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Argonauti e Xanax – Recensione dello spettacolo teatrale

Argonauti e Xanax nasce dal progetto svolto in due classi di liceo: dalle immagini che suscitano ansia ai ragazzi, si è giunti a una pièce teatrale

Di Gianluca Frazzoni

Pubblicato il 23 Nov. 2021

Aggiornato il 30 Nov. 2021 10:34

Argonauti e Xanax nasce dal progetto svolto in due classi di liceo dove, partendo da immagini e situazioni riportate come fonti di ansia per i ragazzi, si è giunti alla composizione di una rappresentazione teatrale.

 

Lo spettacolo Argonauti e Xanax, scritto e diretto da Daniele Vagnozzi e portato in scena al Teatro Binario 7 dalla Compagnia Caterpillar dopo una preparazione svoltasi in residenza artistica al Filodrammatici, nasce da un progetto sociale che ha coinvolto due classi del Liceo Statale Carlo Porta di Monza in una successione di incontri con le psicologhe dell’Associazione “Jonas Monza Brianza”.

Il progetto, denominato Argonauti e Xanax – L’età dell’ansia, ha ricevuto il patrocinio dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia insieme al sostegno di “Fondazione della Comunità di Monza e Brianza”, estendendosi anche all’informazione social attraverso interviste a psicologhe e psicologi sul tema dell’ansia, realizzate dal canale della Compagnia. Gli incontri a scuola hanno tracciato un percorso dalle immagini alle parole dell’emozione, iniziando dall’analisi di rappresentazioni visive – una ragazza da sola sommersa dai libri, uno stadio deserto, una classe vuota, un uomo con la maschera e molte altre – tra le quali ogni studente sceglieva quella maggiormente in grado di provocargli ansia, motivandone la ragione; in seguito è stato chiesto quali fossero le azioni con cui ciascuno di loro riusciva a gestire i propri stati di agitazione, e le risposte sono diventate una composizione drammaturgica, un testo registrato dalle voci degli attori di Argonauti e Xanax, ma costruito riportando integralmente le parole dei ragazzi.

A coronamento di questo viaggio compiuto dai giovani Argonauti alla scoperta della propria interiorità, lo spettacolo teatrale. Un gruppo di amici appena diplomati è uno spaccato di caratteri adolescenziali, insicurezze, sogni, desiderio di libertà. Marco è il letterato, l’aspirante scrittore giramondo, ma trattiene a stento una rabbiosa malinconia per essere ormai il personaggio che supera la persona, simbolo per gli amici di una forza estroversa che si riprende dopo ogni difficoltà raccontando storie e usandole per sostenersi, ingannarsi o intrattenere un uditorio inconsapevole della sua sofferenza. Il suo viaggio della vita è già deciso, sarà il Perù, l’inizio di una conquista umana che a vent’anni sa di liberazione dai vincoli aridi e costrittivi della piccola realtà che l’ha tenuto ingabbiato in tutti questi anni. Il viaggio della vita però, sarà un precipitoso ritorno a casa per chiudersi, in casa, stretto fra le maglie dolorose degli attacchi di panico, la paura degli altri, della luce, di un mondo troppo grande, aperto, indeterminato. Gli amici vogliono recuperarlo al legame di un tempo, lo cercano mostrando ciascuno il proprio modo di avvicinarsi, di intendere la sofferenza.

Non è semplice comprendere cosa stia accadendo a Marco, cogliere l’incomunicabilità di quel malessere capace di attanagliare proprio chi, servendosi delle parole, attirava lo sguardo affascinato delle persone. Ora Marco non vuole parlare, non vuole dire. È soltanto di Sara che lentamente si fida e accorcia la distanza, Sara che gli offre il suo Xanax come rimedio al male dell’ansia e ci aggiunge un carico di alcol a cui entrambi affidano la missione di stordirli, di farli rimanere sospesi tra l’oblio e la leggerezza. Non è una buona idea, questa idea da adolescenti disperati, e rischiare la vita porta se non altro la consapevolezza di dover tornare a soluzioni più ragionevoli. Ci sono gli amici, ci sono ancora gli amici della maturità, per ritrovarsi avendo sfatato il tabù del sentirsi deboli, ché anche in quel caso ci si può aiutare, anzi, soprattutto in quel caso.

Argonauti e Xanax è un testo che scorre agile, recitato da attori di talento e con una regia efficace, asciutta. Mette insieme elementi di una narrativa sull’adolescenza che racchiude la vitalità, l’impulsività e allo stesso tempo la natura contraddittoria di molti comportamenti che la caratterizzano. La ricerca di una frontiera più lontana, di un respiro più ampio che soffi verso la realizzazione delle proprie ambizioni non protegge dalle incognite dei conflitti emotivi, non offre tutele adeguate davanti alle possibili delusioni, al possibile fallimento. È in quegli interstizi che si insinua l’ansia col volto cangiante che l’accompagna, a minare le certezze e a rendere spaventose le speranze. Se ne può parlare però, si può fare parola di una compagna di viaggio che altrimenti diventa un mostro; parola e relazione, relazione con gli altri, con chi riesce a ispirare fiducia normalizzando ciò che altrimenti rimane sproporzionato e addirittura indicibile. Servono anche a questo le buone amicizie, serve anche a questo una scuola non giudicante, come quella che dà ai ragazzi la possibilità di svelare le proprie paure. E la psicologia, scienza giovane per eccellenza. Può servire anche lo Xanax? All’occorrenza sì, rigorosamente con acqua.

 

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