L’Associazione di Promozione Sociale ‘Il Tortellante’ di Modena è nata nel 2018 e si pone nello specifico settore di intervento per adolescenti e giovani adulti con Disturbi dello Spettro Autistico.
Alessandro Rebuttini e Martina Rossetti – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena
Autismo
I Disturbi dello Spettro Autistico sono disturbi del neurosviluppo e si originano da una compromissione nel corso dello sviluppo che coinvolge le abilità comunicative, di socializzazione, e sono in generale associati a comportamenti insoliti (ad esempio comportamenti ripetitivi o stereotipati) e a un’alterata capacità di astrazione e di generalizzazione (ISS, 2011). Nel corso degli anni si sono susseguiti numerosi sistemi di classificazione al fine di garantire una migliore nosografia dell’Autismo. Quello più utilizzato negli ultimi anni è il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali nella sua quinta edizione (DSM-5); un ulteriore sistema di classificazione è l’ICD (dall’inglese International Classification of Diseases) nella sua decima edizione, l’undicesima di prossima pubblicazione in Italia. La principale novità di questo sistema nosografico è rappresentata dalla creazione di un’unica grande categoria diagnostica denominata ‘Disturbi dello Spettro Autistico’ entro cui si trovano tutti i quadri sintomatologici e patologici che precedentemente venivano differenziati (APA, 2013). Le principali difficoltà nell’Autismo sono riscontrabili da una parte nell’interazione e nella comunicazione sociale e dall’altra nella presenza di interessi molto ristretti e ripetitivi e di comportamenti stereotipati. In generale viene spesso utilizzato il termine ‘spettro’ per mostrare l’enorme variabilità di quadri sintomatologici che si possono presentare all’interno di questa categoria diagnostica. Troviamo, infatti, alcune forme con individui con maggiori difficoltà cognitive e intellettive, e forme più ad alto funzionamento con capacità intellettive nella norma e superiori, ma ugualmente con grandi difficoltà sociali (Keller, Bari, Aresi, Notaro, Bianco & Pirfo, 2015).
Autismo in età adulta
Negli ultimi 15 anni l’interesse degli studiosi e della società si è rivolto sempre di più verso i Disturbi dello Spettro Autistico negli adolescenti, nei giovani adulti e negli adulti. Sin dall’introduzione del termine ‘Autismo’ (Kanner, 1978) si è pensata a questa come una patologia presente e diagnosticabile principalmente nei bambini. Gli studiosi ora sono concordi che circa il 90% dei bambini con un Disturbo dello Spettro Autistico diventano adulti autistici (Barale et al., 2009). Altri studiosi hanno definito l’Autismo una ‘almost always a lifelong disabling condition’ (Volkmar, Lord, Bailey, Schultz & Klin, 2004) ovvero una condizione di vita che perdura negli anni. Precedentemente il destino delle persone con un Disturbo dello Spettro Autistico in età adulta erano quello dei ‘reparti frenastenici e psicotici’ degli Ospedali Psichiatrici. Attualmente, invece, il rischio per questi individui, è quello di trovarsi con numerosissime altre forme di disabilità in grandi strutture pubbliche o private, dove gli interventi appositamente centrati su questa condizione di vita sono pochi o rarissimi (Barale et al., 2009). Altre persone con un Disturbo dello Spettro Autistico rimangono, invece, nelle proprie famiglie le quali sono ben consapevoli che prima o poi, per difficoltà dei genitori che inevitabilmente invecchiano o per altre questioni, non riusciranno a seguire i figli così come vorrebbero (Mazzone, 2015). Da un punto di vista psicopatologico si evidenzia che dall’adolescenza in poi alcuni comportamenti messi in atto dai soggetti con Autismo possono migliorare in maniera evidente, altri, invece, peggiorare. È importante, infatti, riconoscere che, come le persone a sviluppo tipico, i soggetti autistici incontrano difficoltà nell’adattamento del corpo che cresce, nella sessualità e nelle capacità di comprendere il mondo circostante e di esprimersi (ISS, 2011). Vi può essere contemporaneamente un aumento di situazioni non chiare e che creano tensione che accompagnano la pubertà, e che possono sfociare nella messa in atto di altri e nuovi comportamenti ripetitivi, auto-aggressivi o etero-aggressivi. Diversi studiosi hanno cercato di riassumere i cambiamenti che avvengono in persone con Disturbo dello Spettro Autistico che stanno diventando adulte, e possono essere così riassunti:
- nonostante l’aumentare dell’età la persona con Autismo conserva le caratteristiche tipiche della propria sindrome soprattutto per tutto ciò che riguarda la sfera sociale;
- per la conquista delle autonomie personali gli esiti possono risultare abbastanza limitati;
- la sintomatologia può sembrarsi leggermente attenuare rispetto all’età evolutiva e a quella adolescenziale e si possono evidenziare alcuni elementi che possono condizionare l’evoluzione e che possono essere interpretati come fattori prognostici (Cottini, 2009).
Tutti questi comportamenti messi in atto da persone che hanno un Disturbo dello Spettro Autistico portano inevitabilmente alla creazione di un vuoto sociale attorno a loro e alle loro famiglie (ISS, 2011). Al fine di diminuire queste difficoltà numerosi studiosi sono concordi nel sottolineare l’importanza di interventi mirati e centrati sulle abilità di queste persone (Cottini, Fedeli & Zorzi, 2016). Gli interventi differenziati si rendono necessari a causa dell’enorme eterogeneità dei sintomi dei diversi individui. Vi è, quindi, centralità sia all’interno del dibattito scientifico sia tra le riflessioni più prettamente operative di portare alla predisposizione e alla creazione di sempre più adeguati servizi di supporto (Nardocci, Della Betta & Marchi, 2003). Sempre a causa della vasta varietà della sintomatologia presente si sta sempre più rivelando necessario lo svolgimento di colloqui di gruppo o individuali di tipo psicoeducativo e psicologico per lavorare sulla sintomatologia ansiosa, depressiva o ossessiva compulsiva che si presenta spesso negli individui adulti con maggiori capacità cognitive (Ferri, Candria, & Mezzaluna, 2020). Un esempio recente è rappresentato dallo studio di Nimmo-Smith et al. (2020) nel quale è stato svolto un confronto tra le diagnosi di disturbo d’ansia effettuate in un gruppo (n=4049) di adulti con Autismo con o senza Disabilità Intellettiva e in gruppo di soggetti di controllo (n = 217.645). I ricercatori hanno potuto vedere che nel gruppo sperimentale con soggetti autistici i disturbi d’ansia erano diagnosticati nel 20.1% dei casi mentre nel gruppo di controllo lo erano nel solo 8.7%. I ricercatori sono concordi nell’affermare che i risultati dovranno essere approfonditi nei prossimi studi, ma che si tratti sicuramente di un dato molto interessante per la creazione di percorsi sempre più adeguati per persone con Autismo (Nimmo-Smith et al., 2020).
In Italia come in tutta Europa negli ultimi anni è accresciuta notevolmente l’attenzione e la sensibilità verso le persone con Disturbo dello Spettro Autistico. Questo anche grazie all’operato di numerose associazioni di genitori che si sono riuniti per fare rete e trovare nuove possibilità per i propri figli. Attualmente i percorsi Istituzionali sono molto differenziati da territorio a territorio e mirati maggiormente alla fascia dei bambini o al massimo degli adolescenti. Tuttavia anche dal punto di vista legislativo sono stati fatti tantissimi passi avanti. Ad esempio con la Legge n. 134 del 18 agosto 2015 conosciuta anche come ‘legge sull’Autismo’ che incentiva la creazione di progetti dedicati alla formazione e al sostegno delle famiglie che hanno in carico persone con Disturbo dello Spettro Autistico. Anche la Legge n.112 del 22 giugno 2016, conosciuta come ‘Legge del Dopo di noi’, si concentra sulla disabilità in individui adulti al fine di attivare prese in carico in strutture appositamente attrezzate in vista del venire a meno del sostegno famigliare a causa dell’età e dell’impossibilità dei genitori. L’Istituto Superiore di Sanità nel 2019 ha riunito numerosi esperti di Autismo per la creazione delle nuove Linee Guida Nazionali e, per la prima volta, è stato creato un apposito gruppo di lavoro per l’età adulta.
La Qualità della Vita nei Disturbi dello Spettro Autistico
Il concetto di Qualità della Vita (QdV) è stato definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come la percezione che l’individuo ha della sua vita nel contesto culturale e nel sistema di valori in cui è inserito, in relazione ai propri bisogni, alle aspettative, agli standard e agli interessi individuali (World Health Organization, 1998).
Quello che emerge dalla letteratura è l’importanza di collegare la Qualità della Vita ai bisogni e alle aspettative individuali, e quindi la necessità di non trascurare la dimensione di percezione soggettiva. Occorre quindi prendere sempre in considerazione l’individuo, e le sue abilità necessarie al mantenimento e al miglioramento della propria QdV e anche l’ambiente sociale e culturale in cui è inserito (Cottini, 2009). Data la grande importanza che questo costrutto riveste, in quanto prende in considerazione la persona nella sua interezza, appare di fondamentale importanza considerare il concetto di QdV per la determinazione di politiche pubbliche, la valutazione dei servizi e lo sviluppo di programmi innovativi locali, nazionali e internazionali, volti all’identificazione e realizzazione dei supporti necessari al raggiungimento di bisogni, aspettative, interessi individuali (Schalock et al., 2002). Raggiungere un buon livello di Qualità della Vita è un obiettivo fondamentale e necessario per la vita di tutte le persone, e questo dovrebbe valere anche per chi ha una disabilità, e per le persone con Disturbo dello Spettro Autistico.
L’analisi del costrutto di Qualità della Vita ha fornito una nuova prospettiva nel campo della salute mentale, permettendo di guardare ai problemi delle persone con disabilità, identificando, valutando e sviluppando una serie di servizi e politiche sociali specifiche per queste persone. In questo modo è possibile produrre un cambiamento non soltanto a livello individuale, ma anche sociale con un miglioramento del loro benessere e della loro inclusione nella società.
Tutti, con o senza disabilità, hanno il diritto di raggiungere un buon livello di Qualità della Vita all’interno dell’ambiente in cui sono inseriti (Schalock et al., 2002), ed è questo principio cardine che può guidare la realizzazione di progetti di vita individualizzati per persone con Disturbo dello Spettro Autistico. Per poter arrivare a ciò è necessario riuscire a misurare la QdV della persona con autismo, andando a osservare se alcuni aspetti della loro vita non sono sufficientemente conformi ai bisogni e alle aspettative individuali e, in alcuni casi, anche famigliari. La misurazione diventa elemento indispensabile per l’individuazione di servizi adeguati alle persone con Autismo e la progettazione di specifici interventi. Si possono individuare in letteratura otto domini di Qualità della Vita (Schalock et al., 2002); per ciascuno sono stati poi selezionati una serie di indicatori (percezioni, comportamenti, condizioni) che consentono di definirli dal punto di vista operativo (Croce, Lombardi, & Di Cosimo, 2014). Il benessere fisico consiste nella condizione di buona salute di cui ciascuno gode, grazie a uno stile di vita sano, alla possibilità di ricevere cure e riposarsi in maniera adeguata. Il benessere emozionale si riferisce alla possibilità di sentirsi soddisfatti di sé stessi e della propria vita. Per benessere materiale si fa riferimento alla possibilità di disporre di risorse materiali (quali ad esempio denaro, vestiti, ecc…) e di un proprio spazio all’interno della casa e della comunità in cui si è inseriti. Per Qualità della Vita dell’ambito della autodeterminazione si intende possibilità di compiere scelte, di esprimere i propri bisogni e preferenze ed esserne soddisfatti, usufruendo anche delle opportunità che l’ambiente in cui viviamo ci offre. Lo sviluppo personale consiste nella possibilità di raggiungere una propria personale autonomia in tutti i contesti e per l’intero arco di vita. Per quanto riguarda le relazioni interpersonali ci si riferisce alla possibilità di incontrare e avere momenti di scambio con familiari, amici, e in generale persone che si conoscono. Nell’ambito dell’inclusione sociale si intende la possibilità di sentirsi membro di un gruppo e di una comunità, di non sentirsi esclusi e di essere soddisfatti della possibilità di vivere in pieno il proprio ambiente di vita, sfruttandone ogni elemento. Infine per Qualità della Vita nell’ambito dei diritti si intende la possibilità di sentire tutelati i propri diritti e le proprie necessità grazie anche all’esistenza e al rispetto di norme e leggi adeguate.
Tra le misure del costrutto di Qualità della Vita si può nominare la Personal Outcomes Scale (POS), una scala realizzata da Jos Van Loon, Geert Van Hove, Robert Schalock e Claudia Claes nel 2008 per la misurazione, in adulti con disabilità, degli otto domini (Van Loon, Van Hove, Schalock, & Claes, 2017). Di ciascuno di questi la POS fornisce, dove possibile, due valutazioni: una eterodiretta, attraverso un’intervista rivolta a un caregiver che conosce in maniera approfondita la persona con disabilità, e una autodiretta, rivolgendo le stesse domande direttamente alla persona con disabilità. È una misura degli esiti personali, ovvero del momento di vita attuale della persona con disabilità alla luce dei diversi sostegni che sono stati erogati per il suo progetto di vita. Data la sua peculiare caratteristica nell’individuare aspetti misurabili della qualità della vita di una persona la POS può essere utilizzata anche per la realizzazione di progetti di vita per persone con Disturbo dello Spettro Autistico. Come sottolineato da Roberto Cavagnola, psicologo che lavora presso la Fondazione Sospiro, è importante per l’età adulta progettare specifici percorsi indirizzati al raggiungimento di obiettivi personali e al miglioramento della propria Qualità della Vita (Cavagnola, 2018). Come sottolineato anche dalle Linee Guida 21 dell’Istituto Superiore di Sanità nell’intervento per la persona con Autismo è necessario che ci sia una continuità assistenziale tra i servizi di infanzia/adolescenza ed età adulta al fine di garantire un’assistenza articolata per tutto l’arco di vita (Ferri, Candria, & Mezzaluna, 2020).
Nel progettare interventi volti a un miglioramento della Qualità della Vita di persone adulte con Disturbo dello Spettro Autistico occorre prendere in considerazione anche l’aspetto lavorativo, in quanto elemento che può andare a migliorare molti domini di Qualità della Vita, e aiutare la persona a raggiungere i propri obiettivi di occupazione, integrazione e socializzazione (Montobbio & Navone, 2003). Per mezzo dell’occupazione la persona si realizza, acquista una sua personale identità e migliora anche la propria autostima. Questo percorso può risultare difficoltoso per la persona adulta con Autismo a causa delle caratteristiche psicopatologiche che tale condizione comporta, tuttavia, grazie anche all’aiuto di un personale di riferimento e a un buon progetto individualizzato, possono raggiungere adeguati livelli di autonomia lavorativa ed esecuzione di procedure.
L’esperienza della Associazione ‘Il Tortellante’ di Modena
L’Associazione di Promozione Sociale ‘Il Tortellante’ di Modena è nata nel 2018 e si pone nello specifico settore di intervento per adolescenti e giovani adulti con Autismo, con progetti volti a contrastare e superare le carenze che si manifestano al termine della scuola dell’obbligo, prefiggendosi diversi obiettivi quali: l’avviare percorsi formativi individualizzati per un inserimento lavorativo; il migliorare l’attività in team, anche con persone non formate nell’Autismo; migliorare e arricchire la condizione delle persone con Autismo nella vita adulta e in vista del ‘Dopo di Noi’ ; sostenere le famiglie nella transizione all’età adulta; incentivare e agevolare l’integrazione e l’inclusione delle persone autistiche nella comunità di riferimento; sensibilizzare la comunità sul tema dell’Autismo. ‘Il Tortellante’ coinvolge 25 ragazzi con un’età compresa tra i 15 e i 27 anni ed è prima di tutto un laboratorio terapeutico abilitativo che insegna a giovani e adulti con Disturbi dello Spettro Autistico a stare all’interno di un contesto lavorativo, collaborando con diverse persone, socializzando e producendo pasta fresca fatta a mano. In questo un ruolo fondamentale e cardine è svolto dalle nonne volontarie che sono le vere detentrici della tradizione emiliana del tortellino. L’Associazione unisce propriamente la disabilità e le persone anziane e sole che si riscoprono parte di un gruppo e in grado di dare ancora tanto ai nipoti e agli altri ragazzi. Accanto a questo per ogni ragazzo facente parte dell’Associazione viene realizzato un Progetto di Vita da un’équipe scientifica altamente formata nel campo dell’autismo, supervisionata dal neuropsichiatra e psichiatra Franco Nardocci e guidata dagli psicologi Alessandro Rebuttini e Martina Rossetti. L’Associazione ritiene di fondamentale importanza mettere in piedi programmi di intervento individualizzati con team interdisciplinari di professionisti esperti (psicologi, terapisti occupazionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica, educatori) con il coinvolgimento della famiglia.
Il Progetto di Vita si sviluppa a partire da un’intervista rivolta a genitori e/o agli utenti stessi utilizzando la scala POS con lo scopo di andare a indagare il livello di Qualità della Vita in tutti i suoi otto domini, e stilare una serie di obiettivi specifici e individuali che tengano conto dei bisogni e delle aspettative personali. Una parte consistente viene riservata all’inserimento lavorativo; a partire dalle competenze specifiche di ciascun utente vengono individuate dall’équipe differenti mansioni e obiettivi che vengono svolti e raggiunti attraverso programmi cognitivo comportamentali direttamente orientati dalle strategie della Applied Behavioral Analysis (ABA), strategie di educazione strutturata e di organizzazione dello spazio di derivazione del programma Treatment and Education of Autistic and Communication Handicapped Children (TEACCH) (Schopler & Mesibov, 1995) specifiche per l’età adolescenziale ed adulta.
Il lavoro all’interno del laboratorio viene organizzato con diverse mansioni in base alle capacità di ogni utente per essere svolto in autonomia, o comunque con poco controllo da parte dell’operatore che dovrà andare via via scemando (fading). Il compito dovrebbe essere già conosciuto dal ragazzo, nel caso invece si tratti di una novità vengono predisposti dal personale training di insegnamento di questo attraverso tecniche cognitivo-comportamentali. Dalle prime valutazioni qualitative realizzate si è ricavato che i ragazzi hanno potenziato la propria immagine di sé, aumentato l’autonomia e incrementato diversi aspetti fino ad allora critici (lavorare in team, rispettare le regole, gestire i tempi di attesa, ecc), e anche i riscontri da parte delle famiglie sono stati positivi. Oltre alla POS sono somministrati in maniera periodica le Vineland Adaptive Behavior Scales-II (Sparrow, Cicchetti & Balla, 2005) per la valutazione del comportamento adattivo, la Social Responsiveness Scale (Costantino e Gruber, 2012) per ottenere informazioni sul comportamento sociale reciproco, la comunicazione e i comportamenti ripetitivi e stereotipati caratteristici dei Disturbi dello Spettro Autistico, il Social Communication Questionnaire (Rutter, Bailey, Lord, 2007) per avere dati circa le capacità comunicative, sociali e relazionali, la Childhood Autism Rating Scale Second Edition Standard Version (Schopler, Van Bourgondien, Wellman e Love, 2010) per valutare l’andamento della sintomatologia tipica delle persone con Autismo e, infine, alcuni strumenti per la valutazione dello stress percepito da genitori e famigliari. Se la sede della Associazione al piano terra prevede il laboratorio di pasta fresca, al primo piano è possibile trovare quella che viene definita ‘casa delle autonomie’. La ‘casa’ costituisce un ambiente fisico e affettivo in cui, in una relazione di scambio e con finalità specificamente abilitative e riabilitative, vengono garantite ai ragazzi con autismo opportunità di confronto sul piano comportamentale ed emotivo con percorsi di graduale ‘distacco’ dal nucleo familiare. Questa sarà in una prospettiva futura, una ‘residenza affettiva’ in vista del ‘venire meno del sostegno familiare’. ‘Casa’ anche come luogo di sperimentazione delle autonomie per l’acquisizione delle abilità di vita sociale, in cui cominciare (inizialmente per tempi limitati a weekend prolungati) a prepararsi ad una vita il più possibile autonoma, in cui le attività domestiche (la cura personale, la preparazione dei pasti, la pulizia e la cura degli spazi di vita comune) possano diventare routine insieme con attività ludiche, sportive, del tempo libero, ma anche con responsabilità dirette per l’acquisto dei cibi, degli strumenti e del materiale per la quotidianità della vita della ‘casa’. Si tratta di attività non solo per acquisire competenze ma anche per migliorare quelle capacità comunicative necessarie per esprimere i propri desideri, le proprie preferenze, le proprie scelte.