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Quando lo sport si trasforma in dipendenza

Riconoscere una dipendenza da sport è difficile per via della grande considerazione positiva, largamente condivisa, attorno a tale pratica

Di Virgilia Crescenzi

Pubblicato il 08 Lug. 2020

Negli ultimi anni si riflette molto sull’incidenza che lo sport ha nella vita di una persona. L’attività fisica è solitamente connessa positivamente con salute e benessere; tuttavia, in alcuni casi lo sport può dar vita a una vera e propria dipendenza

Virgilia Crescenzi – OPEN SCHOOL, Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

 

Lo sport e la psicologia hanno iniziato a collaborare dagli anni ’20, integrando in un’area di ricerca congiunta gli aspetti psicologici dello sport. La psicologia si è interessata principalmente alla comprensione di aree come la motivazione, la dinamica di gruppo e allenamento mentale. Un’altra linea di studi si è incentrata sull’identificazione del talento, al fine di predire il successo di un atleta. Questi studi hanno preso in considerazione i tratti della personalità che sono il motore per praticare uno sport da amatori o diventare un atleta che può arrivare a fare gare di grande prestigio

All’interno del contesto citato, negli ultimi anni, si riflette molto sull’incidenza che lo sport ha nella vita di una persona. Ovviamente, spesso l’attività fisica è connessa positivamente con salute, benessere, bellezza, miglioramenti del tono dell’umore, della sintomatologia ansiosa e anche nelle psicopatologie gravi, si possono riscontrare benefici; tutto sommato una medicina perfetta per la mente ed il corpo, a qualsiasi età (World Healt Organization)..

Nella letteratura scientifica si trovano, tuttavia, anche articoli che mettono in luce come lo sport possa nascondere alcuni aspetti negativi, quasi come fosse un diavolo travestito da angelo, che invece di fare esclusivamente del bene, con alcuni individui, quelli più “vulnerabili”, si trasforma in cattivo seduttore. Questa è una similitudine che mostra cosa può accadere quando lo sport diventa un’ossessione o quando si instaura una dipendenza da esso.

Quindi, sebbene siano tanti i vantaggi del praticare sport in modo sano e costante, non si possono ignorare i risvolti negativi che esso può avere da un punto di vista psicologico. Se da un lato muoversi migliora i parametri vitali, l’aspetto e così via, dall’altro farne troppo può portare a conseguenze come cambiamenti cronici di rilascio ormonale, a un maggior rischio di infortuni e, come anticipato, a importanti risvolti psicologici tra cui l’instaurarsi di una vera e propria dipendenza (con la complicità di un’accettazione sociale) oppure di un disturbo psicologico che nasce principalmente da un problema di autostima e di percezione della propria immagine.

E’ bene fare un’ulteriore distinzione tra chi, praticando sport, instaura una dipendenza che lo porta a superare sempre i propri limiti, ad esserne ossessionato e incapace di controllare il comportamento, vivendo con l’unico obiettivo di fare movimento; da chi invece cela un disagio verso il proprio corpo, un costante disgusto verso se stessi e verso i propri difetti, in questo caso l’attività fisica è mossa sia da una autovalutazione negativa, sia da possibili pressioni sociali ed è il mezzo attraverso cui migliorare sempre di più il proprio aspetto fisico.

E’ necessario dunque dare risalto ai risvolti psicopatologici e prendere in considerazione questa distinzione, utile soprattutto all’inquadramento e al trattamento dei sintomi dei disturbi da dismorfismo corporeo o dei disturbi alimentari. Inoltre è importante capire quali sono i comportamenti negativi che la dipendenza da sport porta e quali aspetti potrebbero nuocere all’atleta. Restano infatti molti punti ancora da chiarire riguardo al modo di valutare lo sport in ambito psicopatologico.

Lo sport, una dipendenza comportamentale

Negli ultimi decenni gli sportivi sono aumentati esponenzialmente. L’obiettivo è principalmente migliorare il benessere psicofisico, ed è necessario che vi sia una certa costanza per mantenere nel tempo i benefici. L’attività fisica è un fattore principalmente positivo nella vita di tutti: è socialmente riconosciuta come un’abitudine positiva e sana, ha benefici anche sugli aspetti relazionali della vita dell’individuo, è utile al miglioramento della propria autostima e in alcuni casi allontana da possibili abitudini nocive.

Tuttavia abbandonarsi in un’attività eccessiva e incontrollabile può portare a effetti negativi ricorrenti, aumentando l’incapacità di gestire contesti di vita diversi, come quello sociale e lavorativo ad esempio, e la suscettibilità a lesioni muscolo-scheletriche; inoltre, il sovrallenamento aumenta il rischio di problemi acuti (ipoglicemia, dolore toracico, aritmia e altri) portando a un malfunzionamento del sistema immunitario.

Questo fenomeno può essere definito come un disturbo da dipendenza da sport, caratterizzata da perdita del controllo del proprio comportamento e del pensiero, sfociando in una compulsione, in cui si manifestano i sintomi di una dipendenza di tipo comportamentale.

Nel DSM-5 è considerato tra i disturbi da dipendenza comportamentale. Non è ufficialmente inserito nella classificazione, ma secondo Griffith (2005) si riconosce nelle stesse caratteristiche di una dipendenza comportamentale: la preminenza (il comportamento assume la maggiore importanza per la persona), l’influenza sul tono dell’umore (disturbi di tipo emotivo correlati sia alla pratica che all’astensione), la tolleranza (intensificarsi del comportamento per indurre effetti sempre più intensi), l’astinenza (sensazioni negative dovute al fare attività fisica), il conflitto (conflitti che si verificano nella vita della persona tra la dipendenza e altri aspetti, su cui comincia ad avere sempre più la meglio), la recidiva (alto drop-out).

In generale, riconoscere una dipendenza da esercizio fisico è difficile per via della grande considerazione positiva, largamente condivisa, attorno a tale pratica: riconoscimento sociale, benessere, accettazione, qualità di vita migliore, l’esercizio è un comportamento socialmente accettato, forse anche se portato agli estremi. Lo sforzo per un corpo snello e in forma è solitamente percepito come un segno di uno stile di vita sano e di un successo personale e la famiglia e gli amici possono accettare e incoraggiare atleti di fitness a mantenere abitudini di esercizio eccessive. In uno studio di Lichtenstein et al. (2017) è stato confermato, attraverso uno studio cross-sessionale, che è difficile riconoscere una dipendenza da sport proprio per via del supporto sociale che gli gravita attorno.

Cause di una dipendenza da training?

In generale, dopo aver svolto una qualsiasi attività fisica, l’individuo avverte sensazioni di euforia, succede perché vi è un rilascio di endorfine, dopamina e serotonina, i quali hanno un ruolo fondamentale nel senso di benessere dell’individuo, tuttavia hanno un ruolo fondamentale anche nell’instaurare una dipendenza da sport. Nelle varie ricerche possono essere riconosciute due tipologie di dipendenza: quella fisiologica e quella psicologica. La prima propone modelli che descrivono le cause di una possibile presenza di dipendenza al rilascio ormonale, al cambiamento dell’organismo, quindi al solo bisogno fisiologico di piacere che spinge l’individuo a sviluppare un comportamento compulsivo; uno dei più accreditati è l’ipotesi di attivazione simpatica: quando l’adattamento dell’organismo si abitua all’esercizio fisico instaura una dipendenza, avviene quando l’individuo si muove, attiva l’organismo e questo arousal migliora i parametri fisiologici. I modelli Psicologici, invece, mostrano che la causa principale della exercise addiction riguarda l’aspetto mentale, di pensiero e di personalità di un individuo, la motivazione, e pattern di comportamento atti a ridurre sintomi stressogeni.

Recentemente, invece, si è puntato su un modello che prendesse in considerazione sia l’aspetto fisiologico che quello psicologico, che lavorano in sinergia per far sì che si instauri un condizionamento positivo del comportamento appreso, infatti vengono considerati come fattori interagenti: valore personale, immagine sociale, stile di vita e modalità di ridurre lo stress, che coinvolgono gli aspetti fisiologici per raggiungere uno stato di benessere (Egorov at al 2013).

Comorbilità e fattori di rischio

Sono stati trovati legami tra dipendenza da esercizio e alimentazione, disturbi riguardo schemi di esercizio ossessivo, controllo del corpo e tratti di personalità perfezionista. (Lichtenstein, Christiansen et al. 2014). L’atteggiamento è quello di mettere in atto un’attività motoria eccessiva come compensazione alle abbuffate di cibo, alternativamente ad altre condotte eliminatorie. La comorbilità è particolarmente osservabile nelle donne con bulimia nervosa o anoressia.

La dismorfia muscolare è una variante di dismorfismo corporeo caratterizzato da credenze sull’insufficienza della muscolosità e coinvolgimento in attività fisiche esagerate di costruzione muscolare come il sollevamento pesi e l’uso di steroidi anabolizzanti, fino ad arrivare alla cosiddetta Vigoressia. Atleti con dismorfismo muscolare spesso cercano di mantenere un basso contenuto di grasso corporeo seguendo diete e abitudini alimentari mirate. La sindrome ha una componente forte di dipendenza dall’attività fisica compulsiva, presenta una concomitanza importante che è causata dall’attenzione estrema al raggiungimento degli obiettivi di fitness e di forma muscolare.

I disturbi alimentari e il disordine dismorfico del corpo sono riconosciuti come disturbi psichiatrici nei manuali diagnostici (American Psychiatric Association, 2013; Organizzazione mondiale della sanità, 1992), la dipendenza da esercizio fisico ancora non lo è. Tuttavia, tali condizioni appaiono spesso contemporaneamente, tanto che Davis e Claridge hanno proposto che nei disordini alimentari venga considerata la comorbilità con l’exercise addiction (Davis & Claridge, 1998). I due studiosi hanno scoperto che i tratti ossessivo-compulsivi erano associati alla preoccupazione per il peso e all’esercizio eccessivo in pazienti con disturbi alimentari.

Altri ricercatori hanno osservato correlazioni tra dipendenza e disturbi dell’umore, ad esempio Linchestein et al (2018), hanno scoperto che depressione e stress conducono ad un alto rischio di dipendenza da esercizio fisico, il quale può essere condotto come strategia di coping per sopperire alla sofferenza psichica. Gli studiosi si sono resi conto che la dipendenza può essere riconosciuta sia attraverso l’osservazione del comportamento compulsivo e confermato da continui infortuni muscoloscheletrichi a cui l’individuo non dà importanza tornando prima del tempo a praticare le varie attività .

In concordanza con questi risultati, il Work Craving Model propone tre dimensioni attraverso le quali si mantiene una dipendenza da esercizio fisico: “edonia”, “compulsione” e “componenti cognitive”. Con il WCM, Wojdylo et al. (2013) delineano un’interazione tra perfezionismo nevrotico (appreso), tratto ossessivo-compulsivo, riduzione di sintomi da astinenza e un’aumento di autostima positiva del comportamento dipendente in questione. Si è visto che sia il perfezionismo che la componente ossessivo-compulsiva sono correlate con l’eccessivo esercizio fisico, in particolare quando concorre insieme a disturbi alimentari, mentre il mantenimento di un comportamento di craving è spesso correlato ai disturbi depressivi e di ansia, a conferma di queste corrispondenze vi è uno studio di Macfarlane (2016).

Bruno et al. (2014), hanno trovato che un alto rischio di sviluppare una dipendenza da sport, è dovuta ad una personalità narcisistica, specialmente per assicurare onnipotenza e fornire una protezione alla perdita di soddisfazione e ammirazione. Non solo, la bassa autostima sembra essere, anch’essa un fattore predittore di Exercise Addiction poiché rende più sicuro l’individuo, incrementando la confidenza verso sé stesso e la sicurezza di piacere all’altro mostrando attitudini sportive.

Non è difficile immaginare, infine, che questa tipologia di dipendenza possa manifestarsi anche in comorbilità con disturbo di ansia sociale, soprattutto se questa riguarda le proprie caratteristiche fisiche.

La Psicoterapia a cosa potrebbe servire?

Nei paesi occidentali, la pratica sportiva è molto diffusa, e per questo ad ogni età si può fare un po’ di sport, nelle palestre, nei circoli, all’aria aperta.

Perciò deve essere considerato un aspetto importante e influente nella vita di una persona esattamente come il lavoro, la cerchia familiare e amicale ecc.

Non è ancora ben chiaro il meccanismo che instaura una dipendenza e se può essere considerata realmente come tale in ogni individuo (anche paragonandola alle più comuni ed attuali come il gioco d’azzardo o la internet addiction), oltre ciò non sono ancora delineati i confini tra attività normale e dipendenza negativa da sport. In effetti, da alcuni studi è scaturito che anche gli atleti non sono immuni dalla dipendenza da esercizio fisico rispetto ai semplici praticanti, la passione verso lo sport gioca un ruolo fondamentale e può essere una spinta motivazionale a farne sempre di più, compulsivamente; inoltre è possibile che si instauri svolgendo qualsiasi tipo di specialità praticata.

In psicoterapia deve essere preso in considerazione il rapporto che la persona ha con lo sport, quanto ne pratica e se per avere maggiori prestazioni si aiuta con integratori, ciò può essere utile in fase iniziale per approfondire altri aspetti che vanno a definire la diagnosi e specificare se lo sport può essere un prodromo di altre comorbilità o diagnosi differenziali con specifici di disturbi. Può essere utile indagare come viene percepito il fare sport, se è vissuto come una compulsione, o se è realmente un momento di svago o di distacco con i problemi, o ancora se è fatto al fine di raggiungere un peso-forma ideale.

In ogni caso specifico, sarà necessario valutare la tecnica psicoterapeutica più adatta al raggiungimento di un equilibrio e adeguate strategie di coping e che affronti i comportamenti disfunzionali rispetto alla pratica sportiva e la problematica psichica che li sostiene.

 

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