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L’impatto della quarantena sull’uso di alcool e cannabis nei giovani

La fascia di età tra i 18 e i 25 anni è risultata essere quella più sensibile all’utilizzo di alcool e cannabis durante la pandemia

Di Taslima Grossi

Pubblicato il 05 Dic. 2022

L’utilizzo di cannabis è aumentato durante la pandemia poiché, soprattutto tra i giovani, veniva utilizzato come strategia per fronteggiare ansia, depressione e solitudine dovuta all’isolamento.

 

Gli effetti delle misure di isolamento durante la pandemia

L’11 marzo 2020 il direttore generale dell’OMS, Adhanom Ghebreyesus, ha pubblicamente classificato l’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 come pandemia (OMS, 2020). Infatti il Coronavirus, fin da subito ha modificato significativamente la vita dell’intera popolazione mondiale, con un impatto devastante sia sull’economia sia sul sistema sanitario dei singoli paesi. Purtroppo, le misure di contenimento atte a limitare la diffusione del virus, come la quarantena e il distanziamento sociale, hanno avuto un impatto significativo sulla salute mentale di intere comunità, diventando a loro volta fattori di rischio (Mota, 2020). Infatti, le condizioni psicopatologiche che si sono maggiormente aggravate a causa del lockdown sono risultate il suicidio, l’autolesionismo, l’abuso di sostanze, il gioco d’azzardo e gli abusi domestici. In generale, molte persone che hanno sperimentato ansia, depressione, rabbia, insonnia, noia e solitudine erano più facilmente vulnerabili a sviluppare il disturbo da uso di sostanze.

Se paragonate con la popolazione generale, le persone che abusano di sostanze sviluppano spesso un altro disturbo in comorbilità (Widinghoff et al., 2018). In aggiunta, se consideriamo la comparsa di sintomi di astinenza nel periodo di quarantena, è facile immaginare come le persone che ne soffrissero fossero incentivate a trasgredire all’obbligo di confinamento per andare alla ricerca della propria sostanza, accrescendo il rischio di essere esposti al virus e di contrarlo conseguentemente (Mota, 2020).

Uso di alcol e cannabis durante la quarantena

Se paragonato alle sostanze illegali, meno facili da reperire, l’alcool è sicuramente molto più accessibile ed è frequentemente usato per sopprimere emozioni negative con cui non si vuole stare in contatto. Nel periodo della quarantena, l’alcool è stato usato proprio per gestire l’ansia e combattere l’insonnia, in combinazione anche con altre sostanze illegali. Nello specifico, l’abuso di sostanze in persone aventi disturbi di personalità viene utilizzato come strumento per gestire sentimenti di vuoto, abbandono, solitudine, i quali sono sicuramente stati accentuati dall’isolamento imposto durante la quarantena (Pocuca et al., 2022).

In ogni caso, anche l’utilizzo di cannabis è aumentato durante la pandemia poiché, soprattutto tra i giovani, veniva utilizzato come strategia per fronteggiare ansia, depressione e solitudine dovuta all’isolamento (Bartel et al., 2020).

Secondo un recente studio, la fascia di età denominata emerging adults, la quale è composta da giovani compresi tra i 18 e i 25 anni, risulta essere quella più sensibile all’utilizzo di alcool e cannabis durante la pandemia, se paragonata con i dati raccolti in pre-pandemia (Pocuca et al., 2022; OMS, 2018). Infatti, gli emerging adults sono risultati la categoria più colpita da problemi psicopatologici durante il COVID-19 (Watkins-Martin et al., 2021).

La letteratura ha evidenziato alcuni fattori di rischio per questo fenomeno, ovvero essere appartenenti a uno status socio economico basso, essere single, essere disoccupati, avere scarso supporto sociale, avere preoccupazioni eccessive verso la propria salute (Horigian et al., 2021).

Risulta dunque importante individuare i fattori di rischio associati ai cambiamenti del consumo di sostanze durante questo periodo di tempo, per identificare le categorie maggiormente a rischio e per delineare delle strategie di intervento efficaci, volte a ridurre il consumo di sostanze nelle categorie a rischio (Pocuca et al, 2022).

Uso di cannabis e binge drinking

Un recente studio del 2022 di Pocuca e colleghi ha analizzato la frequenza di utilizzo di alcool e cannabis prima e durante la pandemia, per valutare la presenza di cambiamenti significativi nell’abuso di queste sostanze. I risultati, sebbene non abbiamo riscontrato un aumento significativo dell’uso di cannabis, hanno evidenziato una forte presenza di binge drinking. Il binge drinking è definito dal NIAAA come il consumo di etanolo, in termini di quantità e rapidità, che porta la concentrazione di alcool nel sangue (BAC) allo 0.08%, che equivale a un quantitativo maggiore di 56 g per le donne (circa 4 drinks) e di 70 g per gli uomini (circa 5 drinks), in meno di due ore. Questo fenomeno può essere motivato dal fatto che, proprio a causa dell’isolamento e della scarsa reperibilità di altre sostanze illegali, molte persone abbiano optato per l’alcool come strumento di gestione di ansia e altre problematiche psicologiche. Infatti è importante sottolineare come il concetto di binge drinking implichi una rapida e massiccia ingestione di alcool, che riporta alla volontà di allontanare o anestetizzare tutte le sensazioni ed emozioni negative dovute all’isolamento.

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