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La sindrome dell’impostore negli studenti di psicologia

Le persone con sindrome dell'impostore tendono a lavorare eccessivamente per compensare le loro paure e tendono a procrastinare proprio per le stesse paure

Di Lorenza Paponetti

Pubblicato il 07 Ott. 2022

Una ricerca di Maftei e colleghi (2021) ha cercato di esplorare la prevalenza e i predittori della sindrome dell’impostore negli studenti di psicologia, scoprendo che vi erano differenze significative tra i partecipanti che hanno ottenuto punteggi elevati nella sindrome dell’impostore e quelli che hanno sperimentato aspetti correlati meno intensi.

 

Che cos’è la sindrome dell’impostore?

 La “sindrome dell’impostore” è uno specifico modello di cognizioni e comportamenti, caratterizzata dalla convinzione errata che gli individui in questione non siano intelligenti e che, anzi, abbiano “ingannato” gli altri, facendoglielo credere. Queste convinzioni sono amplificate dalla paura di essere “scoperti” e dalla tendenza ad attribuire il proprio successo a cause esterne come la fortuna, lo sforzo, il fascino o il trovarsi nel posto giusto al momento giusto (Chrisman et al., 1995; Clance et al., 1995).

Sebbene tale sindrome non sia concettualizzata come un disturbo mentale all’interno del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) o dell’ICD (Classificazione Internazionale delle Malattie), i sintomi clinici più comunemente riportati dalle persone che ne soffrono sono ansia generalizzata, bassa autostima, bassa percezione della propria competenza, autonomia e senso di connessione con gli altri (Schubert e Bowker, 2017).

Per gli individui che sperimentano la sindrome dell’impostore, la paura di fallire o di avere successo sorge di solito quando incontrano nuovi compiti o sfide. Per proteggere la propria autostima, quindi, ricorrono tipicamente a due meccanismi di coping: il perfezionismo e la procrastinazione. Da un lato, tendono a lavorare eccessivamente, alla perfezione, per compensare le loro paure; dall’altro, procrastinano proprio a causa di queste paure (Rohrmann et al., 2016).

La sindrome dell’impostore tra gli studenti di psicologia

Una ricerca di Maftei e colleghi (2021) ha cercato di esplorare la prevalenza e i predittori di questa sindrome negli studenti di psicologia, scoprendo che vi erano differenze significative tra i partecipanti che hanno ottenuto punteggi elevati nella sindrome dell’impostore e quelli che hanno sperimentato aspetti correlati meno intensi.

In primo luogo, i partecipanti che hanno ottenuto punteggi più alti per la sindrome dell’impostore hanno anche presentato livelli più elevati di disagio psicologico (come ansia e depressione, anche subcliniche) in linea con ricerche precedenti (ad es., Wang et al., 2019).

Il legame con la depressione non è stato affatto sorprendente, in quanto gli individui che soffrono di questa sindrome hanno una bassa autostima e una percezione distorta della propria competenza (Schubert e Bowker, 2017), oltre a un umore basso dovuto a pensieri negativi ricorrenti (ad esempio, la convinzione di non poter portare a termine un compito), mancanza di energia e scarso interesse per le attività quotidiane (Clance et al., 1995).

Anche l’ansia appare come un sintomo primario a causa della preoccupazione di mantenere e migliorare la propria immagine sociale. Una preoccupazione costante e incontrollabile, irritabilità e affaticamento sono alcuni aspetti del quadro sintomatologico della sindrome. Inoltre, l’ansia è generata anche da pensieri distorti (non sono in grado di portare a termine un compito) e soprattutto dalla paura delle conseguenze della mancata esecuzione del compito.

I partecipanti con livelli più alti di sindrome dell’impostore mostravano punteggi più elevati anche nella procrastinazione. In altre parole, gli individui che soffrono dei sintomi associati alla sindrome tendono ad adottare uno stile di risoluzione dei compiti procrastinante. Una spiegazione si trova nella teoria di Clane e Imes (1978), secondo cui l’ansia e la paura di svolgere un compito (specialmente uno nuovo), insieme al contesto, sono le cause principali della procrastinazione degli “impostori”. Nel loro caso, i nuovi compiti di solito inducono ansia, soprattutto quando la scadenza è vicina, aumentando le possibilità di adottare uno stile procrastinatorio per risolverli.

Tra procrastinazione e ansia è stata riscontrata una relazione positiva, suggerendo che i partecipanti che soffrono della sindrome dell’impostore tendono a procrastinare maggiormente, aumentando di conseguenza la loro ansia.

I predittori della sindrome dell’impostore

 Nel tentativo di analizzare i predittori della sindrome, è stato scoperto che solo la depressione era significativa; pertanto sembrerebbe che gli individui che hanno un alto livello di depressione tendono a soffrire maggiormente di sindrome dell’impostore. Questo può essere spiegato dal fatto che la depressione (così come l’ansia) può portare a dubitare di sé e sottoporre gli individui a meccanismi di coping disadattivi, come la procrastinazione o l’evitamento e ad una bassa autostima. Questi fattori possono influire in modo sostanziale sull’insorgenza e sullo sviluppo della sindrome dell’impostore, e sono sufficienti pochi pensieri dubbiosi perché si inneschi il circolo vizioso. Contrariamente a quanto gli autori si aspettavano, la procrastinazione non è risultata essere un predittore significativo della sindrome.

Il 56,15% dei partecipanti allo studio sperimenta i sintomi associati alla sindrome dell’impostore, un numero preoccupante in termini di implicazioni sulla vita personale, accademica, sociale e professionale futura di uno studente. Per esempio, uno studente che è quasi costantemente in difficoltà non può certo essere produttivo ed efficiente come potrebbe, a causa del costante disagio mentale. Uno studente che si percepisce come un impostore presterà più attenzione alla sua immagine sociale che al suo stato d’animo generale, alle relazioni sociali o ad altre variabili personali. Inoltre, la carriera professionale dei futuri psicologi potrebbe essere influenzata da questa sindrome: un “impostore” può non dare il massimo rendimento, non chiedere promozioni o sfruttare le opportunità, può avere problemi a parlare in pubblico o a stringere rapporti autentici con i colleghi. Per questo motivo, anche se eccellenti, gli impostori possono rimanere bloccati a un livello di base nel loro campo di lavoro a causa della paura del successo e del fallimento: potrebbero non cercare di assumere posizioni di leadership e in genere non saranno consapevoli del loro effettivo valore. Inoltre, potrebbero soffrire di burnout a un certo punto della loro carriera (Alrayyes et al., 2020).

Riassumendo, gli studenti con elevata sindrome dell’impostore tendono a procrastinare maggiormente, aumentando così anche i livelli di ansia e depressione. I risultati presenti e futuri in letteratura possono essere utili per progettare strategie di intervento efficaci, magari riducendo la procrastinazione attraverso programmi di intervento specifici, come quelli suggeriti da Tuckman e Schouwenburg (2004), incentrati sulla ristrutturazione cognitiva, sull’influenza sociale e sulla formazione. Tuttavia, la ricerca deve ancora svolgere molti passi in avanti per comprenderne le cause, prevenire e intervenire tempestivamente in relazione a questa particolare sindrome.

 

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