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Dalla teoria alla clinica: il rimuginio e la ruminazione ai tempi del Covid-19

Rimuginio e ruminazione non sono solo conseguenza della presenza di stress relativo al COVID-19, ma anche dei catalizzatori delle conseguenze stressanti

Di Luisa Caponi, Nicolò Bianchi

Pubblicato il 16 Apr. 2021

La pandemia (e i suoi fattori correlati) sta causando non pochi problemi di salute mentale, tra cui stress, ansia e sintomi depressivi. L’aumento di disturbi d’ansia e depressione si porta inevitabilmente dietro anche processi mentali che sappiamo essere in forte associazione con essi: rimuginio e ruminazione

 

Durante questo difficile periodo di emergenza sanitaria da Covid-19, in cui le persone hanno imparato ad utilizzare dai media termini come “Tampone”, “Asintomatico” o “Quarantena”, è facile pensare a come la pandemia mondiale abbia colpito e manifestato i suoi effetti non solo nel fisico delle persone affette dal virus ma anche nella mente di ciascuno di noi. La riorganizzazione della nostra quotidianità, del nostro lavoro e dei rapporti con gli altri, possono essere vissute in modo fortemente ansiogeno anche da un soggetto non incline alla sofferenza psicologica. Ora siamo in grado di dire che la pandemia (e i suoi fattori correlati) stia causando non pochi problemi di salute mentale sia negli operatori sanitari che nelle persone comuni: le evidenze ad oggi registrate comprendono stress, ansia e sintomi depressivi (De Nardin, 2020).

L’aumento di disturbi d’ansia e depressione si porta inevitabilmente dietro anche processi mentali che sappiamo essere in forte associazione con essi: il rimuginio (associato al disturbo d’ansia generalizzato) e la ruminazione (associato ai sintomi depressivi) (Sassaroli, & Ruggiero, 2003; Broderick & Korteland, 2004).

Rimuginio

Il rimuginio è uno stile di pensiero tipico dei soggetti ansiosi ma non esclusivo di questa categoria, di per sé non è patologico ed infatti tutte le persone rimuginano. È caratterizzato dalla costante autoripetizione di pensieri negativi e catastrofici, solitamente di natura verbale, che hanno come oggetto situazioni, eventi o cose che il soggetto percepisce come altamente minacciosi (Borkovec, 1998; Molina et Al., 1998; Williams et Al., 1997; Borkovec, 1990). Spesso la minaccia viene rappresentata dal soggetto come indefinita, povera di dettagli e di dinamicità ma comunque capace di sferrare un attacco catastrofico ed irreversibile (Williams et al., 1997). È proprio questa mancanza di dettagli nella rappresentazione della minaccia che potrebbe far sì che il virus, spesso definito anche come “nemico invisibile”, si presti molto bene ad essere oggetto dei pensieri rimuginatori delle persone.

Il rimuginio (worry in inglese) ha comunque una sua funzione adattiva: razionalizza la minaccia andando a ridurre l’ansia per la stessa e ponendo il soggetto ruminatore in uno stato di semi-allerta utile per affrontare la situazione temuta. Al contempo il rimuginio può possedere una valenza maladattiva poiché, a lungo andare, l’inibizione protratta della processazione emozionale determina una persistenza delle stesse emozioni sgradevoli (Sassaroli & Ruggiero, 2003). Questo può aiutarci a discriminare un soggetto ruminatore normale da uno patologico, in cui le predizioni catastrofiche persistono ripetutamente, per più tempo e senza mai trovare una strategia di intervento utile alla soluzione del problema (Sassaroli & Ruggiero, 2003). Il soggetto ansioso tende anche ad attribuire delle funzioni negative e/o positive al proprio rimuginare. Borckovec, in uno studio del 1998, ha descritto molto bene lo scopo che i pazienti attribuiscono al loro rimuginio. Emerge come spesso questi credano che il rimuginio li possa aiutare a trovare soluzioni al problema, a ridurre gli stati ansiosi che la minaccia causa in loro o che li possa aiutare nel prepararsi alla sopportazione della situazione temuta (nel caso in cui dovesse effettivamente verificarsi) e così non soffrirne troppo, proprio come in una sorta di palestra mentale (Borkovec et al 1998).

Ruminazione

La ruminazione è molto simile, ma non combacia perfettamente con il rimuginio. Nonostante le similitudini, il rimuginio sembra essere caratterizzato dall’immaginare pericoli e minacce riferite ad un tempo futuro mentre la ruminazione appare maggiormente duratura ed orientata a comprendere le cause stesse del proprio malessere e dei propri stati d’animo passati e presenti (Papageorgius & Wells, 2004). La ruminazione è caratterizzata da una catena di pensieri e quesiti che la persona inizia a porre a se stessa in risposta ad uno stato emotivo negativo esperito che spesso provoca o ha provocato sofferenza. Ne sono un esempio domande del tipo: perché è successo proprio a me? Perché mi sento così triste? Perché reagisco sempre in questo modo? Tali forme di pensiero possono essere causa della comparsa di sintomi depressivi e del loro mantenimento (Broderick & Korteland, 2004). La ruminazione viene definita come un fattore transdiagnostico riscontrabile in numerosi disturbi psichiatrici: disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbi trauma-correlati ed ovviamente depressione (Birrer & Michael, 2011; McLaughlin & Noel-Hoekesma, 2011).

Anche la ruminazione, come il rimuginio, rappresenta un tentativo di controllo delle emozioni negative che porta inevitabilmente a peggiorare lo stato d’animo negativo già presente. È inoltre possibile che la ruminazione possa andare a distorcere, in termini negativi, la percezione stessa dell’oggetto del pensiero ruminatorio e di se stessi (Wells, 2009).

Spesso la ruminazione può riportare alla mente sentimenti che provocano rabbia nel soggetto, questa tipologia viene definita “ruminazione rabbiosa”; ha la caratteristica di focalizzare l’attenzione del soggetto su cause e conseguenze dell’evento passato aumentando l’attivazione emotiva negativa e la probabilità di rispondere con comportamenti aggressivi (Bushman et al., 2005; Denson et al., 2012; Pedersen et al., 2011; Anestis et al., 2009).

Come è stato precedentemente accennato, in questi mesi di quarantena era possibile che le persone sviluppassero sintomi ansiosi e depressivi alla cui radice risiedono i processi di cui abbiamo parlato. Attraverso la letteratura scientifica, che attualmente è ancora molto scarsa, andiamo ad analizzare come si sono presentati il rimuginio e la ruminazione durante il periodo di allerta a causa del COVID-19.

Lo studio di Ye et al., (2020), condotto su una popolazione di giovani studenti cinesi, ha proposto un modello per analizzare come fattori di stress relativi al COVID-19 generassero conseguenze stressanti nelle persone e hanno ipotizzato che questa relazione fosse mediata dalla ruminazione.

È emerso che la ruminazione non è solo la conseguenza della presenza di fattori di stress relativi al COVID-19, ma anche un parziale catalizzatore delle conseguenze stressanti.

Covid-19, ruminazione e stress

Analizziamo per gradi la relazione tra fattori stressanti relativi al covid-19, ruminazione e conseguenze stressanti.

Per quanto riguarda la prima parte (fattori di stress relativi al COVID-19 – ruminazione) è emerso che gli stressor hanno causato la messa in atto di meccanismi di ruminazione. Questo risultato è in linea con quanto già sappiamo sulla ruminazione, cioè che essa è mutevole in risposta a eventi di vista stressanti. Fattori di stress e fattori incontrollabili possono creare nelle persone una dissonanza tra lo stato obiettivo di realtà e lo stato ideale che li porta a ruminare. Infatti, coloro che non hanno buone strategie per gestire le emozioni possono essere suscettibili ad una improvvisa mancanza di controllo sul proprio ambiente, e questo è quanto accaduto durante il COVID-19.

Per la seconda parte della relazione (ruminazione – conseguenze stressanti) è stato evidenziato che la ruminazione era associata a maggiori conseguenze stressanti. Ovvero, impegnarsi nella ruminazione portava gli studenti a ritrovarsi in un circolo di emozioni e pensieri negativi rendendoli così più vulnerabili a conseguenze stressanti come l’ansia, una peggiore qualità del sonno e la depressione. Allo stesso tempo è stato evidenziato che i fattori di stress sono rimasti significativi predittori delle conseguenze stressanti anche dopo aver tenuto sotto controllo la ruminazione.

Sun et al., (2020) hanno preso in esame l’esperienza psicologica dei pazienti ospedalizzati. Attraverso interviste telefoniche o mediate dal computer, i ricercatori hanno messo in luce che le reazioni del corpo e della mente di questi pazienti includevano risposte dipendenti dallo stato di malattia, eccessiva attenzione ai sintomi, ruminazione, cambiamenti della dieta, del sonno e del comportamento. Per quanto riguarda la ruminazione, è emerso che la metà dei pazienti mostrava un comportamento di ruminazione, accompagnato da paura e senso di colpa. La ruminazione iniziava ripensando alle scene precedenti e successive al ricovero con particolare attenzione ai contatti interpersonali che avevano prima di ammalarsi, all’arrivo dei sintomi, all’ingresso e al ricovero in ospedale.

Un altro studio degno di nota è stato condotto nel Regno Unito con il fine di indagare l’impatto del COVID-19 sulla salute mentale e cognitiva della popolazione. Il campione era composto da donne con tumore al seno, le quali hanno subito conseguenze emotive legate al COVID-19 particolarmente negative. È infatti accaduto che nel Regno Unito, a causa dell’emergenza coronavirus, il servizio sanitario nazionale abbia deciso di interrompere i servizi a disposizione delle pazienti oncologiche per dedicare queste risorse alla cura dei pazienti malati di coronavirus; alle signore è stata anche recapitata una lettera da parte del governo in cui c’era scritto che avrebbero dovuto proteggersi evitando situazioni sociali per dodici settimane.

Dai risultati è emerso come l’interruzione dei servizi oncologici abbia causato un livello più elevato di ansia e depressione e una maggiore vulnerabilità emotiva correlata al coronavirus. Inoltre, le pazienti che avevano ricevuto la lettera hanno riportato ai questionari, di percepire un funzionamento cognitivo peggiore. Clinicamente questo significa che le conseguenze indirette del COVID-19 che queste signore hanno vissuto, hanno portato ad esiti peggiori a livello di salute mentale e cognitiva.

Nel valutare l’impatto della vulnerabilità emotiva al COVID-19 su ansia, depressione e percezione del funzionamento cognitivo sono stati considerati anche il rimuginio e la ruminazione. In accordo con le basi teoriche di riferimento, è emerso che il rimuginio e la ruminazione sono predittori significativi rispettivamente di ansia e depressione. Dalle analisi statistiche infatti si può ben vedere che analizzando l’impatto del COVID-19 su ansia e depressione, i soli fattori demografici e clinici (grado di istruzione, la gravità della malattia, lo stato del trattamento, l’età al momento della diagnosi, il tempo trascorso dalla diagnosi e la comorbilità con altri problemi di salute) da soli erano in grado di predire dal 3% al 7% della variabilità dell’ansia e della depressione; quando invece venivano considerati nell’ANOVA anche il rimuginio e la ruminazione, la percentuale di varianza spiegata saliva significativamente. Queste evidenze rappresentano un’ulteriore prova del fatto che il rimuginio e la ruminazione sono predittori e componenti fondamentali dell’ansia e della depressione.

L’ultimo studio presente in letteratura è stato condotto da Simor et al. (2020) con l’obiettivo di indagare in modo prospettico le associazioni tra la qualità soggettiva del sonno e la salute psicologica nel contesto del confinamento domestico a causa della pandemia. La caratteristica importante di questo studio è il fatto che esso ha un disegno longitudinale, ovvero i medesimi individui sono stati intervistati due volte al giorno per 15 giorni durante il lockdown circa la qualità del sonno e le esperienze psicologiche negative.

Dai risultati è emerso che i rapporti giornalieri sul numero di decessi che venivano comunicati ai cittadini erano in grado di predire un aumento dell’umore negativo dei soggetti, esperienze psicotiche e disturbi somatici con sintomi simili a quelli del coronavirus durante lo stesso giorno e una qualità del sonno peggiore la notte successiva. A sua volta, e questo è particolarmente importante ai fini di questo articolo, la peggiore qualità del sonno era associata alla ruminazione diurna il giorno successivo. Questa relazione è di tipo unidirezionale, perché, se da un lato è vero che la riduzione della qualità del sonno durante la notte, predice una maggiore ruminazione il giorno successivo, dall’altro la ruminazione diurna non fa diminuire la qualità del sonno la notte successiva.

Per concludere possiamo affermare che, se eventi stressanti sono in grado di elicitare cofattori di ansia e depressione quali rimuguino e ruminazione, l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo può benissimo essere etichettata come fattore di rischio per la salute ed il benessere psicologico delle persone. È infatti possibile che all’aumento di situazioni stressanti dovute alla pandemia si rifletta anche un egual aumento di strategie cognitive volte al controllo dell’ansia che esse generano (e che gli individui mettono in atto credendo così di proteggersi dagli stati emotivi spiacevoli).

 

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