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Vivere con grinta (grit): passione e perseveranza per ottenere ciò che desideriamo

La grinta è un costrutto che tenta di cogliere quelle disposizioni individuali che promuovono il perseguimento degli obiettivi a lungo termine

Di Giammaria Trimarco

Pubblicato il 14 Set. 2021

La ricerca sulla grinta sembra dare supporto alla sua relazione positiva con la performance, anche in contesti particolarmente provanti.

 

Correre l’ultimo metro, scrivere l’ultimo articolo, chiudere l’ultima pratica d’ufficio, studiare ancora un’altra ora… cosa distingue le persone che perseverano fino ad eccellere nel loro campo, dagli altri individui? Cosa contraddistingue gli elite performers, persone i cui risultati eccezionali ci piacerebbe emulare e raggiungere?

Mettendo da parte l’aura di fascino che spesso ai nostri occhi circonda queste persone, possiamo chiederci se vi siano, al di là dei generici discorsi sulle ‘qualità innate’ che si tende ad attribuire loro, aspetti della personalità da cui origina l’eccellenza e che possano essere oggetto di indagine ed, eventualmente, di miglioramento. Se esistessero, allora potremmo impegnarci a coltivarli per migliorare la nostra prestazione negli ambiti di vita di nostro interesse (lavoro, sport, tempo libero) e, di riflesso, aumentare la nostra soddisfazione di vita e il nostro benessere percepito.

Le teorie motivazionali ci forniscono i concetti per rispondere a queste domande e inquadrare i processi o i tratti di personalità sottostanti gli sforzi individuali verso il raggiungimento di un risultato desiderato. In questa prospettiva, la persona è sempre orientata verso scopi e risultati finali, per raggiungere i quali pone in atto, consapevolmente o meno, forme organizzate di comportamento (Ryan, 2012): sceglie i propri scopi, fa progetti per raggiungerli, implementa piani d’azione proiettati nel futuro, cerca di anticipare eventuali condizioni avverse nel loro compimento, e li esegue.

La grinta (grit; Duckworth, Peterson, Matthews, Kelly, 2007) è un costrutto che tenta di cogliere quelle disposizioni individuali, di tipo non cognitivo, che promuovono il perseguimento degli obiettivi a lungo termine. Mossa da passione e interesse per il compito, e dalla perseveranza per gli obiettivi che si pone, la persona grintosa affronta le sfide e mantiene alti sia i livelli di impegno che di interesse nonostante possibili fallimenti e momentanei arresti; dimostra di possedere un alto grado di resistenza, e vede la noia e lo sconforto come dei segnali che le indicano di andare avanti, con costanza e dedizione. In base a queste premesse, secondo gli autori le due dimensioni della grinta sarebbero alla base della performance di alto livello in molti campi dell’esperienza umana.

In uno dei primi lavori sul costrutto (Duckworth et al., 2007) gli autori cercano di supportare queste idee tramite alcuni studi in base ai quali i punteggi individuali sulla grinta sembrano in grado di predire il livello di istruzione posseduto dai partecipanti, la loro media accademica, la probabilità che continuassero un corso di addestramento militare altamente selettivo e, infine, il successo in una gara nazionale di spelling.

Studi successivi hanno rilevato associazioni di questo tipo in una varietà di ambiti. Nello sport, per esempio, gli atleti più grintosi in genere competono a livelli superiori, possiedono la tendenza a cercare di accrescere la propria competenza, e sono maggiormente focalizzati sugli obiettivi (Albert, Petrie, Moore, 2020). Sul lavoro e nei contesti organizzativi, maggiori livelli di grinta sono associati a maggiore soddisfazione per il proprio lavoro e a un’etica dell’impegno (Meriac, Slifka, LaBat, 2015), alla capacità di fronteggiare meglio lo stress (Mullen, Crowe, 2018) e a una migliore prestazione lavorativa (Zhong et al., 2018). Nel contesto universitario, infine, tenendo in considerazione la presenza di molte variabili in grado di spiegare il successo accademico (ad esempio la coscienziosità, il seguire le lezioni, l’autoregolazione etc.), la grinta è un buon predittore dei risultati che verranno ottenuti negli anni di corso (per una rassegna, vedi Credé, Tynan, Arms, 2017).

In sintesi, la ricerca sulla grinta sembra dare supporto alla sua relazione positiva con la performance, anche in contesti particolarmente provanti, come ad esempio l’addestramento di selezione degli ufficiali in ambito militare (Kelly, Matthews, Bartone, 2014).

Nel corso del tempo molti autori si sono interessati al costrutto anche nei termini dei suoi addentellati con il benessere psicologico. Infatti, se consideriamo la felicità (Seligman, Ernst,  Gillham, Reivich, Linkins, 2009) come il provare piacere per ciò che si fa (pleasure), impegnarsi genuinamente in esso (engagement), e sapere perché lo facciamo (meaning), le due dimensioni della grinta, ovvero passione e interesse per il compito, e perseveranza nel raggiungere gli obiettivi, potrebbero rappresentare ciò che permette la realizzazione concreta di questi tre stati interni desiderabili (Von Kulin,Tsukuyama, Duckworth, 2014). Questa idea è confermata dalla ricerca che rileva alcune relazioni tra grinta e salute, e che indica, ad esempio, come ad alti livelli di grinta si associno maggiori livelli di percezione generalizzata di benessere soggettivo, speranza e ottimismo (Moen & Olsen, 2020), come anche livelli inferiori di stress, ansia e depressione (Özhan, Boyaci, & Anadolu 2018).

Come beneficiare della conoscenza di queste relazioni nella nostra quotidianità? Possiamo estrapolare alcune indicazioni operative da uno dei questionari disponibili per misurare il costrutto in un campione italiano (ad esempio: Sulla, Renati, Bonfiglio, Rollo, 2018), in modo da fornirci delle linee guida per fare entrare i benefici della grinta nella nostra vita:

  • Focalizzarsi sul progetto che in quel momento ha la priorità su tutti gli altri e, nel caso si abbiano più progetti in corso, perseguire solo quelli tra loro compatibili;
  • Mantenersi concentrati sui progetti che abbiamo deciso di perseguire, anche se sappiamo che ne vedremo i risultati solo tra qualche tempo;
  • Aver ben chiaro davanti a sé per quali motivi un progetto ci interessa e ci alletta. Se non troviamo buone ragioni, o quelle che troviamo ci sembrano superficiali, il progetto potrebbe essere ragionevolmente scartato;
  • Comprendere che lo scoramento di oggi è un segnale per cercare un modo diverso di fare le cose, oppure semplicemente per prendersi una momentanea pausa per recuperare le energie e riprendere il lavoro successivamente;
  • Fissarsi degli orari di lavoro e rispettarli. Stesso discorso valga per le pause;
  • Portare a termine ciò che iniziamo;
  • Essere diligenti: preparare l’ambiente di lavoro, farsi una lista delle cose da fare e rispettarla, tagliare fuori le distrazioni (smartphone, rumori, social network etc.) e concentrarsi sul compito attuale;
  • Sapere se e quando ci convenga disimpegnarci da un compito che stiamo portando avanti senza successo, per evitare di perseverare in percorsi di azione improduttivi e senza sbocchi. Se riusciamo a tenere sotto controllo questo lato negativo della grinta, allora potremo dedicarci a progetti magari di minore difficoltà, ma più produttivi (Lucas, Gratch, Cheng, Marsella, 2015).

E ricordiamoci di premiarci ogni volta che portiamo a termine qualcosa di impegnativo… ce lo saremo meritato!

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