È noto come alcune donne possano essere particolarmente sensibili ai cambiamenti d’umore conseguenti alle fluttuazioni ormonali (Rubinow e Schmidt, 2019), ma è attualmente in discussione l’effettivo impatto che l’assunzione di contraccettivi ormonali può avere sullo sviluppo di disturbi dell’umore.
I metodi contraccettivi
I metodi contraccettivi, sia ormonali che non, sono presenti fin dagli egizi. Dai metodi arcaici siamo però arrivati negli ultimi anni ad avere una vasta opzione di scelta per quanto riguarda il controllo delle nascite. È noto come circa il 44% delle donne vada incontro a gravidanze inaspettate e che 2/3 di tali gravidanze sono conseguenti all’uso di metodi contraccettivi non affidabili o alla mancanza di metodi contraccettivi in generale (Abbe et al., 2020).
Ad oggi è possibile scegliere tra diversi metodi contraccettivi, alcuni dei quali in tabella:
Ovviamente ciascuno di questi metodi ha un’efficacia variabile, quelli più efficaci rimangono gli impianti sottocutanei e i dispositivi intrauterini, mentre i contraccettivi ormonali (HC) sono certamente efficaci, ma possono comportare, in alcuni casi, effetti collaterali per quanto riguarda la regolazione emotiva (McCloskey et al., 2021).
È noto come alcune donne possano essere particolarmente sensibili ai cambiamenti d’umore conseguenti alle fluttuazioni ormonali (Rubinow e Schmidt, 2019). Tuttavia, è attualmente in discussione l’effettivo impatto che l’assunzione di contraccettivi ormonali può avere sullo sviluppo di disturbi dell’umore in soggetti che ne fanno uso; i dati che ne risultano sono controversi (Fruzzetti e Fidecicchi, 2020).
I contraccettivi femminili
Tenuto conto dell’impatto che gli steroidi sessuali hanno sia sul ciclo mestruale che su emozioni e comportamenti, è importante esplorare l’impatto che una terapia di questo tipo può avere (Robakis et al., 2019). Il mondo della ricerca è diviso riguardo agli effetti negativi dei contraccettivi orali (OC): da un lato ci sono studi che riportano una non-associazione tra l’utilizzo di contraccettivi orali e sintomatologie psichiatriche (Toffol et al., 2011, 2012), altri studi invece hanno trovato come donne che usavano contraccettivi orali riportavano un minor numero di sintomi depressivi e un minor numero di tentati suicidi (Keyes et al., 2013). Infine, ci sono studi che correlano l’uso di contraccettivi orali con un maggior rischio di uso di antidepressivi e di diagnosi di depressione (Skovlund et al., 2016).
Andando invece ad approfondire l’interazione dei contraccettivi ormonali con alcuni specifici disturbi troviamo anche qui dati contrastanti.
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un disturbo endocrino caratterizzato da iperandrogenemia, ciclo mestruale irregolare, insulino-resistenza, possibile infertilità e multiple cisti ovariche (Robakis et al., 2019), questi sono sintomi che di per sé causano stress psicologico. Associato a tale disturbo abbiamo studi in cui i casi di depressione erano minori nei soggetti con PCOS trattati con contraccettivi ormonali (Rasgon et al., 2003), mentre in un altro studio non erano riportati benefici significativi (Cinar et al., 2012).
Il disturbo disforico premestruale (PMDD) comporta una destabilizzazione dell’umore durante la fase luteale, in questa fase i livelli di estrogeni e progesteroni aumentano rapidamente per poi diminuire durante il mese, ciò che cambia non è quindi la concentrazione assoluta degli ormoni, ma la rapidità dei cambiamenti che seguono (Robakis et al., 2019). All’interno di questo quadro diagnostico i soggetti che soffrono di disturbo disforico premestruale trovano beneficio in una regolazione del flusso di ormoni che l’uso di contraccettivi orali, o combinazioni di essi, comporta (Robakis et al., 2019).
Per i soggetti post-partum è sì consigliato l’uso di contraccettivi per evitare gravidanze involontarie, ma rimane una questione aperta quando si parla invece di allattamento al seno (Robakis et al., 2019). Detto ciò, in uno studio si è notato come l’uso di contraccettivi contenenti etonogestrel è associato a un maggior rischio di uso di antidepressivi, mentre l’uso di contraccettivi contenenti noretindrone è associato a un minor rischio di uso di antidepressivi e a diagnosi di depressione, similmente all’uso di dispositivi intrauterini con rilascio di levonorgestrel (Roberts e Hansen, 2017).
Gli effetti negativi sull’umore sono di maggior impatto tra gli adolescenti, in popolazione psichiatrica o con trascorsi psicopatologici (Fruzzetti e Fidecicchi, 2020), sebbene, anche per quanto riguarda gli adolescenti, i dati sono anch’essi controversi (McKetta e Keyes, 2019). Altri effetti negativi possono comprendere ciclo mestruale irregolare, libido ridotta, aumento del peso e ipersensibilità al seno, è quindi sempre necessario adattarsi al quadro clinico del soggetto (Thirumalai & Page, 2019).
I metodi contraccettivi maschili
Per quanto riguarda i metodi contraccettivi maschili, fino ad ora era stato possibile scegliere solamente tra i preservativi, che da un lato proteggono anche da malattie sessualmente trasmissibili, ma dall’altro posseggono una percentuale d’efficacia più aleatoria rispetto ad altri metodi contraccettivi, e la vasectomia, una procedura chirurgica che è sì reversibile, ma che risulta essere invasiva, costosa e poco accessibile (Thirumalai e Page, 2019). Un contraccettivo ormonale maschile è tuttavia teoricamente possibile e diversi studi cercano di arrivare alla distribuzione al pubblico (Thirumalai e Page, 2019). I primi studi prevedevano l’uso di dosi sovrafisiologiche di testosterone (T; Contraceptive efficacy of testosterone-induced azoospermia in normal men, 1990). Tra gli effetti collaterali di questa terapia basata su sovradosi di T è stato però notato lo sviluppo di acne ed eritrocitosi; a ciò si deve sommare la possibilità di sviluppare disturbi conseguenti a un’esposizione prolungata ad alte dosi di androgeni (Thirumalai e Page, 2019); sarà inoltre necessario comprendere i possibili effetti negativi sulla psiche. Si è quindi passati a un trattamento che prevedeva la riduzione del dosaggio di T tramite l’aggiunta di progestinici; sebbene la concentrazione sia minore, si è riusciti a mantenere un’efficacia maggiore del 95% (Nieschlag, 2010). Questi trattamenti sono tuttavia ancora fermi alle prime fasi sperimentali, è quindi plausibile ipotizzare lo sviluppo di una “pillola maschile” nel corso del prossimo decennio (Thirumalai e Page, 2019).
I metodi contraccettivi nella popolazione transgender
Per quanto riguarda l’utilizzo di metodi contraccettivi all’interno della popolazione transgender, il discorso si dirama in più direzioni. Escludendo coloro che si sottopongono a operazioni chirurgiche alla zona genitale, che comporta una perdita permanente delle capacità riproduttive, coloro che si sottopongono a un Gender-Affirming Hormonal Treatments (GAHTs) possono subire un variabile grado di reversibilità per quanto riguarda la perdita delle capacità riproduttive, non è infatti raro che uomini trans debbano affrontare una gravidanza non desiderata (Mancini et al., 2021). Tenuto conto della particolare situazione che i soggetti di questa popolazione devono affrontare, in termini di trattamenti ormonali e di cambiamenti radicali sia dal punto di vista fisico che degli equilibri interni, non è possibile escludere che contraccettivi ormonali possano avere effetti sull’umore non ancora ben esplorati. Una delle sfide che si presenta in questa situazione è legata proprio alla somministrazione del contraccettivo; è infatti necessario tenere in conto che determinate metodologie potrebbero accrescere, per il soggetto, il senso di disforia (Mancini et al., 2021).