expand_lessAPRI WIDGET

La discriminazione digitale verso i più anziani, il digital ageism – Psicologia Digitale

L’ageismo digitale si riferisce a stereotipi, pregiudizi e discriminazioni “per sottrazione”, per “non inclusione”, riguardo agli anziani e alla tecnologia

Di Chiara Cilardo

Pubblicato il 04 Nov. 2022

Aggiornato il 03 Ott. 2023 11:48

L’ageismo digitale riguarda tutti i pregiudizi verso gli over 50 nel mondo digitale. Questi pregiudizi possono essere impliciti (“gli anziani non sanno usare le tecnologie”) o espliciti (in fase di ricerca, sviluppo e test di nuove applicazioni non vengono considerate alcune fasce d’età). 

PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 33) La discriminazione digitale verso i più anziani, il digital ageism

 

Il numero delle persone anziane che utilizzano le tecnologie digitali è in costante crescita; nonostante questo la ricerca presenta ancora bias e pregiudizi.

Le tecnologie digitali offrono innumerevoli vantaggi per tutti, a qualsiasi età. Con strumenti ed utilizzi diversi, ma pur sempre alla portata di tutti, dai più piccoli ai più anziani. Proprio per questi ultimi si parla di “approccio age-tech”, ovvero di tutte le soluzioni tecnologiche dedicate agli over 50. Un approccio age-tech (o agetech) alla tecnologia vuol dire progettare, produrre, distribuire una tecnologia tenendo conto di specifiche caratteristiche di una fetta di mercato, quello appunto degli over 50, e di possibili loro limitazioni fisiche e/o cognitive, come di udito, della vista o della mobilità (Orlov, 2021).

La linea di separazione tra l’interesse per specifiche condizioni e la discriminazione in realtà è sottile: anche se più frequenti in età avanzata, questi problemi possono presentarsi a qualsiasi età. Così come, viceversa, dare per scontato che l’età sia una barriera nell’uso di tecnologie è un’altra forma di discriminazione.

Che cos’è l’ageismo digitale

La parola “ageismo” (dall’inglese “ageism”) si riferisce “agli stereotipi, ai pregiudizi e alla discriminazione nei confronti degli altri o di se stessi sulla base dell’età” (World Health Organization, 2022).

Il termine, coniato dallo psichiatra e geriatra americano Robert Butler nel 1969, è poi diventato di uso comune solo recentemente (Accademia della Crusca, 2022). Questa forma di discriminazione può manifestarsi in modo più o meno sottile come quando, per esempio, si ironizza sul fatto che alcune attività (uscire con amici o fare un aperitivo) non siano per anziani oppure in annunci di lavoro in cui viene richiesto un certo limite di età.

Tra le forme più implicite – ma non per questo meno spiacevoli – c’è quello digitale.

L’ageismo digitale riguarda tutti i pregiudizi verso gli over 50 nel mondo digitale. Questi pregiudizi possono essere impliciti (“gli anziani non sanno usare le tecnologie”) o espliciti (in fase di ricerca, sviluppo e test di nuove applicazioni non vengono considerate alcune fasce d’età).

L’ageismo digitale nella ricerca tecnologica

L’ageismo digitale si riferisce a stereotipi, pregiudizi e discriminazioni che funzionano “per sottrazione”, per “non inclusione” più che maniferstarsi in modo diretto ed esplicito.

La quasi totalità degli studi sulle pratiche digitali non include nei loro campioni gli anziani. Gli over 50 sono sottorapresentati anche perché vengono ritenuti meno interessati alle applicazioni digitali sulla base, ancora una volta, di un pregiudizio e non di dati e ricerche in merito. Inoltre, la maggior parte degli approcci considera gli anziani secondo lo stereotipo di persone poco o per nulla competenti in materia di tecnologia (Rosales e Fernández-Ardèvol, 2020).

Si ipotizza che questo sia dovuto ad un bias di categorizzazione in chi commissiona e attua ricerca e sviluppo in ambito tecnologico: per motivi storici e culturali, attualmente si tratta di under 35/40. Secondo alcuni (ad esempio McPherson et al., 2001; Kretchmer, 2017) il punto è che c’è una forte tendenza all’omofilia, quindi a considerare gruppi simili al proprio piuttosto che diversificando il campione, andando di fatto ad escludere i più anziani.

La ricerca tecnologica non è nuova a bias del genere: diversi studi hanno rilevato per esempio sistemi di riconoscimento facciale meno accurati nel riconoscere persone di colore. Questo avviene perché chi progetta esclude a priori alcune categorie, di fatto discriminandole (Buolamwini e Gebru, 2018).

Andare oltre le discriminazioni

Escludere in fase di progettazione un’intera categoria implica creare tecnologie che non ne prendono in considerazione le specifiche.

Creare algoritmi più inclusivi vuol dire includere pratiche culturali, sociali, ma anche aspetti e caratteristiche cognitive, di segmenti più ampi della popolazione.

Vuol dire, per esempio, che nel realizzare sistemi biometrici si tenga conto dei cambiamenti corporei che si verificano con l’invecchiamento: per esempio, i sistemi biometrici basati sulle impronte digitali non tengono conto del fatto che esse possono alterarsi con l’età.

Ancora, i captcha (Completely Automated Public Turing test to tell Computers and Humans Apart) ) sono utilizzati per identificare se il soggetto che cerca di accedere ad una piattaforma digitale sia un umano o un bot. Questa verifica avviene tramite alcuni piccoli test che un bot in teoria non sarebbe in grado di fare: trascrizione di testi distorti o di brevi audio, identificazione di particolari elementi in un’immagine. Alcuni studi hanno mostrato come i captcha possono contenere elementi discriminanti in quanto testi, audio e immagini tendono a riflettere i contenuti culturali occidentali oppure possono essere più difficili per chi ha difficoltà di apprendimento o per chi deve affrontare il naturale declino fisico, come gli anziani (Rosales e Fernández-Ardèvol, 2020).

È rilevante comprendere come funzionano questi meccanismi di discriminazione ed introdurre queste conoscenze nella progettazione di algoritmi più inclusivi.

L’ageismo digitale non ha ricevuto molta attenzione fino ad ora; probabilmente col tempo e con l’aumento degli over 50 connessi diventerà un argomento più rilevante. Del resto, i nativi digitali di oggi saranno gli anziani digitali di domani.

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Digital agency e ruolo degli adulti in adolescenza - Psicologia Digitale
Digital agency e ruolo degli adulti in adolescenza – Psicologia Digitale

L’agentività digitale o digital agency indica il sentirsi agenti attivi online, dove si esprime la propria intenzionalità sul contesto digitale

ARTICOLI CORRELATI
Così fan tutti: il conformismo sociale nell’esperimento di Solomon Asch

La psicologia sociale si è dedicata a lungo alla ricerca e allo studio del tema dell’influenza sociale e del conformismo

Perché seguiamo le norme sociali?

Quali motivi spingono i soggetti a rispettare le norme sociali e a mettere al primo posto il bene sociale piuttosto che la libertà personale

WordPress Ads
cancel