La review della Dott.ssa Scaini e colleghi (2020) pubblicata su Journal of Affective Disorders presenta una breve panoramica finalizzata alla sintesi dei risultati emersi dagli studi genetici che hanno analizzato i potenziali geni coinvolti nella ruminazione in infanzia e adolescenza
La ruminazione è definita come un processo cognitivo caratterizzato da uno stile di pensiero disfunzionale e maladattivo che si focalizza principalmente sugli stati emotivi negativi interni e sulle loro conseguenze negative. La ruminazione è una forma circolare di pensiero persistente, passivo, ripetitivo legato ai sintomi della depressione (Nolen-Hoeksema, 2008). La ruminazione quindi si attiva come tentativo di controllo dell’emozione negativa, tuttavia, tale processo nel tempo aggrava l’intensità dello stato d’animo negativo, induce a un maggiore abbassamento dell’umore, e comporta una distorsione della percezione sia di se stessi, in termini negativi, sia dell’ambiente circostante (Wells, 2009). L’utilizzo continuo e costante della ruminazione determina l’automatizzazione di tale processo che provoca in chi la sperimenta un senso di mancanza di controllo sui pensieri ed evidente abbassamento del tono dell’umore.
Ruminazione e depressione
La ruminazione ha ricevuto grande attenzione dalla ricerca nello studio della depressione (Just, Alloy, 1997) ed è stata riconosciuta già da tempo come un elemento chiave della fenomenologia depressiva.
Anche in riferimento all’adolescenza la letteratura evidenzia come la ruminazione possa considerarsi un fattore di vulnerabilità cognitiva per l’esordio e il mantenimento della depressione in tale fase di vita (Treynor et al., 2003).
Eziologia della ruminazione: quali sono le cause della tendenza a ruminare?
In termini di determinanti eziologiche, ad oggi la letteratura presenta ancora risultati parziali e lacune da colmare. Alcuni studi hanno evidenziato l’importanza dei fattori ambientali nell’eziologia della fenomenologia della ruminazione (Hankin et al., 2009). Aspetti ambientali favorenti la ruminazione possono essere ad esempio eventi di vita stressanti, fenomeni di bullismo tra pari (McLaughlin and Hatzenbuehler, 2009), criticismo e iperprotettività genitoriale (Alloy et al., 2004; Manfredi et al., 201), esperienze di maltrattamento nell’infanzia (Spasojevic and Alloy 2002; Hankin, 2005; Hilt et al., 2012), psicopatologia genitoriale (Gibb et al., 2012).
La ruminazione potrebbe avere delle basi genetiche?
In considerazione di modelli eziologici multifattoriali, se da un lato i diversi studi sopracitati hanno evidenziato le origini ambientali alla base della ruminazione, ancora poca attenzione è stata dedicata dalla ricerca alle possibili basi genetiche coinvolte.
Solide e coerenti evidenze in letteratura dimostrano il contributo degli aspetti genetici nello sviluppo della depressione in infanzia e in adolescenza (Lau and Eley, 2006; Lau and Eley, 2010); di conseguenza è rilevante chiedersi se le differenze nella tendenza alla ruminazione possano essere correlate alla vulnerabilità genetica per la depressione. Diversi studi inoltre evidenziano che i bambini a rischio di depressione presentano elevati livelli di ruminazione (Gibb et al., 2012).
La review della Dott.ssa Scaini e colleghi (2020) pubblicata su Journal of Affective Disorders presenta una breve panoramica finalizzata alla sintesi dei risultati emersi dagli studi genetici che hanno analizzato i potenziali geni coinvolti nella ruminazione nei bambini e negli adolescenti.
La review si è basata su una ricerca bibliografica degli studi scientifici presenti in PubMed e Science Direct fino al mese di febbraio 2020. I termini chiave utilizzati per la ricerca sono stati: ‘rumination, ruminative thinking, repetitive thinking e ‘gene, gen*’.
Dalla ricerca bibliografica sono stati identificati otto studi inerenti alla tematica della ruminazione e degli aspetti genetici in bambini e adolescenti.
In termini di esplorazione degli effetti genetici, gli otto studi alcuni si sono focalizzati sull’indagine degli aspetti genetici coinvolti nella trasmissione della serotonina (5-HTTLPR) (Schepers and Markus, 2017), nel brain derived neurotrophic factor (BDNF) (Hilt et al., 2007; (Beevers et al., 2009; Clasen et al., 2011; Gibb et al., 2012; Stone et al., 2013) e nel rilascio dell’ormone della corticotropina (CRHR1) (Woody et al., 2016; Van Hulle et al., 2017).
I risultati presenti negli studi considerati dalla review evidenziano che le variazioni nei geni 5-HTTLPR e BDNF possono significativamente contribuire a una maggiore tendenza alla ruminazione nei bambini e negli adolescenti, andando a moderare la relazione tra eventi di vita stressanti e ruminazione.
Pertanto, la review va a supportare l’assunto secondo cui le variazioni individuali a carico dei geni 5-HTTLPR e BDNF sarebbero correlate a una aumentata vulnerabilità biologica per la tendenza alla ruminazione nell’età evolutiva e in adolescenza.
La presente review presenta diversi limiti: in primo luogo, va sottolineato che il campione degli studi considerati è comunque esiguo; in secondo luogo, tra gli studi considerati si riscontra un’elevata eterogeneità nei disegni di ricerca e negli strumenti utilizzati per l’assessment della ruminazione. In conclusione, ulteriori studi sono necessari per approfondire ulteriormente il contributo della genetica nei processi ruminativi e replicare queste evidenze su campioni più ampi.