Che cos’è la cannabis:
La cannabis, o canapa, è una pianta della famiglia delle Cannabacea (angiosperme) conosciuta e ricercata per i suoi effetti psicotropi.
Nel 2010 la National Survey on Drug Use and Health ha identificato la cannabis come droga più comunemente consumata negli Stati Uniti; in Europa nel 2015 circa 19,3 milioni di adulti (età compresa tra 15-64 anni), di cui 14,6 milioni di giovani adulti (15-34 anni), hanno consumato tale sostanza, confermando il suo primato per diffusione.
Effetti a lungo termine del consumo di cannabis
Adolescenti e funzioni cognitive superiori
Un dato preoccupante presente in letteratura fa riferimento all’elevato tasso di utilizzo di droghe tra i giovani. La maggiore facilità attraverso cui è possibile reperire tali sostanze è accompagnata a un utilizzo sempre più precoce.
Nel 2017, il rapporto dell’Agenzia europea delle droghe ha pubblicato i dati relativi alle tossicodipendenze nel suo consueto rapporto annuale, relativo al 2015. Dai dati è emerso che il 19% dei ragazzi italiani, dunque quasi uno su cinque, ha fatto uso di cannabis nel corso degli ultimi dodici mesi: una percentuale inferiore solo a quella della Francia, che ha registrato il 22,1% di consumo nello stesso intervallo di età.
Secondo una ricerca internazionale condotta alla Duke University nel 2012 l’uso persistente di marijuana prima dei 18 anni provocherebbe danni cognitivi permanenti alle funzioni intellettive, attentive e mnestiche. Inoltre, smettere di farne uso non sembra avere l’effetto di ripristinare le funzioni cognitive. La variabile chiave è l’età; infatti, tra i soggetti di studio, chi aveva iniziato a fumare marijuana solo dopo i 18 anni non mostrava un uguale calo nelle funzioni cognitive in questione. Il motivo risiederebbe nel fatto che prima dei 18 anni il cervello è ancora in fase di organizzazione e ristrutturazione (ad es., il fenomeno del pruning è ancora in atto) e quindi maggiormente vulnerabile ai danni derivanti dall’assunzione di farmaci e droghe.
Il consumo è associato a deficit nella memoria episodica (EM), ossia quel tipo di memoria concernente i nostri ricordi autobiografici. Tra le strutture limbiche, l’ippocampo gioca un ruolo fondamentale nell’integrazione dei ricordi ed è caratterizzato da un’alta densità di recettori per i cannabinoidi di tipo 1 (CB1). La cannabis influisce negativamente sulla memoria stimolando l’eccessiva espressione dei recettori CB1 nell’ippocampo, che a sua volta inibisce la trasmissione glutammatergica, GABAergica e sopprime la LTD (Long-Term Depression) e la LTP (Long-Term Potentiation).
Nei soggetti che ne abusano, inoltre, il volume e la forma dell’ippocampo appaiono diversi rispetto alla popolazione generale, e tale scarto sembra ampliarsi di concerto alla durata del periodo di consumo della sostanza.
Uno studio più recente (Morin et al. 2018) ha indagato gli effetti dell’uso di alcool e cannabis sulle funzioni cognitive degli adolescenti. Sebbene molti studi abbiano evidenziato la correlazione esistente tra l’uso di cannabis e alcol e una maggiore compromissione dei processi cognitivi, lo studio di Morin e colleghi ha sottolineato la relazione causale tra l’utilizzo di cannabis e i danni a carico di diverse funzioni cognitive. Oltremodo, secondo i ricercatori, gli effetti di questa sostanza sulle funzioni cognitive sono più pronunciati rispetto a quelli osservati per l’uso di alcol.
I ricercatori, al fine di comprendere la relazione tra alcol, uso di cannabis e sviluppo cognitivo tra gli adolescenti a diversi livelli di consumo (astinenza, consumo occasionale e consumo abituale), hanno seguito un campione di adolescenti per un periodo di quattro anni. Gli autori hanno studiato le variazioni durante gli anni nell’uso di sostanze in relazione allo sviluppo cognitivo. In particolare, i domini cognitivi presi in considerazione dai ricercatori erano: memoria di lavoro, ragionamento percettivo, controllo inibitorio, qualità del ricordo. Lo studio ha rilevato che l’utilizzo di cannabis e di alcol in adolescenza era associato a prestazioni generalmente inferiori su tutti i domini cognitivi presi in esame. E’ stato altresì rilevato come l’aumento, negli anni, dell’uso di cannabis, al netto del consumo di alcol, comporti una compromissione delle stesse funzioni cognitive.
Particolarmente preoccupante risulta la scoperta che l’uso di cannabis sarebbe associato a una compromissione duratura del controllo inibitorio e questo spiegherebbe come mai l’uso precoce della sostanza sia, a volte, un fattore di rischio per altre dipendenze.
Cannabis e i disturbi psichiatrici
Il consumo è stato associato ad un aumento del rischio di insorgenza di disturbi psichiatrici. L’ uso occasionale o continuativo può incrementare il rischio di sviluppare molti disturbi psichiatrici come psicosi, attacchi di panico e depressione che può sfociare in tentativi di suicidio.
Wayne Hall e Louisa Dagenhardt (2009) hanno individuato degli effetti collaterali legati all’assunzione sia occasionale che continuativa di cannabis; essi fondamentalmente possono essere di tre tipi:
– attacchi di ansia e di panico, in particolare nei nuovi consumatori;
– sintomi psicotici (nel caso di consumo di dosi elevate), che sono più facilmente riscontrati in chi comincia a fruire di cannabis in adolescenza;
– incidenti stradali legati alla guida in stato di intossicazione.
Gli effetti avversi associati all’uso regolare di cannabis sono:
– sindrome di dipendenza (osservata in circa il 10% dei consumatori);
– bronchite cronica;
– sintomi psicotici, in particolare nei soggetti con alle spalle precedenti episodi psicotici o con una storia familiare di questi disturbi;
– ridotto livello di istruzione negli adolescenti;
– deterioramento cognitivo (per i consumatori abitudinari giornalieri da più di 10 anni).
Altri possibili effetti collaterali individuati dagli autori legati al regolare consumo di cannabis con relazione causale sconosciuta sono:
– tumori delle vie respiratorie;
– disturbi comportamentali in bambini le cui madri hanno fatto uso di cannabis durante la gravidanza;
– disturbi depressivi, mania, e suicidio;
– uso di altre droghe illecite da parte degli adolescenti.
Secondo il DSM IV-TR le problematiche derivanti dall’uso di Cannabis sono dipendenza da cannabis e abuso di cannabis.
I disturbi psichici indotti dall’ abuso di cannabis sono:
– Intossicazione;
– Delirium da Intossicazione;
– Disturbo Psicotico (con manie o con allucinazioni);
– Disturbo d’Ansia;
– Disturbi non altrimenti specificati: come il Disturbo Delirante che è una sindrome (di solito con deliri di persecuzione) che si sviluppa subito dopo l’uso di cannabis. Essa può essere associata a marcata ansia, depersonalizzazione e labilità emotiva e può essere erroneamente diagnosticata come schizofrenia. Successivamente all’episodio può subentrare amnesia.
L’uso occasionale invece può generare sintomatologie che potrebbero essere diagnosticate erroneamente come crisi di panico, disturbo depressivo maggiore, disturbo delirante, disturbo bipolare, o schizofrenia paranoide.
Cannabis ad uso terapeutico
La cannabis e l’epilessia
L’idea – spiega il dr. Di Maio – nasce dal fatto che i cannabinoidi possono modulare e bilanciare i meccanismi di eccitabilità neuronale ed agire specificamente sulla funzione dei mitocondri (entrambi fenomeni biologici strettamente correlati al danno neuronale da stress ossidativo ed alla malattia epilettica). Questo studio ipotizza che il potenziale anti epilettogenico dei cannabinoidi si espleti attraverso il recupero delle disfunzioni neuronali che portano verso il danno ossidativo.
Alcuni esperimenti preliminari condotti dal dr. Di Maio hanno messo in luce che l’effetto anticonvulsivante delle molecole cannabinoidi è strettamente dipendente dal suo effetto a “campana”, ovvero che esiste uno stretto range di dosaggio efficace, al di sotto o al di sopra del quale questi agonisti del sistema cerebrale sono inefficaci o, peggio, pro-convulsivanti.
La cannabis e il dolore cronico
Israele è il paese leader nella ricerca sulla cannabis ad uso terapeutico. Il principio attivo della marijuana, il THC, è stato scoperto da Raphael Mechoulam e Yechiel Gaoni. Il Prof. Mechoulam ha anche merito di aver definito il sistema endocannabinoide, che imita gli effetti della cannabis e svolge un ruolo sull’appetito, la sensazione di dolore, l’umore e la memoria. Nonostante le controverse opinioni in merito, la cannabis ha conquistato un posto di rilievo come rimedio nel dare sollievo a chi soffre di malattie come il cancro, il disturbo post traumatico da stress (PTSD), e la SLA. La sostanza è nota, là dove altri farmaci invece falliscono, per lenire dolore, aumentare l’appetito e ridurre l’insonnia.
Zach Klein insieme a dei ricercatori della TAU’s Porter School of Environmental Studies sta conducendo una ricerca sui benefici di cannabis medica. I risultati sono stati sorprendenti: non solo i partecipanti hanno mostrato evidenti cambiamenti fisici, tra cui l’aumento di peso e la riduzione di dolore e tremori, ma anche il personale che lavora ad Hadarim ha riferito un miglioramento immediato negli stati d’animo dei pazienti, nella capacità di comunicazione e nella facilità nel completare le attività della vita quotidiana; inoltre quasi tutti i pazienti hanno riferito un aumento di ore di sonno e una diminuzione degli incubi e dei flashback correlati al PTSD.
Cannabis ad uso terapeutico in Italia
Il governo italiano ha da poco disposto che la produzione ad uso terapeutico avvenga sotto lo sguardo vigile dell’Esercito Italiano. Il nostro Paese, infatti, si prepara ad entrare a tutti gli effetti nella lista dei Paesi produttori di cannabis per uso medico, come il Canada, il Regno Unito, l’Olanda, la Danimarca ed Israele, ovvero gli Stati censiti dall’International Narcotics Control Board.
Nel dettaglio, essa potrà essere prescritta ed assunta per diverse patologie e problematiche ad esse associate, e cioè:
– come analgesico nella sclerosi multipla, per le lesioni del midollo spinale, per il dolore cronico;
– per contrastare gli effetti causati da chemioterapia, radioterapia e terapie per HIV, come ad esempio nausea e vomito;
– come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia e pazienti oncologici o affetti da AIDS;
– per diminuire la pressione nel glaucoma;
– per ridurre i movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Tourette.
a cura di Claudio Nuzzo e Silvia Ciresa
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