Il Comitato per i diritti del fanciullo nel suo Commento generale n.8 (2006) definisce la punizione fisica come la forza fisica emessa e destinata a causare un determinato grado di dolore o disagio, comportando così una modifica del comportamento del bambino.
L’uso di punizioni fisiche
L’utilizzo di punizioni fisiche dei caregiver sui figli è stato associato a conseguenze negative, quali un aumento dei sintomi e dei comportamenti esternalizzanti, ovvero quei comportamenti che provocano disagio nel bambino e che sono orientati all’esterno. Esempi di comportamenti e sintomi esternalizzanti si manifestano nel Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, nel Disturbo Oppositivo Provocatorio e nel Disturbo della Condotta (Tien et al., 2020).Con il termine caregiver si fa riferimento alle persone, quali genitori, parenti o qualsiasi altra figura che investe il proprio tempo nel prendersi cura sia fisicamente, che emotivamente e socialmente di coloro che non sono in grado di gestirsi autonomamente, in questo caso i bambini (Biegel et al., 1991). Il caregiver, ovvero colui che fornisce le cure, può essere uno o più di uno.
Il Comitato per i diritti del fanciullo nel suo Commento generale n.8 (2006) definisce la punizione fisica come la forza fisica emessa e destinata a causare un determinato grado di dolore o disagio, comportando così una modifica del comportamento del bambino.
Il Comitato prende in considerazione come punizioni fisiche il colpire con le mani, attraverso schiaffi, sculacciate oppure con l’utilizzo di oggetti, quali fruste, cinture, cucchiai di legno, scarpe. Tuttavia, può comprendere anche calci, morsi, bruciare, scottare, lavare la bocca con il sapone.
Il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), suggerisce che a livello internazionale, circa 6 bambini su 10 sono esposti a punizioni fisiche durante l’infanzia (Cappa, 2014).
Conseguenze delle pratiche dei caregiver
Per garantire uno sviluppo adeguato, è necessario che il bambino cresca in un contesto caratterizzato da sicurezza e protezione. Vivere in un ambiente caratterizzato da punizioni fisiche genera stress nel bambino e ha un impatto negativo sul suo funzionamento, più nello specifico sulle sue capacità di ragionare, apprendere, modificare, pianificare e autocontrollarsi, abilità necessarie per avere risultati soddisfacenti in diversi ambiti di vita (Wiggers & Paas, 2022). Ad esempio, lo studio di Font & Cage (2018) riporta che le punizioni fisiche possono essere associate ad una diminuzione della performance scolastica, in quanto questi bambini risultano essere meno concentrati a causa del maggiore stress esperito.
Bambini che subiscono punizioni fisiche hanno una maggiore probabilità di identificare la punizione come “normale”, rispetto alla percezione che hanno i loro pari, poiché non viene spiegato loro come comportarsi adeguatamente nei vari contesti sociali (Gershoff, 2002). Pertanto, un contesto di crescita fondato su punizioni fisiche genera nel bambino difficoltà nell’integrazione a scuola e, più in generale, nel mondo sociale (Gershoff, 2002).
È interessante evidenziare quanto riportato dallo studio di Wiggers & Paas (2022), secondo cui la punizione fisica può essere considerata un predittore per lo sviluppo di comportamenti esternalizzanti nel bambino, quali ad esempio, aggressività, bullismo, menzogne, litigi, delinquenza, furti, danneggiamento delle proprietà altrui. A tal proposito, si fa riferimento alla teoria dell’apprendimento sociale di Albert Bandura (1978), la quale sostiene che il bambino apprende i comportamenti sociali attraverso la semplice osservazione di un adulto che emette il comportamento. Dunque, i bambini tendono ad osservare, e di conseguenza imitare, i comportamenti delle loro figure di riferimento, come il caregiver. Ad esempio, se un bambino cresce in un contesto dove il caregiver fa un ricorrente utilizzo della punizione fisica, anche lui avrà una maggiore probabilità di adottare comportamenti aggressivi, in quanto questi ultimi vengono percepiti come comportamenti conformi con le norme sociali (Wiggers & Paas, 2022). Viste le numerose conseguenze che le punizioni fisiche hanno sullo sviluppo del bambino, la Corte europea dei diritti dell’uomo, in una serie di sentenze, ha stabilito che le punizioni fisiche devono essere condannate in termini penali, sia nel contesto scolastico che in quello domiciliare (CRC, 2006).A sostegno di ciò l’American Academy of Pediatrics (2018) ha fornito delle prove di tipo correlazionale tra punizioni fisiche dei caregiver e conseguenze sui figli, evidenziando che le punizioni fisiche nei bambini possono aumentare i litigi tra caregiver e figlio, influenzandone così la relazione, determinare un incremento di comportamenti aggressivi futuri e predisporre a un maggior rischio di sviluppare disturbi mentali. Infine, è stato riscontrato che problemi economici, di salute mentale, violenza domestica o abuso di sostanze sono considerati fattori di rischio per l’utilizzo di punizioni fisiche da parte dei caregiver (Sege et al., 2018).
Conclusioni
In conclusione, le punizioni fisiche determinano effetti negativi in diversi contesti di vita, andando a minare una sana traiettoria di sviluppo del bambino. Proprio per questo è importante sensibilizzare i caregiver all’utilizzo di pratiche educative alternative e funzionali. È quindi necessario che il caregiver sia in grado di offrire nutrimento e protezione, di dare conforto, di perdonare, di ascoltare, di soddisfare le richieste del bambino, di stabilire delle regole da seguire, ma anche di essere aperto alla negoziazione di tali regole (Wiggers & Paas, 2022).