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Il ruolo delle metacognizioni nelle dipendenze

Le metacognizioni determinano l’attivazione di pensieri e stili di coping disfunzionali che generano e mantengono i disturbi psicologici come le dipendenze

Di Nicolò Bianchi, Luisa Caponi

Pubblicato il 23 Apr. 2021

Grazie al lavoro di Adrian Wells e i suoi collaboratori si è iniziato a studiare il ruolo delle metacognizioni in relazione ai disturbi psicologici, in particolare nell’eziologia e nel mantenimento.

 

Le metacognizioni

Esse sono definite come le cognizioni applicate alle cognizioni o pensieri sul pensiero, ed hanno per oggetto processi e strategie cognitive. In altri termini, sono le conoscenze e i processi cognitivi coinvolti nella valutazione, nel monitoraggio e nella regolazione del pensiero (Flavell, 1979).

Delle metacognizioni si possono distinguere due differenti aspetti: la conoscenza metacognitiva o credenze metacognitive e la regolazione metacognitiva (Flavell, 1979; Wells, 2000). La prima si riferisce alle informazioni che gli individui detengono circa i propri stati interni e i processi cognitivi e le strategie di coping per modificarli. La regolazione cognitiva invece fa riferimento al modo in cui le persone fanno una valutazione della situazione in cui si trovano e delle sensazioni riguardo la propria condizione mentale, si riferisce anche alle funzioni esecutive come il monitoraggio, l’attenzione, il controllo e il rilevamento di errori durante la performance (Wells, 2000).

Un altro aspetto chiave sono le strategie metacognitive, ovvero strategie di controllo e di modifica dei propri pensieri, che le persone mettono in atto per raggiungere un’autoregolazione cognitiva ed emotiva. Queste strategie si riflettono sull’attività cognitiva, che può essere modificata, intensificata e bloccata; hanno anche l’obiettivo di alterare alcuni aspetti della cognizione per ridurre i pensieri e le emozioni negative.

Strategie, esperienze metacognitive e conoscenze metacognitive operano congiuntamente nei disturbi psicologici.

Grazie al lavoro di Adrian Wells e i suoi collaboratori si è iniziato a studiare le metacognizioni in relazione ai disturbi psicologici, in particolare il loro ruolo nell’eziologia e nel mantenimento. Wells e Mattews (1996) hanno proposto il modello Self-Regulatory Executive Function (S-REF) ovvero il modello della funzione autoregolatoria, così chiamato perché descrive i fattori cognitivi e metacognitivi che sono coinvolti nel controllo e nel mantenimento dei disturbi emotivi.

Secondo questo modello le credenze metacognitive, o metacognizioni, determinano l’attivazione di pensieri e stili di coping disfunzionali che a loro volta generano e mantengono i disturbi psicologici. Alcuni di questi sono: stili di pensiero perseverativi come il rimuginio, comportamenti di coping come l’evitamento, ma anche strategie attentive di ipermonitoraggio e comportamenti di sicurezza che ostacolano esperienze in grado di modificare adattivamente le credenze problematiche. Tutti insieme, questi stili di coping vengono chiamati Sindrome Cognitiva Attentiva (CAS; Wells, 2000, 2013; Wells e Mattews, 1994) e rappresentano il nucleo di pensiero centrale nei disturbi psicologici.

La CAS si manifesta con uno stile di pensiero perseverante, con fenomeni di ruminazione, preoccupazione, focalizzazione dell’attenzione su strategie di coping e di autoregolazione disfunzionali. Questo fa sì che l’emozione negativa iniziale, invece che essere fronteggiata in maniera adattiva, si mantenga e che le idee negative del soggetto si rinforzino. Un esempio ideale per capire come opera la CAS può essere riscontrato nel funzionamento del Disturbo di Panico. Un attacco di panico può essere un evento abbastanza comune nella vita delle persone ma nel momento in cui il soggetto continua a preoccuparsi per possibili attacchi futuri, ottiene l’effetto di aumentare e prolungare lo stato di ansia. A questo concorre anche il fatto che egli cercherà di monitorare costantemente le proprie sensazioni corporee e tutto ciò faciliterà il ripresentarsi di attacchi di panico. Questo è ciò che accade nelle persone inclini ad attivare il pattern di risposta cognitivo-attentivo (Wells, 2011).

Il modello della funzione autoregolatoria sostiene che: (i) la CAS derivi da credenze di natura metacognitiva sottostanti piuttosto che da credenze su sé o sul mondo, (ii) l’attivazione della CAS mantenga e rinforzi le emozioni negative e che (iii) sia responsabile del mantenimento di un persistente senso di minaccia e di un’idea di sé negativa.

Le metacognizioni nelle dipendenze

Nel campo delle dipendenze molti studiosi (ad esempio Casale, Rugai, & Fioravanti, 2018; Caselli et al., 2018; Spada, Moneta, & Wells, 2007) hanno cercato di indagare il legame tra le metacognizioni e il comportamento dipendente, questo è stato fatto sia per le dipendenze comportamentali (gambling, uso problematico di Internet, uso problematico dei social network e gioco online) che nell’ambito delle dipendenze correlate ad uso di sostanze nel quale sono state studiate relativamente all’uso di alcool e al fumo.

Una review di Hammoniere e Varescon (2018) ha sottolineato come due tipologie di metacognizioni sono implicate nelle dipendenze comportamentali. Partendo dal fatto che della conoscenza metacognitiva si possono distinguere due aspetti, conoscenza della cognizione e conoscenza dei processi che regolano la cognizione, hanno distinto:

  • Metacognizioni generali circa esperienze cognitivo-affettive. È emersa un’associazione positiva tra questa tipologia di metacognizioni e alcune dipendenze comportamentali come l’uso di alcool e di nicotina, il gambling e l’uso problematico di Internet. In particolare, le credenze circa il bisogno di controllare i pensieri sono il miglior predittore della gravità della dipendenza.
  • Metacognizioni specifiche relative a strategie cognitivo-affettive. Autoregolatorie nei comportamenti che creano dipendenza, ne sono un esempio le strategie per regolare o controllare la cognizione (memoria, attenzione, pensiero) e le emozioni. In questa categoria sono state distinte metacognizioni positive e negative e sono state confermate per l’uso di alcol, di nicotina, nel gambling, nei giochi online e nell’uso problematico dei social media online.

Le metacognizioni positive fanno riferimento alle conseguenze positive (sulla regolazione emotiva e cognitiva) che si pensa possano derivare dal mettere in atto un comportamento.

Esempi di metacognizioni che influenzano la regolazione emotiva sono: “l’alcol mi aiuta a ridurre l’ansia”, “le sigarette mi aiutano a rilassarmi”, “il gioco d’azzardo mi aiuta quando mi sento depresso”. Esempi di quelle che influenzano la regolazione cognitiva sono: “fumare mi aiuta ad essere più concentrato”, “l’alcol mi permette di ridurre la ruminazione”, “il gioco d’azzardo mi aiuta a pensare a qualcos’altro” (Nikčević et al., 2017). La letteratura evidenzia che le metacognizioni positive sono implicate nella fase iniziale del comportamento problematico in quanto motivano l’individuo a intraprenderlo e portarlo avanti (Spada, Caselli, Nikčević & Wells, 2015).

Le metacognizioni negative sono credenze che il soggetto ha circa (1) le conseguenze negative del comportamento sulle funzioni cognitive come “l’alcol danneggerà la mia memoria”; (2) l’incontrollabilità dei pensieri relativi a quel comportamento, “i pensieri sull’alcol sono incontrollabili”; (3) lo stretto legame tra pensiero e azione come “se penso al gioco d’azzardo non posso fare a meno di andare a giocare”; (4) la percezione di mancanza di controllo sul comportamento come “non riesco a controllare l’impulso di fumare” (Nikčević et al., 2017). Nel loro insieme sono responsabili della perpetuazione del comportamento. Inoltre, sono attivate durante e dopo un episodio di coinvolgimento in un comportamento che crea dipendenza, rafforzano sia la percezione del fallimento nell’autoregolazione che gli effetti dannosi del comportamento sul funzionamento, che a sua volta promuovono pensieri ripetitivi e emozioni negative. Conseguentemente, costringono una persona a continuare a mettere in atto il comportamento nel tentativo disadattivo di regolare questi stati interni negativi (Spada, Caselli, Nikčević & Wells, 2015).

Spada, Caselli e Wells (2013) hanno ripreso il modello classico metacognitivo (S-REF) e lo hanno utilizzato nel campo delle dipendenze. Il modello è stato adattato per la dipendenza da nicotina (Spada et al., 2015) e il problem drinking (Spada et al., 2013). Di seguito sarà presentato un esempio relativo al consumo di alcol con lo scopo di far comprendere il ruolo delle metacognizioni nelle dipendenze.

L’alcol, così come le sigarette, è utilizzato come strategia di regolazione cognitiva ed emotiva guidata dalla necessità di controllare i pensieri e dalla percezione di scarsa efficacia del proprio funzionamento cognitivo, quindi una strategia di regolazione metacognitiva. Quest’ultima diventa tutt’altro che una regolazione adattiva in quanto avviene l’attivazione della CAS. Secondo il modello metacognitivo trifasico dell’assunzione problematica di alcol, i soggetti non riescono a far fronte all’impulso di mettere in atto il comportamento che gli produce gratificazione, ovvero bere, anche se sono consapevoli dei danni che questo causerà (Spada et al., 2015).

Spada, Caselli, e Wells (2013), autori del modello originale, sostengono che si possono concettualizzare la CAS e le metacognizioni attraverso tre fasi temporali della nascita della dipendenza; nel caso dell’alcol esse sono: una precedente all’assunzione, una nella quale viene assunto e una posteriore (Spada et al., 2013).

Nella fase di pre-contemplazione, triggers nella forma di impulsi, immagini, ricordi o pensieri attivano la S-REF e ad essa si associano credenze metacognitive che guidano le strategie di valutazione e gli stili di coping. In questa fase, metacognizioni positive come “bere mi farà sentire meglio” e metacognizioni negative come “non riesco a controllare i miei pensieri relativi all’assunzione di alcol” attivano l’elaborazione disfunzionale ripetitiva delle intrusioni e i tentativi di sopprimere questi pensieri (CAS). Questo porta a una escalation di sentimenti negativi e craving. Come conseguenza, si creerà un circolo vizioso in cui il soggetto inizierà ad utilizzare sempre di più la sostanza sia per regolare questi sentimenti che per cercare di allontanare la crescente discrepanza tra lo stato in cui si trova e quello desiderato.

Nella fase di assunzione, metacognizioni positive circa il bere e la riduzione del monitoraggio metacognitivo contribuiscono a un uso sregolato di alcol. La riduzione del monitoraggio deriva da strategie e comportamenti messi in atto per assumere l’alcol che distolgono l’attenzione dal monitoraggio del flusso di informazioni circa gli obiettivi del soggetto e dalla possibilità di identificare segnali che indicano di smettere di bere. Le ridotte capacità di monitoraggio in caso di comportamenti che prevedono l’assunzione di una sostanza come l’alcol, derivano anche dagli effetti chimici della sostanza stessa; essi non devono essere considerati nel caso di uso problematico dello smartphone poiché non viene utilizzata nessuna sostanza. Nel corso del tempo, man mano che si intensifica la gravità del comportamento, emergono credenze metacognitive negative sulla sua incontrollabilità che contribuiscono alla perseverazione del soggetto in questa attività. Esempi di queste metacognizioni sono “bere controlla la mia vita”, “non ho controllo sull’assunzione di alcol”, “continuo a bere nonostante cerchi di smettere”.

Infine, nella fase post-assunzione si attivano credenze metacognitive positive sulla ruminazione post-evento cioè “se analizzo come mai mi sento in questo modo, capirò perché uso l’alcol”. Le conseguenze negative di tipo affettivo, cognitivo e fisiologico che derivano da un uso problematico dell’alcol diventano oggetto di ruminazione. Questo ha l’effetto di far aumentare le sensazioni negative e i pensieri correlati all’alcol e porta al rafforzamento delle convinzioni metacognitive negative su tali pensieri (“non ho alcun controllo sui pensieri relativi all’uso di alcol”). A questo punto, tentativi di sopprimere i pensieri correlati alla sostanza aumentano la probabilità di utilizzarla nuovamente come mezzo per l’autoregolazione.

Da questo modello possiamo constatare come la CAS e le metacognizioni siano presenti nelle dipendenze e come l’approccio metacognitivo si adatti bene a spiegarne l’esordio e il mantenimento.

Possiamo concludere che la teoria metacognitiva sia particolarmente utile per la comprensione delle dipendenze. In modo particolare questa teoria distingue tra due tipologie di metacognizioni. Da un lato le metacognizioni positive inerenti i benefici derivanti del mettere in atto determinate attività (come gioco d’azzardo e l’uso di Internet) per la regolazione emotiva e cognitiva. Dall’altro quelle negative che concernono l’incontrollabilità del comportamento e la pericolosità dei pensieri ad esso associati. È stato trovato che quelle positive sono coinvolte nell’iniziazione dell’attività, quelle negative invece nel suo mantenimento.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Casale, S., Rugai, L., & Fioravanti, G. (2018). Exploring the role of positive metacognitions in explaining the association between the fear of missing out and social media addiction. Addictive behaviors, 85, 83-87. doi: 10.1016/j.addbeh.2018.05.020
  • Caselli, G., Fernie, B., Canfora, F., Mascolo, C., Ferrari, A., Antonioni, M., ... & Altieri, A. (2018). The metacognitions about gambling questionnaire: Development and psychometric properties. Psychiatry research, 261, 367-374. doi: 10.1016/j.psychres.2018.01.018
  • Flavell, J. H. (1979). Metacognition and cognitive monitoring: A new area of cognitive–developmental inquiry. American psychologist, 34(10), 906. doi:10.1037/0003-066X.34.10.96
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  • Spada, M. M., Caselli, G., Nikčević, A. V., & Wells, A. (2015). Metacognition in addictive behaviors.Addictive behaviors, 44, 9-15. doi: 10.1016/j.addbeh.2014.08.002
  • Spada, M. M., Caselli, G., & Wells, A. (2013). A triphasic metacognitive formulation of problem drinking.Clinical psychology & psychotherapy, 20(6), 494-500. doi: 10.1002/cpp.1791
  • Spada, M. M., Moneta, G. B., & Wells, A. (2007). The relative contribution of metacognitive beliefs and expectancies to drinking behaviour.Alcohol & Alcoholism, 42(6), 567-574. doi: 10.1093/alcalc/agm055
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  • Wells, A., & Matthews, G. (1994).Attention and emotion: A clinical perspective. Psychology Press.
  • Wells, A., & Matthews, G. (1996). Modelling cognition in emotional disorder: The S-REF model.Behaviour research and therapy, 34(11-12), 881-888. doi: 10.1016/S0005-7967(96)00050-2
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