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Autismo in età adulta. Tra comunicazione e socializzazione, l’esperienza dell’Associazione di Promozione Sociale “Il Tortellante”

Il Tortellante è un laboratorio terapeutico – abilitativo dove giovani e adulti con autismo imparano a produrre pasta fresca fatta a mano

Di Alessandro Rebuttini, Martina Rossetti

Pubblicato il 24 Set. 2021

L’Associazione di Promozione Sociale “Il Tortellante” ha lo scopo di avvicinare le persone con autismo a un lavoro vero e proprio prendendo in considerazione ogni fragilità e andando a lavorare sulle autonomie, la comunicazione e la socializzazione.

Alessandro Rebuttini e Martina Rossetti – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena

 

Autismo

L’autismo, o disturbo dello spettro autistico, consiste in un disturbo del neurosviluppo biologicamente determinato che si traduce in un funzionamento mentale atipico, insorge nei primi anni di vita della persona e accompagna il soggetto per tutto l’arco di vita (SINPIA, 2005). È caratterizzato da una compromissione nel corso dello sviluppo di una serie di abilità comunicative, di socializzazione, e sono in generale associati a comportamenti insoliti, ripetitivi o stereotipati, e difficoltà di astrazione e generalizzazione (ISS, 2011).

Le caratteristiche essenziali del disturbo sono la compromissione persistente della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in molteplici contesti (Criterio A): le persone con autismo possono manifestare deficit nella reciprocità socio-emotiva, con un approccio sociale anormale e il fallimento nella normale reciprocità della conversazione; un ridotto coinvolgimento nella condivisione di interessi, emozioni o sentimenti; un’incapacità a dare inizio o rispondere a interazioni sociali anche semplici (APA, 2013). Possono presentare poi un deficit nel comportamento comunicativo non verbale utilizzati nelle interazioni sociali (ad esempio anomalie nel contatto visivo e nel linguaggio del corpo, difficoltà nel comprendere e utilizzare gesti, mancanza di espressività facciale). Possono anche presentare difficoltà nella gestione e comprensione delle relazioni interpersonali, mostrandosi ad esempio incapaci di adattare il proprio comportamento ai diversi contesti sociali, di condividere il gioco immaginativo e di fare amicizia, manifestando un’assenza di interesse verso i coetanei. Un secondo criterio diagnostico per tale disturbo è relativo alla presenza di pattern di comportamento, interessi o attività ristretti e/o ripetitivi (Criterio B): movimenti, uso degli oggetti o eloquio stereotipati; rigida aderenza alla routine quotidiana con espressioni di estremo disagio di fronte a cambiamenti o fasi di transizione; interessi limitati e a volte anomali; iper- o iporeattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi insoliti verso elementi sensoriali presenti nell’ambiente (ad esempio particolari avversioni verso consistenze tattili specifiche, essere affascinati da luci o suoni, …). Questi sintomi si manifestano nella prima infanzia e limitano o compromettono il funzionamento adattivo generale della persona (Criteri C e D). Le espressioni del disturbo variano molto in base al livello di gravità della condizione, al livello di sviluppo e all’età cronologica; da qui il termine Spettro (APA, 2013).

Il deficit di comunicazione e interazione sociale (Criterio A) risulta quindi essere uno dei due criteri diagnostici centrali per il disturbo dello spettro autistico.

Comunicazione, socializzazione e interventi

Per comunicazione si intende un processo di trasmissione di messaggi da un emittente a un ricevente, attraverso uno stesso canale e sistema di segni per comprendere il contenuto del messaggio (Anolli, 2006). La comunicazione è diversa dal linguaggio, in quanto quest’ultimo è uno strumento del comunicare, ovvero ciò che consente di veicolare un messaggio in modo verbale (orale o scritto) oppure non verbale (mimica, gesti, postura). Tutti i bambini prima ancora di sviluppare il linguaggio e denominare gli oggetti attraverso etichette verbali (parole), utilizzano gesti per indicare ciò che gli interessa e per relazionarsi con l’adulto. A 10 mesi sono già in grado di utilizzare gesti deittici dichiarativi o richiestivi per mostrare oggetti di interesse o fare richieste. Successivamente tra i 12 e i 18 mesi questi gesti lasciano gradualmente spazio ad altri più rappresentativi, che vengono anch’essi utilizzati dal bambino per raccontare o chiedere all’altro, per poi approdare allo sviluppo delle prime parole (Schiavi, 2019). Fin da piccolo quindi l’essere umano partecipa a scambi comunicativi con l’altro, manifestando le proprie intenzioni, e interessi, avvia episodi di attenzione congiunta, con l’adulto prima e con i coetanei poi, e di vera e propria interazione sociale.

Se questo è ciò che caratterizza lo sviluppo della comunicazione in un bambino normotipico, lo stesso può non accadere in bambini con disturbo dello spettro autistico nei quali la comunicazione risulta essere in molti casi altamente deficitaria. Tra i 12 e i 24 mesi infatti si possono scorgere le prime atipie nella comunicazione non verbale: è presente una scarsa integrazione tra gesto e sguardo, i gesti deittici vengono utilizzati con minore frequenza rispetto alla popolazione normotipica o comunque con la sola funzione richiestiva e non di condivisione di interessi (Baron-Cohen, Leslie & Frith, 1985), i gesti rappresentativi vengono emessi con una minore frequenza a causa di una mancanza di abilità di decontestualizzazione e astrazione. Tutto ciò ha evidenti effetti sullo sviluppo comunicativo, cognitivo e linguistico del bambino e, di conseguenza, sullo sviluppo sociale e relazionale (Schiavi, 2019). Il grado di compromissione del deficit di comunicazione varia da bambino a bambino; esistono infatti casi in cui non si sviluppa alcun tipo di comunicazione verbale, altri in cui è presente solo parzialmente, altri in cui, pur in assenza del linguaggio, si sviluppano forme di comunicazione non verbale.

Nelle Linee guida per l’autismo (SINPIA, 2005) e nelle Linee Guida 21 dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS, 2011) viene data particolare importanza all’attivazione di progetti terapeutici di intervento che vadano a lavorare sul deficit di comunicazione. In particolare, le Linee Guida 21 raccomandano “l’utilizzo di interventi a supporto della comunicazione nei soggetti con disturbi dello spettro autistico, come quelli che utilizzano un supporto visivo alla comunicazione” allo scopo di incrementare l’imitazione spontanea e i comportamenti di comunicazione sociale. Una riconosciuta ed efficace strategia per intervenire sullo sviluppo della comunicazione è la Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA), che consiste in una qualunque forma di comunicazione che sostituisce o contribuisce ad aumentare l’emissione di linguaggio verbale. È aumentativa perché, a partire dalle competenze del soggetto, fornisce strategie utili a incrementare le modalità comunicative senza limitarsi a sostituirle o proporne di nuove; è alternativa perché va oltre le normali modalità comunicative e può avvalersi anche di immagini o ausili tecnologici avanzati. Studi di letteratura (Schlosser & Wendt, 2008; Ganz, 2015) riferiscono l’efficacia degli interventi di CAA nel trattamento abilitativo di bambini con disturbo dello spettro autistico. La CAA, applicabile a tutte le età, non preclude in alcun modo lo sviluppo del linguaggio verbale anzi, può stimolare le naturali abilità del bambino a sviluppare una comunicazione verbale dove possibile. Esistono diversi strumenti di cui la CAA si avvale, questo la rende per definizione multimodale. Può avvalersi di ausili esterni (CAA assistita) quali ad esempio disegni, immagini PECS (Picture Exchange Communication System), agende, software di comunicazione, app su smartphone o tablet; o può essere utilizzata senza alcun tipo di ausilio esterno (CAA non assistita), e servirsi esclusivamente del corpo tramite linguaggio dei segni o gesti. Le PECS sono molto utilizzate negli interventi di Comunicazione Aumentativa Alternativa e consistono in un sistema di comunicazione per scambio di immagini e simboli; l’insegnamento all’utilizzo di tali immagini avviene attraverso un percorso graduale e si avvale di tecniche cognitivo-comportamentali per educare il bambino agli scambi comunicativi e portarlo ad esprimere le proprie esigenze e bisogni (Charlop-Christy, Carpenter, LeBlanc & Kelley, 2002).

Altrettanto importanti e necessari sono poi gli interventi a supporto della comunicazione sociale, al fine di sostenere le persone con autismo nell’apprendere quelle basi dell’interazione sociale reciproca che risultano essere deficitarie per via della loro condizione, e favorire un loro adattamento e inserimento nella comunità di riferimento. Ciò può avvenire anche grazie l’ausilio della tecnologia che può facilitare e migliorare la comunicazione tra persone a sviluppo tipico e persone con autismo (Papapicco, 2021).

Viste le notevoli difficoltà comunicative, di lettura e comprensione degli stati mentali nelle persone con disturbo dello spettro autistico sono stati introdotti nel corso degli anni numerosi interventi che si focalizzano su questi elementi (Ferri, Candria, & Mezzaluna, 2020). Come suggerito dalle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità gli interventi consigliati sono di tipologia cognitivo-comportamentale. In particolare, viene seguito un approccio comportamentale che pone le fondamenta sulla metodologia di Analisi Applicata del Comportamento (ABA). L’ABA è un metodo utilizzato per ridurre i comportamenti problematici, migliorare gli apprendimenti e aumentare la comunicazione (U.S. Department of Health and Human Services; 1999). Gli interventi abilitativi e riabilitativi, anche quelli rivolti alla comunicazione e interazione sociale, dovrebbero essere mantenuti costanti nell’intero arco di vita della persona con autismo non svolgendosi solamente nei primi anni di vita in quanto, crescendo, le richieste ambientali e sociali aumentano diventando sempre più complesse e diversificate. Al tempo stesso la persona con autismo conserva le medesime caratteristiche tipiche della propria sindrome soprattutto per ciò che riguarda la sfera sociale (Cottini, 2009). Oltre a ciò, è necessario fornire alle persone con autismo per tutta la vita occasioni di socializzazione e di interazione sociale al fine di eliminare o attenuare questa dimensione che contraddistingue questa condizione di vita (ISS, 2011). A tale scopo presso l’Istituto Superiore di Sanità è stato costituito l’Osservatorio Nazionale Autismo con diversi obiettivi, tra cui favorire interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il potenziamento delle condizioni di vita e l’inserimento sociale delle persone con disturbo dello spettro autistico.

Al fine di rendere più efficaci tutti i trattamenti, ma in particolare quelli sulla comunicazione e la socializzazione, è necessaria l’organizzazione del lavoro in équipe multidisciplinari in cui ogni professionista apporta le proprie conoscenze teoriche e pratiche. Sia per soggetti in giovane età che per adolescenti e giovani adulti con autismo il gruppo di lavoro dovrebbe essere composto da psichiatri e neuropsichiatri infantili, psicologi e psicoterapeuti, tecnici della riabilitazione psichiatrica, terapisti occupazionali, logopedisti, neuropsicomotricisti, infermieri ed educatori professionali (NICE, 2012). Queste figure professionali non hanno un ruolo solo nella fase diagnostica, ma in tutta la presa in carico con la necessità di procedere occupandosi della costruzione di un profilo funzionale, della messa in atto degli interventi abilitativi personalizzati e dei monitoraggi degli esiti (ISS, 2011). Gli interventi devono essere strutturati basandosi sulle competenze, i punti di forza e di debolezza, delle persone con autismo. Per fare ciò è necessario avere dati e informazioni provenienti dalle osservazioni, dai colloqui e dalla testistica somministrata direttamente o indirettamente ovvero a persone che conoscono bene il soggetto con autismo come genitori, caregivers o insegnanti (Cavagnola, Pilone & Fioriti, 2006).

Di seguito sono riportati alcuni test che possono essere utilizzati per indagare le capacità comunicative in differenti fasi nell’arco della vita:

  • VB-MAPP, Verbal Behavior Milestones Assessment and Placement Program (Sundberg, 2008): valuta lo sviluppo del linguaggio verbale e delle abilità sociali in bambini con disturbo dello spettro autistico nei primi mesi di vita. Vengono presi in considerazione i prerequisiti linguistici e comunicativi basilari per lo sviluppo del comportamento verbale, secondo la classificazione skinneriana, che individua tre tipi principali di linguaggio: mand, tact e intraverbale. In base alle informazioni raccolte, il VB-MAPP consente la definizione e la creazione di un Piano Educativo Individualizzato (PEI), realizzato prendendo in considerazione i punti di forza e di debolezza dimostrati dal soggetto;
  • CCC-2, Children’s Communication Checklist – Second Edition (Bishop, 2003): valuta la presenza di problemi di linguaggio o comunicativi in bambini e ragazzi. In particolare, attraverso questa checklist è possibile individuare i problemi comunicativi di natura pragmatica e difficilmente riscontrabili con i test tradizionali. Lo strumento è composto da 70 item a scelta multipla suddivisi in 10 scale. Le scale prese in esame sono: Eloquio, Sintassi, Semantica, Coerenza, Inizio Appropriato, Linguaggio stereotipato, Uso del contesto, Comunicazione non verbale, Relazioni sociali e Interessi. Mediante le scale è possibile calcolare due punteggi globali, il Punteggio globale di comunicazione (GCC) e il Punteggio globale di discrepanza dell’interazione sociale (SIDC);
  • VABS-II, Vineland Adaptive Behavior Scales- 2nd edition (Sparrow, Cicchetti & Balla, 2005): valutano il comportamento adattivo (CA), ossia le attività che l’individuo abitualmente svolge per rispondere alle attese di autonomia personale e responsabilità sociale proprie di persone di pari età e contesto culturale. Di grande interesse per le persone con autismo e degne di nota sono la scala della Comunicazione (si declina nelle sottoscale Ricezione, Espressione e Scrittura) e la scala della Socializzazione (a sua volta composta dalle sottoscale Relazioni interpersonali, Gioco e tempo libero e Regole sociali);
  • CARS-2 ST, Childhood Autism Rating Scale Second Edition Standard Version (Schopler, Van Bourgondien, Wellman & Love, 2014): è una scala che identifica soggetti con disturbo dello spettro autistico a partire dai 2 anni di età. Nel test sono presenti gli item Relazione con le persone, Imitazione, Uso del corpo, Comunicazione Verbale, Comunicazione non verbale;
  • SRS, Social Responsiveness Scale (Costantino & Gruber, 2010): è un questionario composto da 65 item che valuta il comportamento sociale reciproco, la comunicazione e comportamenti ripetitivi e stereotipati caratteristici dei disturbi dello spettro autistico;
  • SCQ, Social Communication Questionnaire (Rutter, Bailey & Lord, 2003): è uno strumento di screening adatto a soggetti di qualsiasi età superiore ai 4 anni. È un test che valuta le capacità comunicative e sociali del soggetto. Ha un punteggio cut-off di 15 che conferma un quadro diagnostico con caratteristiche comunicative tipiche di un disturbo nello spettro autistico;
  • POS, Personal Outcomes Scale (Van Loon, Van Hove, Schalock & Claes, 2017): è lo strumento più conosciuto nell’ambito della disabilità e validato anche in Italia. Esso prevede la presa in esame degli otto domini di Qualità della Vita basati sull’ICF (sistema Internazionale di Classificazione del Funzionamento): sviluppo personale, autodeterminazione, relazioni interpersonali, integrazione sociale, diritti, benessere emozionale, benessere fisico, benessere materiale;
  • SIS, Support Intensity Scale (Thompson, Bryant, Campbell, Craig, Hughes & Rotholz, 2004): è un’intervista semi-strutturata, somministrata a persone con un’età tra 16-72 anni, che valuta la tipologia e l’intensità dei bisogni di sostegno necessari a consentire al soggetto di condividere ambienti e svolgere le attività quotidiane, e di conseguenza a raggiungere un livello di miglior funzionamento autonomo. È composta da tre sezioni a loro volta composte da differenti scale. Nella prima sezione vengono esaminate 6 sottoscale tra cui una che riguarda la socializzazione;
  • SAFE, Social Adaptive Functioning Evaluation (Harvey, Davidson, Mueser, Parrella, White & Powchik, 1997): è una scala di osservazione-valutazione utilizzata per esaminare la severità dei deficit nelle aree relative alle abilità sociali, strumentali e funzionali dell’individuo. Il test contiene 19 items che valutano la cura del sé, le abilità domestiche, le competenze sociali e di adattamento, la capacità di controllo dell’impulsività, la cooperatività, l’abilità nell’uso del telefono, e il rispetto della proprietà.

L’esperienza della Associazione ‘Il Tortellante’ di Modena

L’Associazione di Promozione Sociale “Il Tortellante” è nata nel 2018 a Modena e ha lo scopo di avvicinare le persone con autismo a un lavoro vero e proprio prendendo in considerazione ogni fragilità e andando a lavorare sulle autonomie, la comunicazione e la socializzazione dei soggetti che frequentano questa realtà.

“Il Tortellante” è un laboratorio terapeutico – abilitativo dove giovani e adulti con disturbi dello spettro autistico imparano a produrre pasta fresca fatta a mano. Il progetto, avviato a gennaio 2016 e integrato da attività abilitative e formative per migliorare le autonomie, si è dimostrato una buona pratica di inclusione, coinvolgendo tutta la comunità (Rebuttini & Rossetti, 2020). Nel corso del 2016 e 2017 si è svolto presso il primo progetto pilota, con 21 ragazzi tra i 15 e 27 anni, con diversi livelli di abilità, che hanno partecipato alle attività per due ore a settimana divisi su tre gruppi. Prendendo spunto dalla passione dei ragazzi, dal talento e dalla manualità dimostrata si è strutturato al piano terra il laboratorio di pasta fresca. Al giorno d’oggi è stato possibile aumentare il numero di soggetti coinvolti passando da 21 a 25 utenti sempre con diagnosi di disturbo dello spettro autistico o tratti autistici. Dalle valutazioni qualitative e quantitative realizzate durante il percorso si è ricavato che i ragazzi hanno potenziato la propria immagine di sé, aumentato l’autonomia e incrementato diversi aspetti fino ad allora critici come lavorare e comunicare in team, rispettare le regole, gestire i tempi di attesa e socializzare con altre persone più o meno conosciute. Tutto ciò è stato possibile grazie a un’équipe scientifica altamente formata sull’autismo guidata da Franco Nardocci (neuropsichiatra infantile e psichiatra), due psicologi coordinatori e il lavoro di 15 operatori che, con diverse professionalità come tecnici della riabilitazione psichiatrica, educatori, terapisti occupazionali e psicologi, hanno dato il loro contributo nello svolgimento delle attività e nel lavorare sugli obiettivi specifici di ciascun soggetto. Per i ragazzi afferenti all’Associazione è stato definito dall’équipe quello che a tutti gli effetti si può definire un Progetto di Vita (PdV) a breve o medio termine (Rebuttini & Rossetti, 2020). Al laboratorio di pasta fresca, elemento cardine dei progetti dell’Associazione, si alternano le attività sulle autonomie individuali: al piano superiore della sede è situata la “palestra delle autonomie” ovvero una vera e propria “casa” per allenare i ragazzi al raggiungimento di un numero sempre maggiore di autonomie personali, con focus particolare allo sviluppo di competenze per la gestione della vita quotidiana. Accanto alle attività laboratoriali e a quelle incentrate sulle autonomie si sono create importanti occasioni, da quelle più individuali a quelle più di gruppo, per lavorare maggiormente sulla comunicazione e sulla socializzazione dei ragazzi che frequentano l’Associazione. In particolare, nell’ultimo periodo è stato possibile ampliare il numero di ore che i ragazzi trascorrono presso la struttura e la qualità delle attività proposte. I progetti ad oggi in corso d’opera sono:

  • Stasera UsciaMo. Uscite serali in gruppo in centro a Modena o nella sede dell’Associazione per permettere ai ragazzi di allenare la propria comunicazione, la partecipazione al gruppo e la condivisione di momenti di vita con i coetanei. In queste occasioni i ragazzi con autismo fanno un pasto tutti insieme e poi trascorrono la serata in compagnia facendo una passeggiata, interagendo tramite giochi di società o facendo il cineforum.
  • Progetto Social Skills Training. Seguendo il manuale Social Skills Training (Bellack, Mueser, Gingerich & Agresta, 2003) gli adolescenti e giovani adulti con autismo imparano le basi della comunicazione interpersonale e si allenano tra loro a emettere un comportamento sociale e comunicativo adeguato alla situazione che si trovano a vivere. Successivamente tali competenze verranno generalizzate all’esterno del gruppo e dell’Associazione.
  • Progetto denaro. I ragazzi insieme al personale imparano il significato dei soldi, il loro valore, imparano a contare e a pagare al supermercato interagendo con il personale dei negozi in cui vengono fatti acquisti. Tale generalizzazione è possibile solo dopo aver acquisito queste abilità mediante simulazioni e role playing.
  • Progetto emozioni. I ragazzi insieme agli operatori del centro stanno seguendo un percorso di alfabetizzazione emotiva, durante il quale imparano a riconoscere le caratteristiche delle emozioni primarie, comprendono quando si attivano nella loro quotidianità e ad esprimerle. Tutto questo viene svolto tramite videochiamate e in un gruppo di 4 ragazzi per volta. L’obiettivo a lungo termine è che imparino a riconoscerle e a gestirle in maniera adeguata e funzionale nella loro quotidianità.

Grazie a questi progetti sono stati notati dall’équipe scientifica e dai famigliari numerosi cambiamenti nei ragazzi; partecipano più volentieri alle attività proposte e manifestano a parole o con il comportamento il piacere di sentirsi parte di un gruppo. Le interazioni e gli scambi comunicativi tra i ragazzi sono aumentati anche durante le sessioni di lavoro laboratoriale, segno del fatto che sta avvenendo la generalizzazione di comportamenti acquisiti in momenti di training strutturato. L’importanza di continuare a proporre a persone con disturbo dello spettro autistico opportunità di crescita, miglioramento e stimolazione è al centro del lavoro dell’Associazione “Tortellante”, allo scopo di trasformare sempre più i punti di debolezza di ciascun ragazzo in punti di forza, aumentando le competenze comunicative e sociali utili a un migliore adattamento e inserimento nella comunità in vista di un futuro anche al di fuori dalle proprie famiglie.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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