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Terapia metacognitiva per il Disturbo da Uso di Alcool: una serie di casi – Lectio Magistralis del Dott. Gabriele Caselli

La seconda giornata del Forum di Riccione ha inizio con la Lectio Magistralis di Gabriele Caselli: Terapia metacognitiva per il Disturbo da Uso di Alcool

Di Marina Morgese

Pubblicato il 11 Mag. 2019

Prosegue il Forum di Psicoterapia di Riccione, la seconda giornata inizia con la Lectio Magistralis di Gabriele Caselli, altro importante pilastro di Studi Cognitivi, dal titolo Terapia metacognitiva per il Disturbo da Uso di Alcool: una serie di casi.

 

A presentare il relatore è il Dott. Framba, responsabile della sede Studi Cognitivi di Bolzano, che non esita a fare di Caselli un modello da seguire per i numerosi partecipanti al forum, in quanto giovane terapeuta che ha ricercato “la perfetta sintesi tra attività clinica e ricerca ad alto profilo scientifico”. E le parole del Dott. Framba si fanno sempre più inconfutabili mentre Gabriele Caselli espone il suo lavoro.

Prima di dare avvio alla sua presentazione, il Dott. Caselli chiede agli uditori di osservare in ogni slide il numero riportato nell’angolo in basso a destra e di fare un cenno quando la somma dei numeri osservati arriva a 20. Il pubblico, incuriosito, accetta.

Disturbo da uso di alcol: tra problemi e limiti

L’ uso eccessivo di alcool rappresenta ormai un problema non solo di natura medica, ma anche psicologica e sociale che ha allertato diverse istituzioni cliniche e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità.

Nel trattamento del disturbo da uso di alcool, la CBT si è mostrata moderatamente efficace e con alti tassi di ricadute. Ma le carenze non sono solo di natura pratica, anche a livello teorico vi sono dei limiti riguardanti l’uso problematico di alcool: perché solo una parte di coloro che usa alcolici sviluppa un problema? Le convinzioni disfunzionali sono causa o epifenomeno della dipendeza?

Disregolazione, craving e credenze metacognitive

E’ da qui che la ricerca di Caselli parte e lo studio oggi presentato è un primo punto d’arrivo. Dall’analisi della bibliografia due aspetti hanno catturato l’attenzione del ricercatore: se le convinzioni positive sull’uso di alcool non sono solo diffuse nella popolazione clinica, cosa determina la disregolazione e cosa sostiene il craving?

Ma ecco che la somma dei numeri delle slide finora proiettate arriva a 20! Alcuni partecipanti alzano la mano: ecco la prova del fatto che possiamo regolare il nostro comportamento.

L’essere impegnati in alcuni compiti (come sommare i numeri riportati sulle slides) infatti non ci vieta di proseguire parallelemente in altre attività (ascoltare la presentazione e leggere il testo delle diapositive presentate), stopparle quando necessario e riprenderle nuovamente. Tutti gli individui, pazienti compresi, sono in grado di poter regolare il proprio comportamento in diversi modi.

A questo punto è necessario parlare di automonitoraggio maladattivo, primo sintomo di chi ha un disturbo da uso di alcool, che si manifesta quando c’è una ridotta attenzione a quelle informazioni, provenienti dell’ambiente, rilevanti per raggiungere i propri scopi; quando non si presta attenzione, mentre si beve, ai segnali di “obiettivo raggiunto” e quando le informazioni sul cambiamento cognitivo-affettivo non sono elaborate.

Il secondo sintomo è la propensione al rimuginio desiderante. Quando il desiderio viene avvertito sottoforma di impulsi, sensazioni corporee o immagini mentali, gli individui con disturbo da dipendenza psicologica si ingaggiano in un’attività mentale volontaria focalizzata sul desiderio, che alimenta stress e craving.

Questo si lega a un terzo elemento problematico, le cinque credenze metacognitive tipiche di coloro che presentano un Disturbo da uso di alcool: quando inizio non smetto; quando ho voglia non riesco a smettere; i pensieri mi portano lì; il mio cervello è danneggiato; l’alcool unica strategia per controllare la mia mente.

Il protocollo MCT per il Disturbo da uso di alcool

Sulla base di queste premesse, il lavoro di ricerca di Caselli ha consentito di creare un modello metacognitivo trifasico del disturbo da uso di alcool, che ha reso a sua volta possibile la creazione del protocollo metacognitivo per il trattamento del disturbo.

Il protocollo prevede 12 sessioni di un’ora ciascuna, i cui obiettivi sono: ridurre l’attivazione di strategie disfunzionali; modificare le credenze metacognitive; sviluppare nuove modalità di elaborazione.

Importante è sottolineare come il protocollo miri al consumo moderato di alcool e non all’astinenza: il consumo moderato aumenta la motivazione al trattamento, riducendo la frustrazione nel paziente che di fatto riesce difficilmente a raggiungere l’astinenza. Ancora, l’astinenza resta comunque un processo di evitamento, poco funzionale per il paziente.

Col protocollo si lavora su quattro aree: concettualizzazione e familiarizzazione del problema del paziente; modifica credenze metacognitive negative; modifica credenze metacognitive positive; prevenzione delle ricadute.

Protocollo MCT e disturbo da uso di alcool: lo studio

Lo studio presentato oggi da Caselli ha avuto l’obiettivo di testare l’applicabilità e la replicabiltà del protocollo MCT per il disturbo da uso di alcool in diversi pazienti e dunque l’efficacia in generela della Terapia Metacognitiva nel suo trattamento. Rigorosi criteri di inclusione hanno portato al reclutamento di cinque partecipanti a cui è stato applicato il protocollo e a cui sono stati sottoposti diversi questionari per monitorare i risultati ottenuti.

I dati mostrano una riduzione delle unità alcoliche settimanali consumate dai pazienti e del grado di convinzione nelle metacredenze disfunzionali. Con i pazienti del campione, il trattamento si è dimostrato efficace e stabile nella riduzione del consumo di alcool e nella modifica delle credenze metacognitive e con essa si è assistito anche al diminuire della sintomatologia riportata. Non solo una migliore autoregolazione nel consumo di alcool dunque..

Lo studio presenta comunque dei limiti, a partire dal numero esiguo dei partecipanti. I risultati tuttavia sono incoraggianti. Il pubblico ascolta, pone domande e conclude con un fragoroso applauso, consapevole che la ricerca in questa direzione continuerà ad arricchire il panorama della futura psicoterapia.

 

TERAPIA METACOGNITIVA PER IL DISTURBO DA USO DI ALCOOL: UNA SERIE DI CASI
LE SLIDES DAL CONVEGNO

 

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Marina Morgese
Marina Morgese

Caporedattrice di State of Mind

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