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A testa alta – La Tête haute (2015) di Emmanuelle Bercot – Recensione del film

Il film A testa alta racconta la storia di Malony, sguardo tagliente, testa bassa e cappuccio, un ragazzo con numerosi problemi scolastici e giudiziari

Di Laura Zagarese

Pubblicato il 06 Apr. 2021

A testa alta è stato film d’apertura del sessantottesimo festival di Cannes 2015, vincitore dei premi Cesar 2016 come miglior attore esordiente, promessa maschile, per l’interpretazione del giovanissimo Rod Paradot (Malony), e come migliore attore non protagonista per il lavoro di Benoît Magimel (Yaan).

 

Il film sincero, forte e reale, è il racconto di un giovane adolescente in un difficile e travagliato processo di crescita. Espressione critica della società moderna che spesso isola e abbandona una minoranza, tema che si lega alla condotta oppositiva-provocatoria del giovane Malony, il quale solo attraverso la perseveranza delle diverse figure educative riuscirà a riscattarsi.

La storia

In seguito ad una segnalazione scolastica ed ai continui rifiuti dei solleciti degli assistenti sociali, la signora Ferrando è stata convocata presso l’ufficio del giudice dei minori Florence. Malony ha 6 anni, è descritto dalla madre come un vero demonio: “un vero terremoto, sempre pronto a fare casini”. Proprio quel giorno, in quella stessa stanza, verrà abbandonato dalla madre.

Il piccolo è figlio di un padre assente e di una giovane donna, la signora Ferrando, con problemi di droga ed estremamente diffidente con le figure degli assistenti sociali e assistenziali, ma unica potenziale figura genitoriale. È con questa scena che il film si apre, ed è da questo momento che la vita di Malony esplode e incespica ogni anno sempre di più, in un turbinio di continui affidi tra famiglie e strutture educative.

Dieci anni dopo, il giovane Malony, sguardo tagliente, testa bassa e cappuccio, è un ragazzo con numerosi problemi scolastici e giudiziari, conosciuto nel quartiere per piccoli furti d’auto e maltrattamenti. A seguito dei numerosi controlli giudiziari associati ad una condotta guidata da continui esplosioni di rabbia, M. sarà inserito in diversi centri passando da strutture educative a centri dententivi chiusi. Lungo il suo percorso per due anni sarà affidato ad un educatore, Yaan, giovane assistente sociale contraddistinto a sua volta da una personale  infanzia difficile. Attraverso il continuo e spesso burrascoso confronto con Yaan e la giudice Florence, e mediante la conoscenza di nuove amicizie come la giovane Tess, sarà possibile indagare i tratti della personalità di Malony e i suoi cambiamenti durante il suo percorso di crescita. Nel film emerge come il ragazzo sia sofferente e insicuro, condizionato dai sensi di colpa e dal rimorso. Una figura controversa caratterizzata da persistenti temi come la mancanza dell’amor proprio e l’abbandono interpersonale.

Dunque, sebbene incapace di esprimere e gestire le proprie emozioni come rabbia, frustrazione, paura e odio, si dimostrerà anche un adolescente spaventato, sensibile e motivato al cambiamento, pronto a diventare adulto e responsabile.

Malony e il ruolo della società

Mediante la sua sceneggiatura e l’interpretazione del giovanissimo Rod Paradot (Malony), la Bercot offre un ritratto realistico della condizione che vivono diversi “ragazzi difficili”, sottolineando da un lato la fatica e l’impegno in prima persona che tale percorso di maturazione richiede, e dall’altro lato la criticità che talvolta si manifesta in coloro che dovrebbero sostenerlo. In quest’ultimo caso infatti, sembra che qualche volta le stesse figure di adulti che sono chiamate a prendere parte al percorso educativo mettano in discussione l’utilità ed i benefici propri di esso stesso. Ne è un esempio la scena in cui Malony all’età di 16 anni viene affidato ad una prima figura educativa, un uomo probabilmente disilluso, stanco e distaccato che con la sua modalità d’interazione scatena la rabbia e la frustrazione del giovane protagonista, alimentando la sua diffidenza per le istituzioni.

È quindi di fronte a queste scene che gli spettatori, empatizzando facilmente con il ragazzo, possono  interrogarsi  e focalizzarsi su alcuni temi: da cosa scaturiscono il disturbo di condotta e i pattern oppositivi provocatori che il protagonista manifesta? Qual è il ruolo dell’ambiente e delle figure che rappresentano l’autorità? In che modo la strutturazione dell’odierna società può aver influenzato ed acutizzato tale condizione di totale sfiducia nelle istituzioni e nella giustizia di una fetta della popolazione?

Disturbo oppositivo provocatorio?

Dal punto di vista puramente scientifico e psicopatologico all’interno del DSM-5, l’American Association definisce i disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta (capitolo nel quale è racchiuso il disturbo oppositivo-provocatorio) come delle condizioni che comportano difficoltà nell’autoregolazione emotiva e comportamentale.

“Anche altri disturbi del DSM5 possono comportare problemi nella regolazione emotiva e/o comportamentale, ma i disturbi di questo capitolo sono i soli che violano i diritti degli altri (aggressioni/distruzione della proprietà), e/o mettono l’individuo in contrasto significativo con norme sociali e la figura dell’autorità”.

Sebbene questi vari disturbi riguardino delle problematicità nella gestione delle proprie emozioni e dei comportamenti, le cause variano in relazione al singolo disturbo. Infatti, sulla base dell’enfasi riposta maggiormente sui problemi emotivi o su quelli comportamentali, il disturbo oppositivo provocatorio si inserisce in un livello intermedio tra un totale discontrollo emotivo alla base del disturbo esplosivo intermittente e un discontrollo comportamentale proprio del disturbo della condotta. Nello specifico, come evidente nell’atteggiamento di Malony nei confronti della madre, del giudice, degli educatori e più in generale delle figure che rappresentano l’autorità, il disturbo oppositivo provocatorio è caratterizzato da un pattern di sintomi che si manifestano nelle relazioni interpersonali problematiche ed è associato al disagio delle altre persone nel suo contesto sociale familiare, scolastico, lavorativo. Da un lato vi è un umore collerico, irritabile, in cui le persone sono irascibili, permalose, arrabbiate, adirate. Dall’altro lato vi è una condotta polemica/provocatoria o vendicativa, in cui l’individuo litiga spesso, contraddice o sfida attivamente le richieste delle figure che rappresentano un’autorità. Inoltre, provoca gli altri e li irrita accusandoli della propria cattiva condotta o dei propri errori.

Questo disturbo, così come più in generale quelli presenti in questo capitolo del DSM5, si manifesta più comunemente durante l’infanzia/adolescenza. Poiché riguardano comportamenti che possono essere associati normalmente ad una fase evolutiva, è necessario che tali condotte siano valutate clinicamente per la loro persistenza e gravità in base a ciò che è ritenuto di norma per l’età, il genere e la cultura dell’individuo. Persone con tale disturbo spesso egosintonicamente non riconoscono di essere arrabbiati, sfidanti, provocatori, oppositivi e dunque, come Malony nello scontro fisico con l’educatore Yaan, giustificano la loro condotta come la conseguenza di una richiesta irragionevole.

Come sottolineato nel DSM-5 dunque clinicamente si potrebbe provare difficoltà nel differenziare in che modo  e quale sia il contributo del ragazzo all’interno della relazione problematica:

“Per esempio, i bambini con disturbo oppositivo provocatorio possono aver sperimentato una storia di genitorialità ostile e spesso è impossibile determinare se il comportamento del bambino ha fatto sì che i genitori abbiano agito nei confronti del figlio in modo maggiormente ostile, se l’ostilità dei genitori ha portato al comportamento problematico del bambino o se vi è una combinazione di entrambe le cose”.

Dal punto di vista epidemiologico infatti il disturbo sembra manifestarsi principalmente in bambini e adolescenti segnati da un’infanzia difficile, ambienti familiari di incuria, in cui l’accudimento dell’individuo è affidato ad un susseguirsi di diversi cambi di caregiver e da pratiche educative rigide, incoerenti, negligenti. Tale problematica potrebbe sfociare in un disturbo della condotta, in cui i comportamenti sono contraddistinti da una gravità maggiore e comprendono maltrattamenti e aggressioni a persone e animali, distruzione della proprietà e furto o frode.

Il plausibile paradosso con la società

Non è chiaro se le specifiche cause delle difficoltà e dei problemi di condotta che contraddistinguono Malony siano maggiormente legate ad un fattore temperamentale o a quello ambientale. Più in generale però il tema del rifiuto della maternità e l’abbandono che il ragazzo vive, tendono a triangolare il rapporto tra lui, la madre e la giudice Florence. Figura, quest’ultima che abbandonerà gradualmente i suoi tratti più severi per mostrare un affetto istintivo e quasi materno, andando a colmare, almeno istituzionalmente, la figura assente della madre.

Come Bercot sottolinea e snoda nei diversi discorsi con gli altri ospiti delle strutture residenziali che Malony incontrerà nel suo tragitto, il suo comportamento e le esplosioni di rabbia non sono solo sintomo di una frustrazione di un malessere personale, associati ad un evento specifico, ma racchiudono e si intersecano anche ad un senso di esasperazione e di impotenza, condizione condivisa tra i “ragazzi selvaggi” figli di periferia. Attraverso i continui richiami tipicamente connessi alla cultura cinematografica francese, come l’apertura al ritmo della canzone “nique la police” manifesto del film l’Haine di Mathieu Kassovitz (1995), il film permette di ragionare su diversi aspetti problematici della società, comuni non solo alle periferie francesi (le banlieue).

Emergono dunque temi di rabbia, ingiustizia e sfiducia nelle istituzioni spesso vissute come repressive, tipici di una minoranza della società. Paradossalmente però, tale critica sociale, di sfiducia e rassegnazione nel senso di giustizia, potrebbe rischiare di alimentare la propria condizione in una forma di autoisolamento, attraverso l’opposizione o il rifiuto di qualsiasi forma di aiuto da parte delle istituzioni, come un serpente che si morde la coda.

Il riscatto individuale

Infine, la svolta costruttiva, il cambiamento che emerge dal momento in cui Malony ha “afferrato la mano” della giudice Florence. Il ragazzo si è affidato a lei e allo spirito umano, collaborativo e positivo degli educatori che lo hanno sostenuto ed hanno creduto in un possibile cambiamento. È da qui che si manifesterà la possibilità di una riabilitazione attraverso l’accettazione del proprio passato e delle proprie potenzialità, mediante l’edificazione di progetti di vita sempre più complessi che gli permetteranno di maturare e vivere la propria crescita personale, pronto finalmente ad uscire a testa alta dalla stessa stanza di tribunale.

 

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