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Oggetto Transizionale

Oggetto transizionale e fenomeni transizionali rappresentano un'area intermedia di esperienza in cui trovano spazio sia la realtà interna sia quella esterna

Oggetto transizionale e fenomeni transizionali nella teoria di D Winnicott

Con il termine oggetto transizionale e fenomeno transizionale, Donald Winnicott definisce una terza parte della vita di ogni individuo, un’area intermedia di esperienza a cui contribuiscono sia la realtà interna, sia quella esterna.

 

Il lavoro di D.W. Winnicott: un po’ di contesto

Donald Winnicott era un pediatra e uno psicoanalista, vissuto tra il 1896 e il 1971; nel corso della sua esperienza clinica, si è concentrato sulla relazione tra madre e bambino nelle fasi più precoci della vita e ha riflettuto sul nesso di tale rapporto con lo sviluppo psichico.

Ha studiato il ruolo svolto dall’ambiente primario nel favorire la nascita e la crescita psicologica dell’individuo; nel corso dell’evoluzione mentale, il bambino passa da una condizione di totale egocentrismo e dalla convinzione di essere onnipotente, alla costruzione di quello che in gergo tecnico si definisce un adeguato ‘esame di realtà’, basato sulla distinzione tra il proprio mondo interno e la realtà esterna.

L’oggetto transizionale: storia del termine

Il concetto di oggetti e fenomeni transizionali ha subito numerose rielaborazioni.

D. W. Winnicott stesso data la sua formulazione originaria nel 1951. Una prima elaborazione scritta si ritrova sull’International Journal of Psycho-Analysis, vol. 34, parte 2 (1953) e in D. W. Winnicott, Dalla pediatria alla psicoanalisi (1958a). In Sviluppo affettivo e ambiente (1965), una delle raccolte di saggi dell’autore, l’espressione ‘oggetti e fenomeni transizionali’ compare nel contributo letto al ventesimo Congresso Internazionale di Psicoanalisi a Parigi del 1957. Successivamente, in Gioco e realtà (1971), D.W.W.  descrive in modo più articolato il concetto.

Cosa sono gli oggetti transizionali e i fenomeni transizionali nella vita adulta

In Gioco e realtà (1971) Winnicott spiega che lo sviluppo psichico dovrebbe condurre ogni individuo a sentirsi un’unità dotata di un confine che delimita l’esterno e l’interno. In conseguenza di ciò, se l’evoluzione segue il suo corso, l’essere umano sviluppa un mondo interno e un adeguato esame di realtà, ossia una corretta capacità di rapporto con la realtà esterna.

Con il termine oggetti e fenomeni transizionali, D. Winnicott definisce una terza parte della vita di ogni individuo, un’area intermedia di esperienza a cui contribuiscono sia la realtà interna, sia quella esterna. La descrive come un’area di riposo per ogni essere umano, impegnato nel perpetuo compito di mantenere separate, e tuttavia correlate, realtà interna e realtà esterna.

Come nasce l’area transizionale nei primi stadi dell’evoluzione psichica

L’ipotesi originaria sulla creazione dell’area transizionale nasce dall’osservazione di D. Winnicott della varietà dei modi in cui i bambini molto piccoli usano il loro primo possesso ‘non-me’.

D. W. osserva che la maggior parte dei neonati usa come primo ‘oggetto’ a sua disposizione il pugno, le dita o il pollice per stimolare la bocca (va ricordato che il neonato non possiede un’immagine di sè integrata e che le varie parti del corpo non sono da subito riconosciute come proprie e appartenenti a un tutt’uno).

Pochi mesi dopo, quasi tutti i genitori danno al figlio qualche oggetto speciale aspettandosi che il bambino diventi molto dipendente da esso, cosa che spesso avviene.

Secondo D. W. Winnicott, c’è una relazione tra questi due ordini di fenomeni, che studia considerando:

  • La natura dell’oggetto.
  • La capacità del bambino di riconoscere l’oggetto come non-me.
  • La sede dell’oggetto: fuori, dentro, sul limitare.
  • La capacità del bambino di creare, pensare, inventare, dare origine, produrre un oggetto.
  • L’inizio di un rapporto oggettuale

Egli elabora i termini ‘oggetti transizionali’ e ‘fenomeni transizionali’ per definire l’area intermedia di esperienza tra il pollice e l’orsacchiotto, tra l’erotismo orale e un vero rapporto oggettuale. L’area intermedia è un fenomeno universale della vita infantile, compresa tra ciò che è soggettivo e ciò che è oggettivamente percepito; in essa, si intravedono i primi stadi della relazione con l’oggetto e della formazione del simbolo.

L’area transizionale è una condizione intermedia tra l’incapacità e la crescente capacità del bambino di riconoscere e accettare la realtà. La sua comparsa si colloca tra i quattro/sei mesi e gli otto/dodici mesi, con ampie variabilità da bambino a bambino.

Come si evolvono i fenomeni e gli oggetti transizionali durante la crescita

Anche la lallazione del bambino e il modo in cui, più avanti nello sviluppo, ripete il suo repertorio di canzoncine o di filastrocche mentre si prepara per andare a letto, rientrano nell’area intermedia, insieme all’uso che il bambino fa di oggetti che non sono parte del suo corpo ma che non sono ancora pienamente riconosciuti come appartenenti alla realtà esterna. Una melodia o un rituale, il cui uso diventa di vitale importanza per il bambino al momento di andare a dormire, rappresentano una difesa contro l’angoscia. Se il bambino ha trovato e usa qualche oggetto soffice allo stesso scopo, i genitori si accorgono della sua importanza e lo portano con sé ogni qualvolta sia possibile. D. W. osserva che i genitori lo lasciano spesso diventare sporco e anche maleodorante, perchè, lavandolo, potrebbero introdurre una rottura nella continuità dell’esperienza del bambino, che può modificare il significato e l’importanza di quell’oggetto per il figlio.

L’uso dell’oggetto transizionale può persistere nell’infanzia, così che l’oggetto soffice originario continua a essere assolutamente necessario al momento di andare a letto o in momenti di solitudine o quando arriva un po’ di depressione. In condizioni di salute, tuttavia, c’è un graduale ampliamento della gamma di interessi, e alla fine questa gamma più estesa viene mantenuta e usata per far fronte a un’eventuale angoscia depressiva. Il bisogno di un oggetto specifico o di un rituale iniziato molto presto può comparire di nuovo quando il bambino è più grande e ci sia la minaccia di una deprivazione.

Con le parole di D. Winnicott, che riassume con limpida chiarezza le caratteristiche del rapporto con l’oggetto transizionale:

  • Il bambino ha diritto all’oggetto, e noi siamo d’accordo su questo assunto. Tuttavia, sin dall’inizio, c’è una sorta di rinuncia all’onnipotenza.
  • L’oggetto viene coccolato affettuosamente e, contemporaneamente, viene amato in modo eccitato e mutilato.
  • Non deve cambiare mai, a meno che non venga cambiato dal bambino.
  • Deve sopravvivere all’amore istintuale e anche all’odio e, nel caso ci fosse, all’aggressività pura.
  • Al bambino, di fatto, deve sembrare che l’oggetto dia calore, o che si muova, o che abbia consistenza, o che faccia qualcosa che sembri mostrare che ha vitalità o realtà di per sé.
  • Secondo noi proviene dall’esterno, ma non è così dal punto di vista del bambino. Né viene dall’interno; non è una allucinazione.
  • Il suo destino è che gli venga gradualmente consentito di essere disinvestito in modo tale che, nel corso degli anni, non tanto venga dimenticato quanto, piuttosto, relegato in un limbo. Con ciò intendo che, di norma, l’oggetto transizionale non ‘va dentro’ né vanno necessariamente incontro a rimozione le sensazioni relative. Non viene dimenticato e non c’è lutto per esso. Perde significato e ciò perché i fenomeni transizionali divengono diffusi, occupano l’intero territorio intermedio tra la ‘realtà psichica interna’ e ‘il mondo esterno come viene percepito, in modo comune, tra due persone’, vale a dire l’intera area culturale.

A questo punto il tema si estende a quello del gioco, della creatività e dell’apprezzamento artistici, del sentimento religioso, del sognare, e anche del feticismo, del mentire e del rubare, dell’origine e perdita del sentimento d’affetto, della dipendenza dalla droga, del talismano dei rituali ossessivi (D. W. Winnicott, 1971)’.

L’area transizionale in psicoterapia

D. Winnicott ha sottolineato che i fenomeni transizionali avessero un ruolo specifico nella psicoterapia. L’autore sosteneva che quell’area intermedia di gioco del bambino piccolo (ma anche di quello più grande) si potesse sovrapporre nella sua funzione all’area di lavoro in terapia. D. Winnicott sosteneva: ‘La psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che fare con due persone che giocano insieme. […] Quando il gioco non è possibile, allora il lavoro svolto dal terapeuta ha come fine di portare il paziente da uno stato in cui non è capace di giocare a uno stato in cui ne è capace (1971).”

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