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Scuola Futuro Lavoro: la prima scuola italiana per ragazzi Asperger. Intervista a Eleonora Boneschi e a Lucio Moderato

Intervista a Eleonora Boneschi e Lucio Moderato sulle caratteristiche della nuova Scuola Futuro Lavoro nata per rispondere ai bisogni di ragazzi Asperger

Di Ilaria Cosimetti

Pubblicato il 09 Giu. 2020

Aggiornato il 25 Mag. 2022 11:28

Lo scorso settembre 2019 Massimo Montini, imprenditore milanese e papà di un ragazzo Asperger, con la sua fondazione Un futuro per l’Asperger, inaugura a Milano Scuola Futuro Lavoro, la prima scuola italiana pensata per chi vive questa condizione di neurodiversità.

 

Abbiamo chiesto a Eleonora Boneschi, Dirigente Coordinamento Scolastico, e a Lucio Moderato, Responsabile Scientifico, direttore dei “Servizi Innovativi per l’autismo” di Fondazione Sacra Famiglia a Cesano Boscone, di parlarci di questo ambizioso progetto.

SOM: Scuola Futuro Lavoro è una realtà unica su tutto il territorio italiano. Perché nasce e perché proprio a Milano?

LM: Questa scuola è in verità unica in tutto il continente europeo e nasce per rispondere ai bisogni degli autistici ad alto funzionamento (Asperger) che dopo i 18 anni non sono più riconosciuti come tali dai servizi. Questo è un errore scientifico di cui ci si comincia ad occupare ma, mancando ad oggi la categoria diagnostica di “autismo adulto”, viene a mancare anche il riconoscimento dei loro specifici bisogni. Accade che la diagnosi di autismo, che accompagna un bambino lungo il suo percorso di sviluppo, garantendogli l’accesso a servizi di supporto, si perda con la maggiore età, sostituita da diagnosi “fritto misto” che non solo non descrivono la loro condizione ma interrompono l’erogazione di opportunità di sostegno, proprio nel momento critico di ingresso nell’età adulta.
I ragazzi autistici ad alto funzionamento, cioè con quoziente intellettivo nella norma o superiore, hanno spesso un ottimo potenziale di sviluppo che merita di essere sostenuto e indirizzato verso un inserimento lavorativo, componente essenziale di un progetto di vita autonoma. Sono infatti spesso abili nell’utilizzo della tecnologia e delle immagini, hanno un pensiero visivo e per questo si è pensato ad una scuola che facesse ampio uso di strumenti tecnologici e immagini per sviluppare le loro attitudini. Nasce a Milano perchè è la città italiana più “europea” ma c’è la speranza di trasferire questa iniziativa anche in altre città.

SOM: Quali sono i requisiti indispensabili per accedere a questa scuola e in che modo viene gestita la selezione dei potenziali alunni?

LM: Il requisito indispensabile è la maggiore età e l’attestazione di frequenza di una Scuola Superiore. La presenza della condizione di “Disturbo dello Spettro Autistico Lieve” non rappresenta un attributo essenziale. Sicuri della ricchezza derivata dalla prospettiva multiculturale, la scuola sceglie infatti di essere fortemente inclusiva assumendo la diversità come modello di identità e favorendo il confronto, la coesione sociale e la permeabilità fra i differenti mondi rappresentati nell’aula scolastica. Il processo di orientamento prevede un colloquio conoscitivo e la somministrazione di un questionario che oltre alle abilità tecniche, logiche e matematiche, indaga anche gli interessi dei candidati e le conoscenze di base delle materie dei corsi in partenza così da permettere l’organizzazione di gruppi classe compatibili ed omogenei.

Lontano dal rappresentare una valutazione psicometrica o diagnostica, il questionario rappresenta solo un primo approccio utile ad orientare l’alunno verso il progetto formativo più idoneo.

Il colloquio iniziale, condotto dalla coordinatrice didattica della scuola affiancata da personale qualificato e specializzato dei Servizi Innovativi per l’Autismo di Fondazione Sacra Famiglia, consente di costruire una sorta di carta d’identità dell’alunno contenente l’indicazione dei suoi punti di forza e delle fragilità insieme a informazioni circa il percorso umano e didattico pregresso.

In questa fase molto spazio viene dato anche al dialogo con la famiglia capace di restituire un quadro ancora più preciso dell’alunno. Lo scambio con la famiglia perdurerà, a seconda delle situazioni e delle necessità, tutto l’anno attraverso la condivisione periodica delle azioni formative volte a salvaguardare la continuità operativa.

L’ARTICOLO CONTINUA DOPO LE IMMAGINI:

Scuola Futuro Lavoro la prima scuola per ragazzi Asperger Intervista Imm 1

Scuola Futuro Lavoro la prima scuola per ragazzi Asperger Intervista Imm 2

Scuola Futuro Lavoro la prima scuola per ragazzi Asperger Intervista Imm 3

 

SOM: Immagino che le caratteristiche dei vostri alunni comportino una metodologia didattica basata sui loro punti di forza e mirata alla promozione delle competenze più deficitarie. Come si traduce questa ambizione in termini pratici?

LM: i ragazzi autistici presentano spesso un profilo sensoriale peculiare. L’ipersensorialità che spesso li caratterizza rende i tradizionali ambienti scolastici troppo disturbanti. In questa scuola l’ambiente fisico è stato progettato per avere il minimo impatto sul sistema sensoriale degli alunni così da ridurre al minimo lo stress che ne deriverebbe e che inciderebbe negativamente sulle possibilità di concentrazione.

Anche l’apprendimento autistico presenta delle caratteristiche peculiari che la scuola rispetta attraverso l’offerta di contenuti che soddisfano i criteri di essenzialità e serialità, senza sacrificare la qualità.

Ovviamente ogni classe ha un basso numero di alunni per permettere le condizioni utili all’apprendimento ed è presente una stanza “di riposo” dove gli alunni possono recarsi ogni volta che si sentono sopraffatti da un eccesso di stimolazione sensoriale.

La promozione delle competenze sociali, spesso deficitarie, è garantita da una didattica che prevede la condivisione di obiettivi all’interno del piccolo gruppo, simulando il lavoro in team presente in molte realtà aziendali.

SOM: La Scuola mostra, già dal suo nome, un grande interesse per l’inserimento lavorativo dei suoi alunni. In che modo questo obiettivo si traduce nella quotidianità della vita scolastica?

EB: Lontano dall’adottare una didattica statica basata su lezioni frontali, la classe viene vissuta come una comunità di pratica, dove ognuno svolge un ruolo attivo per contribuire alla costruzione dell’apprendimento.

Viene posta molta attenzione alla creazione di un clima positivo e adeguato al lavoro cooperativo.

Distinguendosi dall’insegnamento individualistico o competitivo, il cooperative learning fa sì che gli alunni lavorino in gruppo, sentendosi reciprocamente corresponsabili dell’esito di un progetto e incoraggiandone fortemente l’interdipendenza positiva.

Oltre a migliorare le abilità sociali, tale metodologia di insegnamento promuove un’interazione costruttiva e incoraggia ad esercitare quelle capacità sociali specifiche e necessarie nei rapporti interpersonali all’interno di un piccolo gruppo.

In questo modo ci si avvicina fortemente alla simulazione delle dinamiche lavorative, dove ognuno deve dimostrare buone abilità interpersonali indispensabili per sviluppare e mantenere un livello di cooperazione qualitativamente alto.

Viene inoltre pianificata l’erogazione di corsi integrativi tesi a migliorare le soft skills tanto ricercate in ambito lavorativo: autonomia, capacità di organizzazione, adattabilità.

La parte conclusiva di ogni corso è dedicata a ciò che viene definito “Workshop di sintesi”, durante il quale lo studente è impegnato nell’elaborazione di un progetto finale capace di tradurre la complessità delle competenze acquisite durante il percorso didattico. L’espressione del Workshop suddetto è un progetto apprezzabile, tangibile e funzionante che gli studenti possono includere nel personale portfolio formativo.

SOM: L’Asperger è una condizione poco nota nel mondo del lavoro e rischia forse di essere ridotta a pregiudizi che rendono difficile l’inserimento lavorativo anche di quei ragazzi autistici in possesso di ottime competenze “tecniche”. In che modo cercate di diffondere una buona cultura dell’autismo nel mondo delle aziende con cui collaborate per renderle davvero inclusive?

LM: offrire supporto ad un autistico “costa” circa 1000000 di euro fino alla maggiore età, un investimento enorme di risorse economiche che rischia di essere a fondo perduto se le competenze apprese non si traducono in possibilità di autonomia e capacità lavorativa.

Un adulto in un centro diurno costa inoltre circa 100 euro al giorno, mentre un autistico che lavora produce reddito e paga le tasse.

Queste sono considerazioni puramente economiche che si aggiungono all’importanza per ogni adulto di riconoscersi capace di badare a se stesso e di sentirsi valorizzato nell’espressione delle proprie specificità.

È ovviamente importante che le aziende che accolgono un lavoratore autistico conoscano le caratteristiche di questa condizione e si adoperino per garantire un ambiente di lavoro che faciliti la loro produttività nell’interesse di tutti. È quindi importante che i colleghi neurotipici mantengano un appropriato distanziamento sociale e si sforzino di parlare in modo chiaro ed essenziale.

La scuola ovviamente si fa carico di promuovere il compromesso culturale tra lavoratore autistico ed azienda, traducendo per esempio l’intero ciclo produttivo in un algoritmo in immagini così da rendere comprensibile il compito lavorativo a lui richiesto.

Non è escluso che qualche criticità possa emergere con il tempo, pertanto la Scuola offre un supporto online alle aziende per aiutarle ad affrontare qualsiasi problematica che possa minare l’integrazione lavorativa.

SOM: Come si concretizza il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro per gli alunni?

LM: la Scuola ha già creato una rete utile a garantire un collegamento stretto tra formazione e mondo del lavoro: sono attive collaborazioni con università, centri di ricerca e con la Fondazione Adecco per le Pari Opportunità.
Una buona garanzia di riuscita di inserimento lavorativo è data da un accurato bilancio delle competenze dell’alunno, che poi verranno confrontate con le richieste dell’azienda al fine di trovare “il posto giusto per la persona giusta” prima della fine del percorso di formazione. Questa tempistica permette di adattare la didattica alle richieste specifiche del mondo del lavoro e di personalizzare ulteriormente il percorso di crescita del ragazzo.

 

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