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Pensieri ossessivi, rimuginio e ruminazione: la Detached Mindfulness come forma di intervento

La persona che adotta la detached mindfulness si pone nelle vesti di osservatore distaccato dei propri pensieri e delle emozioni che prova in quel momento

Di Andrea Coluccia

Pubblicato il 25 Ott. 2021

Le pratiche di consapevolezza distaccata, o detached mindfulness, suggeriscono un innovativo intervento basato su due elementi essenziali: la presenza mentale e il distacco.

Andrea Coluccia – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca, Mestre

 

Le ossessioni sono pensieri o immagini mentali che sono percepite come molto spiacevoli dalle persone, causando alti livelli di stress.

Quando sono frequenti e accompagnate dai fenomeni di rimuginio e ruminazione, si possono presentare difficoltà psicologiche, come ansia e depressione, con la mente che può vagare tra le preoccupazioni del futuro e i ricordi spiacevoli del passato.

Come disinnescare questo meccanismo e aumentare il proprio benessere attraverso le pratiche di detached mindfulness?

A molti può essere capitato di avere avuto alcuni pensieri ripetitivi o che hanno generato stati d’ansia, in alcuni momenti della propria vita particolarmente stressanti.

Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, l’80% degli individui ne ha fatto esperienza, attraverso contenuti vissuti come indesiderati e riferiti in particolar modo alle relazioni, alla salute e alla sessualità, e che tuttavia non per forza hanno poi avuto un impatto significativo nella propria vita (Caselli, 2016). Se tuttavia i pensieri tendono ad essere ossessivi, a manifestarsi cioè con una certa frequenza, e ad essi si accompagnano i fenomeni di rimuginio e ruminazione, possono comparire stati di ansia e di depressione.

Le pratiche di consapevolezza distaccata, o detached mindfulness, suggeriscono un innovativo intervento basato su due elementi essenziali: la presenza mentale e il distacco. Se con presenza mentale si fa riferimento all’essere consapevoli della presenza di un pensiero o di una convinzione, con distacco si fa riferimento alla sospensione del giudizio dai propri pensieri, ampliando il ventaglio di risposte possibili delle proprie emozioni, con i pensieri che sono vissuti, così, attraverso un’altra lente e sentiti nella maggior parte dei casi come meno angoscianti. In questo modo, anche un pensiero automatico negativo (PAN), che compare all’improvviso creando stati di ansia e preoccupazione, viene vissuto come meno spiacevole, causando minori stati di stress e di agitazione.

I pensieri automatici e i pensieri ossessivi

Si immagini che, immersi in un’attività importante, squilli il cellulare e che sia appena arrivato un messaggio. Quale può essere la prima reazione? Guardare subito il cellulare o rimandare la lettura ad attività conclusa? Restare lì con il pensiero di quale può essere il contenuto del messaggio o rimanere immersi nell’attività? I pensieri automatici (PAN) sono fenomeni cognitivi che, proprio come un messaggio, compaiono all’improvviso e interrompono un’attività. Sono associati a emozioni spiacevoli e sono particolarmente comuni: circa l’80% degli individui ne ha fatto esperienza più volte, con contenuti vissuti come indesiderati. Questi pensieri possono emergere all’improvviso e in modo involontario mentre si è immersi in un’attività, sotto forma di autovalutazioni negative di sé (“non sono capace”), oppure giudizi generalizzati sul proprio presente e sul futuro. Quando non sono messi in discussione ed emergono regolarmente si instaura quello che è il pensiero ripetitivo. Possono allora presentarsi stati di tristezza e di ansia, creando una distorsione negativa della percezione di sé stessi e dell’ambiente circostante (Beck, 1989).

Esperienza simile è rappresentata proprio dalle ossessioni. Queste ultime appaiono alla mente come dei fotogrammi. Sono immagini mentali percepite come sgradevoli dalla persona, sono difficili da ignorare e causano alti livelli di ansia (APA, 2013).

La differenza tra PAN e pensieri ossessivi risiede principalmente nella frequenza di comparsa e nella valutazione di questi pensieri, giudicati come pericolosi e inaccettabili. Entrambi questi fenomeni, tuttavia, sono fortemente orientati al futuro o al passato, creano preoccupazione, e il focus viene raramente puntato sul presente.

Questo si verifica anche, ad esempio, nel caso dei traumi. Studi che hanno approfondito questo tema hanno messo in luce come le persone che hanno avuto un trauma tendono a presentare maggiormente pensieri ossessivi, che possono comparire con forte intensità e ripetitività, influenzando fortemente il presente e facendo sì che ci sia una difficoltà a discriminare tra il passato, il presente e il futuro.

Così come in questi casi, anche le persone con forti stati di tristezza e ansia, tendono ad avere diversi pensieri automatici al giorno, con la comparsa di pensieri ossessivi che possono causare talora anche disturbi ossessivo – compulsivi.

Come prima conseguenza, la comparsa di questi pensieri può causare una costante impossibilità ad agire e ad attuare un cambiamento sul qui e ora, in particolar modo se sono presenti anche i fenomeni rimuginio e ruminazione.

Il rimuginio e la ruminazione

A quasi tutti involontariamente è capitato di rimuginare: in vista di una scadenza importante, per un lavoro urgente, per un incontro con una persona o per un’esibizione importante.

Il rimuginio, d’altra parte, altro non è che una forte preoccupazione riferita al futuro e in molti la sperimentano, a volte anche in modo automatico durante le giornate. In “piccole dosi” può essere funzionale al raggiungimento di un obiettivo. Tuttavia, se è frequente e si accompagna a pensieri di tipo ossessivo tende a essere una delle caratteristiche principali dei disturbi d’ansia. Il rimuginio, in questi casi, implica una preoccupazione costante, particolarmente intensa e sempre orientata a un futuro in cui tutto può risultare imprevedibile, con la sensazione che stia sempre per accadere il peggio. In questa prospettiva infatti, il rimuginio è strettamente correlato all’ansia anticipatoria, e si contraddistingue per essere uno stile di pensiero orientato costantemente a un tema di minaccia del proprio futuro, in cui tutto sembra essere incerto (Borkovec, Stober, 1998).

Il rimuginio inoltre, in quanto attività anticipatoria, restringe l’attenzione solo attorno ai potenziali problemi futuri, ben prima che si possano realizzare, raramente intorno alle possibilità positive, difficilmente verso scenari di successo. Nelle persone con ansia il rimuginio permane nel tempo e diventa lo stile preferenziale di lettura delle situazioni, andando a creare uno stato costante di allerta, in una ricerca continua delle possibili minacce. Tutto questo fa sì che la mente sia sempre, o quasi, rivolta al domani, piuttosto che all’oggi. Così, può capitare che le persone inizino a rimuginare e continuino in questo processo di pensiero senza accorgersene, senza esserne consapevoli, rimanendo intrappolate in un loop di pensieri spiacevoli che possono perdurare per diverso tempo. In questa prospettiva lo sguardo è sempre diretto avanti più di quanto ce ne sia realmente bisogno e quello che conta nel presente rischia di essere lasciato indietro.

La ruminazione invece rappresenta un pensiero che affonda le proprie radici nel passato ed è fortemente orientata a quello che è stato. Chi tende a ruminare particolarmente, infatti, richiama spesso alla mente ricordi spiacevoli e si focalizza sull’impatto che hanno avuto e sulle conseguenze che hanno portato (Smith, 2009). Chi rumina spesso, peraltro, è portato a pensare che gli eventi negativi del passato non solo abbiano portato a conseguenze negative nel proprio presente, ma che ne porteranno, anche, altrettante nel futuro. È quindi un pensiero negativo circolare, che porta la mente ad essere ingabbiata negli eventi trascorsi. Esempi di ruminazione sono: «Perché è successo a me?»; «Perché in quell’occasione non ho reagito?»; «Perché non sono riuscito a dare un senso a quello che mi è successo?». Se questo pensiero si ripete in modo continuo può portare a stati di forte tristezza, generando quello che tende poi a diventare un umore depresso.

Quindi, se il rimuginio si focalizza soprattutto sul futuro e si attiva attraverso una catena di pensieri con cui una persona contempla una gamma di eventi minacciosi, la ruminazione si focalizza prevalentemente sul passato, attraverso una serie di ricordi, pensieri e immagini che appaiono nella mente come fotogrammi e che amplifica e mantiene stati di tristezza. Sia il rimuginio sia la ruminazione fanno sì che una persona faccia fatica a dedicarsi ad altre attività, in quanto la propria mente è sempre impegnata, sempre turbata, e non si riesca a focalizzare sul presente.

La mindfulness e la detached mindfulness

La mindfulness è un particolare modo di porre l’attenzione ai propri pensieri e rappresenta una chiara antitesi a molti dei fenomeni ossessivi e, in tal senso, anche al rimuginio e alla ruminazione (Didonna F., 2008). I training di mindfulness costituiscono un intervento privilegiato anti – rimuginio e anti – ruminazione, poiché addestrano le persone, soprattutto se presentano forti stati d’ansia e di tristezza, a spostarsi dalla “modalità del fare” alla “modalità dell’essere” (Segal e colleghi, 2002), anteponendo le attività che si stanno conducendo ai pensieri automatici orientati al futuro o al passato. Così, ogni qual volta la mente tenda a vagare (mind-wandering) verso pensieri, emozioni, suoni, che non rappresentano il “qui e ora”, la persona si attiva in modo gentile ma deciso, per riportare la consapevolezza al focus originario dell’attenzione e tornare al centro del suo vissuto. Alla base degli interventi di mindfulness vi è il principio dell’accettazione. In alcuni casi può essere complesso riuscire ad arginare i pensieri automatici negativi o i pensieri ossessivi, senza focalizzarsi troppo su di essi o senza rimuginare sulle conseguenze temute. Talvolta, ancora, può essere complesso accettare alcuni eventi trascorsi che hanno lasciato delle cicatrici emotive. Il principio di base di questo genere di pratiche, tuttavia, (e il punto di forza), fa sì non che vi sia mai un coinvolgimento eccessivo su questo genere di pensieri. L’accettazione è anche un punto di partenza: la persona ha modo di costruire, grazie a queste pratiche, “un processo continuo attraverso cui esce da una prospettiva in cui vede i pensieri e le emozioni come realtà o cose che necessitano di esser cambiate e inizia ad accoglierli come eventi interni che non hanno bisogni di alcuna modifica, evitando sforzi per cambiare la loro frequenza o forma, specialmente quando questi possono avere un impatto negativo sulle sue emozioni” (Hayes, 2009).

In modo parallelo a questo approccio, e sempre in contrasto ai processi di rimuginio e ruminazione, si può inoltre sperimentare un tipo di esperienza chiamata “detached mindfulness” – in italiano consapevolezza distaccata – dove il termine “mindfulness” si riferisce, in questo caso, all’essere consapevoli dei propri pensieri come eventi mentali verso cui è possibile dirigere l’attenzione flessibilmente senza rimanerne intrappolati, mentre “detached” indica l’astenersi dal reagire o dal valutare quel pensiero, prendendone – se necessario – le distanze. La consapevolezza distaccata condivide alcuni aspetti con le forme di mindfulness ma a differenza di questo approccio si focalizza sul distacco costante dal contenuto dei propri pensieri. La persona che adotta questo approccio si pone nelle vesti di “osservatore distaccato” dei propri pensieri e delle emozioni che prova in quel momento. Adrian Wells (2008) propose diverse pratiche che promuovono un modo nuovo e diverso di vivere i propri pensieri, consentendo la rimozione degli stili di pensiero inadeguati, come rimuginio e ruminazione, alla base dei disturbi d’ansia e di depressione. In questo modo, secondo Wells, il focus non viene mai diretto al contenuto dei propri pensieri, e su di essi non viene mai apposto alcun giudizio, bloccando sul nascere ogni tipologia di pensiero ruminativo e ossessivo. Una pratica che va di pari passo è il rinvio del rimuginio, attraverso cui una persona, anziché farsi assorbire da una preoccupazione che può generare ansia, si riesce invece a dire: «Posso rimandare questo pensiero. Lo lascerò stare, per ora e me ne occuperò più tardi». Il pensiero può anche rimanere presente in sottofondo, ma la persona così facendo decide di non reagire, in quel preciso momento, non rimuginando come altrimenti potrebbe fare. Esattamente nel caso in cui decidesse di non leggere subito il contenuto di un messaggio appena arrivato. Così, inoltre, si può avere la sensazione di aver comunque dato una risposta al proprio pensiero, ma senza averci dedicato una grande quantità di tempo e senza essere rimasti intrappolati nella spirale dello stress e dell’ansia (Wells, 1997). Il rinvio del rimuginio viene abitualmente utilizzato anche in terapia insieme alla detached mindfulness. Se il paziente inizia a rimuginare su un contenuto, in seduta, il terapeuta concorda con lui la possibilità di abbandonare quel contenuto per un po’, rimandando il tema ossessivo per poi riprenderlo più tardi e abbandonandosi così al presente e alle attività in corso (Wells, 2008). Il terapeuta, ad esempio, può suggerire al paziente di considerare questi pensieri come delle registrazioni audio, con la possibilità di ascoltarle quando vuole, anche subito, ma rimandando la risposta in un altro momento. Proprio come quando squilla il telefono e si decide di non rispondere subito o come quando non si ascolta il rumore di una radio in sottofondo, perché impegnati in altre attività (Sassaroli, 2017): quello che conta è il presente.

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Andrea Coluccia
Andrea Coluccia

Psicologo - Specializzando Psicoterapeuta presso Studi Cognitivi

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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