettazione del lutto da SIDS
Per adattarsi alla perdita, alcuni studi mettono in evidenza il bisogno di queste madri di portare avanti un’attività che preveda la “presenza” del bambino deceduto, come la creazione di siti web commemorativi o l’utilizzo di oggetti transizionali del lutto. All’interno dei siti web commemorativi, fotografie, poesie, ricordi e spazi di autoespressione sono condivisi in modo non professionale, senza particolari canoni estetici: la loro potenzialità risiede proprio nella loro costante accessibilità, non determinata da orari di apertura e chiusura o da limiti di permanenza (Finlay & Krueger, 2011). Sono inoltre l’espressione del lavoro che le madri in lutto svolgono su due fronti, quello del lutto e quello del recupero, in un processo dinamico di oscillazione molto affine a quello descritto da Stroebe e Schut nel “Dual process model of coping” (1999).
Analogamente all’oggetto transizionale di Winnicott (1951), il quale compare in un determinato periodo di sviluppo del bambino per placare la frustrazione generata dalla temporanea assenza della madre, è stata ipotizzata la presenza di oggetti dal forte potenziale adattivo anche per le madri coinvolte nella perdita da SIDS. Vestiti, peluche, ciucci, impronte di mani o piedi, possono essere considerati dei veri e propri oggetti transizionali del lutto, ma, nonostante le grandi potenzialità, sono utili solo nella misura in cui il loro utilizzo non arrechi angoscia aggravando il rischio di lutto complicato nel tempo; sembra che alcune madri non solo abbiano capacità limitate nel godere delle potenzialità adattive di questi oggetti, ma sperimentino addirittura la complicazione del loro naturale adattamento alla perdita, che mancherebbe dell’oscillazione necessaria per avere esito favorevole (Goldstein et al., 2020).
All’interno della coppia, le donne risultano essere maggiormente travolte dalle emozioni intense scatenate dalla perdita, che manifestano principalmente con episodi di pianto sia da sole che in presenza di amici e familiari, del cui supporto, a differenza del partner, facilmente si avvalgono (Williams & Nikolaisen, 1982; Carroll & Shaefer, 1993; Irizarry & Willard, 1999). Inoltre, nelle donne è spesso presente il desiderio precoce di una successiva gravidanza, tanto da sovrastimare quello del partner, il quale invece per lo più accompagna un più contenuto desiderio di paternità al timore di avere un altro figlio; tendenza inversa invece riguarda il bisogno di intimità sessuale, accresciuto dopo la perdita nei padri e ridotto per la maggior parte delle madri (Irizarry e Willard, 1999).
A fare da sfondo al lutto da SIDS è infine il senso di colpa, enfatizzato dalla mancanza di una chiara spiegazione medica, che alimenta nella famiglia la costante ricerca di una causa (Raphael, 1983). Le madri riportano frequentemente il tema dell’autocolpevolizzazione, che però non è risultata correlata alla causa della morte, né a fattori di rischio modificabili, né alla loro comprensione da parte dei genitori; l’ipotesi avanzata è che possa trattarsi di una caratteristica normale del lutto dopo una morte infantile, che in tal modo smetterebbe di essere un evento casuale e risulterebbe per la persona più facile da controllare e da affrontare (Garstang, Griffiths & Sidebotham, 2016).
La quantità di studi principalmente incentrati sul vissuto femminile consente di osservare una notevole sproporzione, che rende necessaria la conduzione di studi incentrati anche sulle esperienze paterne, che legittimi maggiormente il dolore conseguente a questa perdita e fornisca le basi per un supporto sintonizzato anche sulle specifiche esigenze maschili.