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Disturbo disforico premestruale: cosa c’è di nuovo?

Due aspetti del disturbo disforico premestruale sono stati indagati in studi recenti: pensieri autolesivi e alterazioni morfologiche a livello cerebrale

Di Lucilla Castrucci

Pubblicato il 03 Ott. 2022

Recentemente sono stati pubblicati degli studi che indagano la correlazione esistente tra disturbo disforico premestruale e presenza di pensieri autolesionistici e tra questo disturbo e la presenza di alterazioni cerebrali a livello corticale.

 

Il disturbo disforico premestruale

Il disturbo disforico premestruale (PMDD) è un disturbo dell’umore che si manifesta tra i sintomi della sindrome premestruale (Greene R, Dalton K. 1953) ed è classificato, nella quinta edizione del DSM, come un disturbo depressivo.

È caratterizzato, oltre che da umore depresso, da irritabilità e labilità emotiva. L’intensità di questi sintomi può essere tale da influenzare significativamente l’attività lavorativa e le interazioni sociali di chi ne soffre (Castrucci, 2020).

Sono diversi i fattori eziologici chiamati in causa per spiegarne l’origine. Uno studio del 1991, condotto da Rojanski et al., ha evidenziato, nelle donne affette da disturbo disforico premestruale, una riduzione dei livelli plasmatici di serotonina nella fase luteinica del ciclo ovarico (Castrucci, 2020).

Una successiva ricerca ha confermato, tra i fattori eziopatogenetici del disturbo, l’interazione tra ormoni steroidei e neurotrasmettitori (Mortola JF.1998). Il disturbo disforico premestruale si manifesta nelle donne con una prevalenza dall’1.8% al 5.8% (Angst  J, Stellaro R, Merikangas KR, Endicott J. 2001).

Due aspetti del disturbo disforico premestruale sono stati indagati in studi di recente pubblicazione: la presenza di pensieri autolesionistici associati a questo disturbo e la presenza di alterazioni morfologiche a livello cerebrale nelle donne con diagnosi di disturbo disforico premestruale.

Disturbo disforico premestruale e pensieri autolesivi

Uno studio pubblicato dalla rivista BMC Psychiatry (2022) condotto da Eisenlohr-Moul ed altri, utilizzando un sondaggio online al quale hanno partecipato 2.689 donne, di cui il 23% con diagnosi di disturbo disforico premestruale, ha evidenziato che il 34% delle donne con disturbo disforico premestruale ha tentato il suicidio. Secondo gli autori la condizione di nullipara, uno stato economico svattaggioso, la presenza in anamnesi di depressione maggiore o di disturbo da stress post-traumatico sono fattori predittori dei tentativi di suicidio, come lo sono anche l’età avanzata ed il disturbo borderline di personalità.

Inoltre i dati del sondaggio evidenziano che, nelle donne con diagnosi di disturbo disforico premestruale, sono presenti alti tassi di malattie sessualmente trasmissibili. Gli autori della ricerca suggeriscono, in caso di disturbo disforico premestruale, di sottoporre le donne a frequenti controlli per prevenire la comparsa di atti autolesionistici.

Disturbo disforico premestruale e alterazioni cerebrali

La ricerca effettuata da Dubol M. e collaboratori pubblicata nel 2022 da Transl Psychiatry ha come obiettivo quello di valutare se nel disturbo disforico premestruale, come in altri disturbi depressivi, sono presenti alterazioni volumetriche e dello spessore della materia grigia delle circonvoluzioni cerebrali. Per questo gli autori dello studio hanno sottoposto, donne affette da disturbo disforico premestruale e donne sane, a risonanza magnetica durante la fase luteinica del ciclo mestruale. Le risonanze magnetiche sono state poi analizzate con morfometria basata su voxel e superficie. I dati raccolti indicano un minor volume dell’amigdala destra nelle donne affette da disturbo disforico premestruale, inoltre in queste donne si osserva una corteccia cerebrale più sottile nell’emisfero sinistro. In base alle caratteristiche della corteccia cerebrale è possibile distinguere una donna con disturbo disforico premestruale da una donna sana con un’accuratezza del 74%. I dati di questa ricerca supportano l’ipotesi che nel disturbo disforico premestruale esista un’alterazione dei circuiti inibitori che coinvolgono le strutture limbiche.

 

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