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Gli smombies: camminare con gli occhi fissi sullo schermo – Psicologia Digitale

Il termine smombie si riferisce ad uno specifico comportamento: essere focalizzati sullo smartphone mentre si cammina su strade pubbliche

Di Chiara Cilardo

Pubblicato il 07 Apr. 2023

Aggiornato il 19 Apr. 2023 10:06

Essere pedoni distratti dallo smartphone, o smombies, può essere un rischio per la sicurezza perché riduce la nostra attenzione verso l’ambiente circostante. 

PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 38) Gli smombie: camminare con gli occhi fissi sullo schermo

 

 Gli smartphone richiedono la nostra attenzione anche quando siamo già impegnati a fare altro: per esempio mentre guardiamo la tv, ci prepariamo, lavoriamo o camminiamo.

Quando camminiamo fuori casa, sul marciapiedi o attraversiamo la strada, abbiamo un intero ambiente intorno a noi cui prestare attenzione: gli altri pedoni, le auto, i ciclisti, ecc. Ma se la nostra attenzione è assorbita dall’uso dello smartphone, l’eventualità che, del tutto o in parte, non siamo consapevoli di ciò che ci accade intorno è concreta e può portare a incidenti più o meno gravi.

Essere distratti può avere un costo. Fare valutazioni errate sulla velocità dei veicoli, attribuire in modo errato l’intenzione del conducente, oppure valutare erroneamente se possiamo o meno attraversare; questo vale per tutti, per chi guida come per chi cammina.

Ma è proprio per questi ultimi che è stato coniano il termine “smombie”.

L’attenzione frammentata

Il termine “smombie” (smartphone-zombie) o “phone walker” (meno utilizzato) si riferisce ad uno specifico comportamento: essere focalizzati sullo smartphone mentre si cammina su strade pubbliche (Schaposnik e Unwin, 2018; Ropaka et al., 2020).

Una classificazione completa delle varianti di questo comportamento viene proposta da Fernández e colleghi (2020). Abbiamo cinque livelli che si differenziano da un grado crescente di attenzione allo smartphone: not visible, talking, headphones, holding, smombie.

Nel primo il pedone non utilizza lo smartphone; nel secondo lo usa ma solo per una chiamata, diciamo in maniera tradizionale (che poi era il primo utilizzo per cui era stato pensato il ‘telefonino’!); nel terzo indossa delle cuffie per ascoltare musica o contenuti audio; infine “holding” indica che il pedone ha in mano lo smartphone senza utilizzarlo e “smombie” che non solo la persona ha in mano lo smartphone ma lo utilizza rivolgendo chiaramente una gran parte della sua attenzione su di esso (digita, fa scrolling, manda audio ecc.).

Gli smombie si espongono a dei rischi perché prestano meno attenzione all’ambiente circostante: fissare lo sguardo sullo schermo, occupare le mani per digitare, camminare più lentamente e distrattamente.

Non tutti i pedoni sono smombie

Nel lavoro di Fernández e colleghi del 2020 questo comportamento è stato misurato direttamente. In particolare, l’analisi ha preso in considerazione eventuali correlazioni con genere, età e luogo.

Nello studio due ricercatori (uno seduto ed uno in movimento a piedi) hanno osservato il comportamento dei pedoni con i loro smartphone in tre aree della città spagnola Elche, un centro medio piccolo (poco più di 230.000 abitanti): centro città, aree residenziali e campus universitario. Nei cinque mesi di osservazioni sono stati registrati 3.301 pedoni, per metà di sesso femminile.

I soggetti inclusi nell’osservazione dovevano essere pedoni soli o in gruppi di massimo 4 persone; sono stati esclusi pedoni che, per focalizzarsi meglio su quello che stavano facendo con lo smartphone, si fermavano, si sedevano o si appoggiavano ad una struttura (muro, lampione, ecc.) poiché l’utilizzo potenzialmente problematico è proprio legato al fatto di camminare in strada mentre si usa il dispositivo.

La registrazione dei comportamenti è stata fatta tramite un’app creata appositamente ed in cui era possibile registrare genere ed età stimati e tipologia di comportamento.

I risultati mostrano che, in generale, il comportamento prevalente è quello di usare lo smartphone con le cuffie, quindi per ascoltare musica o audio.

In termini di età, come prevedibile, sono i più giovani a rientrare nella categoria “smombie”, soprattutto quando il comportamento è analizzato in base al luogo di osservazione: è l’area del campus universitario, più frequentata da giovani, ad essere più rappresentativa di questa categoria; mentre con l’aumentare dell’età diminuisce la tendenza ad usare lo smartphone mentre si cammina.

Smombie Scale e app per la valutazione

Nel 2021 Park e Kim hanno elaborato la Smombie Scale, uno strumento self-report per misurare l’uso dello smartphone mentre si cammina; si compone di 15 item e richiede pochi minuti per la compilazione. Lo scopo è avere una panoramica rispetto a quanto lo smartphone viene usato per noia o per dipendenza ma non solo: viene valutata anche la percezione del rischio rispetto al farlo mentre si è fermi e può essere richiesto di muoversi all’improvviso (ad esempio, alla fermata dell’autobus, in attesa della metropolitana e in attesa di un segnale di passaggio sulle strisce pedonali, quando si è fermi ma ci si potrebbe dover muovere alla svelta e con poco preavviso).

Anche se lo studio ha dei limiti (il campione è costituito da volontari tra i 18 e i 39 anni reclutati solo in Corea del Sud), la Smombie Scale può aiutare a comprendere quanto si è distratti dallo smartphone in certe circostanze.

Anche l’applicazione Smombie Guardian è utile per aumentare la consapevolezza e ridurre i rischi dell’utilizzo dello smartphone mentre si cammina in strada. L’app utilizza la fotocamera: quando rileva un ostacolo potenzialmente pericoloso invia una notifica con vibrazione e una foto dell’ostacolo in modo che il pedone sia consapevole degli eventuali rischi (Kim et al., 2018). L’aspetto interessante di questa app è il cambio di prospettiva: invece di richiedere alle persone un cambiamento in un’abitudine consolidata – l’uso dello smartphone anche quando si cammina in strada -, cambiamento davvero improbabile, utilizza proprio lo strumento ‘distraente’ per catturare l’attenzione.

Probabilmente è proprio questo il passaggio che serve: per invertire la rotta di comportamenti digitali a rischio, utilizzare le tecnologie stesse negli interventi non come nemici ma come alleati.

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