Gli studi di cronobiologia in ambito psichiatrico hanno evidenziano numerosi aspetti che accomunano il disturbo affettivo stagionale ed il disturbo disforico premestruale. Oggi esiste l’ipotesi che questi due disturbi potrebbero essere manifestazioni di una stessa patologia.
Fin dall’antichità è stato osservato che le variazioni climatiche influenzano lo stato di salute e l’umore. Ippocrate nel 400 a. C. descriveva una depressione legata alle stagioni. I suoi scritti e quelli di Plinio e di Aristotele nel periodo classico, testimoniano che erano anche noti una serie di sintomi che affliggevano le donne nel periodo premestruale. Attualmente la cronobiologia studia i fenomeni periodici negli organismi viventi e descrive i meccanismi molecolari legati ai cicli buio-luce, all’alternarsi delle stagioni e delle fasi lunari. E’ ormai dimostrato che la produzione di numerosi ormoni e di vari neurotrasmettitori è influenzata da questi fatti. Negli ultimi venti anni sono stati effettuati numerosi studi psichiatrici ad impronta cronobiologica.
Vi sono due disturbi dell’umore, il disturbo affettivo stagionale ed il disturbo disforico premestruale, che oltre ad avere in comune la periodicità nel manifestarsi, sembrano condividere alcuni aspetti eziopatogenetici.
Disturbo affettivo stagionale (SAD)
Il Disturbo Affettivo Stagionale è un disturbo depressivo cronico atipico i cui sintomi possono manifestarsi con una periodicità invernale, con esordio nella stagione autunnale, o estiva con esordio primaverile. Dal punto di vista clinico l’atipicità del disturbo è legata al fatto che l’umore è depresso ma reattivo. Questo vuol dire che i soggetti che ne soffrono hanno una flessione del tono dell’umore, ma sono in grado di gioire di fronte ad eventi positivi. Altri sintomi sono l’iperfagia, con la preferenza per l’ingestione di carboidrati, l’astenia, l’ipersonnia e l’aumento ponderale. Esistono diverse ipotesi eziopatogenetiche per il SAD, tutte hanno un comune denominatore rappresentato dalla durata dell’esposizione alla luce solare. La quantità di luce influisce sulla produzione endogena di melatonina e serotonina. La melatonina, detta anche ormone del sonno, potrebbe essere prodotta in eccesso in mancanza di luce solare. I livelli troppo elevati generano ipersonnia e potrebbero predisporre alla depressione. Secondo i risultati di uno studio dei ricercatori dell’Università di Copenhagen, presentati alla XII International Conference on Neuropsychopharmacology di Londra (2014), le persone che sviluppano il SAD hanno alterati livelli SERT, che è la molecola trasportatrice della serotonina.
Il disturbo disforico premestruale (PMS)
E’ un disturbo dell’umore che si manifesta tra i sintomi della sindrome premestruale. E’ caratterizzato, oltre che da umore depresso, da irritabilità e labilità emotiva. L’intensità di questi sintomi può essere tale da influenzare significativamente l’attività lavorativa e le interazioni sociali. Sono diversi i fattori eziologici chiamati in causa per spiegare l’origine di questo disturbo. Rojanski et al. (1991) in uno studio hanno registrato una riduzione complessiva dei livelli plasmatici di serotonina nella fase luteinica del ciclo ovarico in donne con PMS. Il convolgimento della serotonina è inoltre dimostrato dal il criterio ex-juvantibus, infatti nel 60% delle donne con PMS, i sintomi regrediscono con la somministrazione di antidepressivi serotoninergici (Steiner M. et al. 1995, Freeman Ew.2005).
Nel 2006, sul Giornale Italiano di Psicopatologia, sono stati pubblicati i risultati di una ricerca che si proponeva di valutare la prevalenza del SAD e della PMS in una popolazione di donne non affette da disturbi psichiatrici e di determinare la prevalenza di PMS in donne che presentavano una diagnosi di SAD. I risultati dello studio permettono di affermare che SAD e PMS presentano un profilo epidemiologico sovrapponibile e una sintomatologia analoga. Per entrambi i disturbi è riconosciuta l’efficacia terapeutica degli antidepressivi serotoninergici. Nella popolazione femminile italiana SAD e PMS si presentano frequentemente in associazione. Tutti questi dati portano a supporre una base neurobiologica comune, i due disturbi potrebbero essere manifestazioni di una stessa patologia.