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L’anedonia: cause e caratteristiche – Come è possibile perdere il piacere?

Da un punto di vista psicologico è importante considerare l’anedonia come un sintomo poiché viene riscontrata in diverse condizioni mediche e psichiatriche.

Di Redazione, Linda Confalonieri

Pubblicato il 31 Mag. 2019

In maniera abbastanza ampia potremmo dire che l’ anedonia consiste nell’incapacità di desiderare la gratificazione. Infatti, i pazienti anedonici sarebbero tutti accomunati da una modalità inadeguata di rapportarsi all’ambiente, che si manifesterebbe anche con la tendenza all’isolamento.

 

Il termine anedonia è stato inventato alla fine dell’800 per descrivere un’insensibilità patologica al provare piacere, propria di alcune malattie psichiatriche.

L’ anedonia è, dunque, l’incapacità di provare piacere. Certamente, la mancanza o la perdita totale della capacità edonica non è l’aspetto più comune, tuttavia il termine è ormai largamente impiegato anche quando la perdita o l’assenza è solo parziale. L’incapacità di provare piacere può essere non soltanto un’esperienza pervasiva, ma anche limitata, confinata a un solo ambito (o a un numero limitato di ambiti), come quello del cibo o del sesso, delle interazioni sociali o delle relazioni, etc. 
L’ anedonia può essere, dunque, inquadrata come una forma di appiattimento dello stato emotivo, una sorta di coartazione generale dell’espressività emotiva.

In ambito psicopatologico è importante quindi considerare l’ anedonia un sintomo e non come un disturbo, poiché viene riscontrata in moltissime condizioni mediche e psichiatriche, dalle malattie neurodegenerative a disturbi psichiatrici come ad esempio i disturbi dell’umore, alcuni disturbi della personalità, i disturbi psicotici, i disturbi da uso di sostanze, etc.

Anedonia: tra sintomo e disturbo

Anzitutto l’ anedonia è una condizione riscontrabile nella depressione e nei disturbi dell’umore ed è fondamentale distinguere il sintomo dell’ anedonia dalla depressione intesa come disturbo. Infatti la depressione è costituita, oltre dall’ anedonia da una costellazione di sintomi variegati; viceversa il sintomo dell’ anedonia non implica necessariamente l’esperienza frequente e intensa di sentimenti di tristezza e autosvalutazione, ma implica la sensazione di aver perso la capacità di provar piacere per ciò che per l’individuo, prima, era fonte di piacere.

Tale condizione di anedonia è riscontrabile anche in altre aree psicopatologiche fra cui la schizofrenia e i disturbi psicotici. Nell’ambito dei disturbi psicotici, un aumentato rischio per lo sviluppo di episodi psicotici è stato correlato con l’ anedonia di tipo “sociale” da Chapman et al (1994). In uno studio longitudinale di follow-up, l’ anedonia sociale – intesa come la progressiva perdita dell’interazione sociale, e la mancata elaborazione dell’esperienza interpersonale predisporrebero l’individuo ad un aumentato rischio di psicosi. Altri ricercatori (Blanchard et al, 1998) hanno dimostrato maggiori livelli di anedonia fisica in pazienti schizofrenici rispetto ai soggetti normali e una correlazione positiva dell’ anedonia sociale con affettività negativa nel campione patologico.

Nell’ambito dell’abuso di sostanze alcuni autori (Koob, 1997) attribuiscono all’ anedonia il ruolo di “rinforzo negativo” nell’astinenza da sostanze d’abuso, che si fonderebbe su di una “disregolazione omeostatica edonica” di origine dopaminergica.

L’ anedonia rientra anche in diversi disturbi neurologici; ad esempio nel quadro clinico della patologia di Parkinson, è spesso in correlazione con acinesia, anedonia e disturbi cognitivi, associando inoltre il quadro clinico con un diminuito turnover dopaminergico nei gangli della base.

A livello teorico e clinico quindi può essere definita sia come tratto sia come stato. Quando ci si riferisce al tratto si intende un’incapacità permanente di provare piacere che può essere presente fin dall’infanzia ed è riconosciuta anche dal paziente stesso. Mentre, lo stato può essere definito come una pervasiva, non reattiva, compromissione della capacità di provare piacere per cose specifiche in un determinato momento.

Anedonia sociale VS Anedonia fisica

È possibile distinguere principalmente tra due tipologie di anedonia: l’ anedonia sociale, tale per cui l’individuo manifesta un significativo disinteresse e mancanza di piacere verso le relazioni sociali, con anche comportamenti di evitamento e isolamento sociale; l’ anedonia fisica, che include in particolare l’assenza di piacere e il disinteresse verso il cibo e verso altri tipi di attività.

In maniera più ampia possiamo dire che l’ anedonia consiste nell’incapacità di desiderare la gratificazione. Infatti, i pazienti anedonici sarebbero tutti accomunati da una modalità inadeguata di rapportarsi all’ambiente, che si manifesterebbe anche con la tendenza all’isolamento.

In particolare la funzione psicologica dell’esperienza del piacere e della gratificazione è quella di segnalare all’individuo il soddisfacimento di un bisogno e quindi di sottolineare quali comportamenti sono associati alle ricompense e alla soddisfazione dei bisogni dell’individuo. Pertanto la sensazione di gratificazione e piacere sono dei “marcatori” che segnalano quali comportamenti sono rilevanti per gli individui in termini di benessere e sopravvivenza. È l’esperienza del piacere che induce ad apprendere questi comportamenti e a rimetterli in atto di fronte a stimoli che ne rievocano l’esperienza.

Restano, tuttavia, ancor oggi non del tutto chiari i meccanismi eziopatogenetici alla base dell’insorgenza dell’ anedonia. Assodando che le vie dopaminergiche non sono gli unici circuiti cerebrali ad essere coinvolti, pare che a determinare la complessità psicopatologica del sintomo vi sarebbero diversi e molteplici fattori causali (genetici, ambientali, culturali, sociali), i quali, interagendo tra loro, contribuerebbero (tutti assieme) alla sua insorgenza clinica.

Anedonia e Apatia

In termini differenziali è importante distinguere l’ anedonia dall’apatia, seppure siano sintomatologie spesso co-occorrenti. Per apatia si intende la perdita o la riduzione della motivazione rispetto ad uno stato precedente, associato ad un decremento dei comportamenti goal-directed, dell’attività cognitiva ed emotiva; gli individui affetti da apatia hanno difficoltà nell’intraprendere nuovi comportamenti o iniziative. Invece, come già descritto precedentemente, l’ anedonia consiste in una marcata e consistente diminuzione dell’interesse o piacere per la maggior parte delle attività quotidiane; gli individui smettono di provare piacere per alcune attività o smettono di ricercare attività piacevoli come se mancassero di motivazione (Husain & Roiser, 2018).

Sia l’apatia che l’ anedonia sono sintomi co-occorrenti in diversi disturbi come il morbo di Alzheimer e di Parkinson, la schizofrenia e il disturbo depressivo maggiore (Pelizza & Ferrari, 2009).

Sia l’ anedonia che l’apatia possono essere misurate attraverso specifiche scale cliniche in grado di quantificarle (Kaiser, Lyne et al., 2017; Bischof, Obermann et al., 2016) come ad esempio la scala per l’ anedonia fisica e sociale, la Snaith-Hamilton Pleasure scale (SHAPS; Nakonezny, Carmody et al., 2010).

I processi neuropsicologici dell’ anedonia

Secondo alcuni ricercatori (Husain & Roiser, 2018) a livello neurocognitivo l’ anedonia, e anche l’apatia possono essere concettualizzate come deficit a seguito di interferenze nei meccanismi neurali che processano la ricompensa; in particolare il deficit risiederebbe nei processi che motivano l’individuo o l’animale a mettere in atto un’azione o un comportamento – come i potenziali benefici o ricompense per il comportamento vengono valutati dal sistema rispetto al costo dello sforzo richiesto per raggiungerli.

A livello di funzionamento cerebrale è da sottolinearsi che l’esperienza del piacere implica l’attivazione di un complesso insieme di processi neurochimici e di diversi pattern di aree cerebrali. Nella fase anticipatoria della sensazione di piacere, si riscontra l’attivazione delle aree dopaminergiche, mentre il coinvolgimento degli oppiodi endogeni entra in gioco durante l’esperienza stessa del piacere.

A livello neurale (neuroanatomico e neurotrasmettitoriale), diversi studi hanno tentato di analizzare il complesso meccanismo psicologico della ricompensa e dell’ anedonia; tali ricerche sono principalmente studi su animali da laboratorio, studi anatomo-patologici post-mortem, e studi di neuroimaging sull’uomo. Un significativo corpus di studi indica quindi come circuiti neuronali principalmente coinvolti nella ricompensa siano quelli appartenenti al sistema mesocorticolimbico.

Partendo da paradigmi comportamentali, nasce quindi l’ipotesi dopaminergica della ricompensa e dell’ anedonia di Wise che sostiene che le caratteristiche di rinforzo di stimoli incondizionati, quali il cibo, l’acqua, il sesso ed alcune droghe d’abuso, ed il piacere condizionato elicitato da rinforzi secondari, sarebbero mediati da cellule del sistema dopaminergico mesocorticolimbico, in particolare mesencefalico (corpi cellulari originatisi nell’Area Ventro-Tegmentale, le cui proiezioni terminano nel Nucleus Accumbens e nella corteccia prerfrontale). Infatti, in particolare sembrano coinvolte nella capacità di provare piacerre aree come i gangli basali cortico-ventrali, che includono la corteccia orbitofrontale, la corteccia anteriore cingolata, il corpo striato ventrale, il nucleo pallido ventrale, l’area ventrale tegmentale, il nucleo accumbens e la corteccia prefrontale mediale.

In tal senso questo complesso sistema di aree e di vie neurali, con il coinvolgimento anche di aree corticali, sono alla base della pianificazione e motivazione per l’attuazione di specifiche condotte orientate verso degli scopi: il sistema sdella ricompensa è quel sistema che consente quindi la promozione della motivazione per attuazione di condotte finalizzate al raggiungimento della gratificazione e del piacere.

Alcune evidenze scientifiche sottolineano in particolare che nel caso dell’ anedonia vi sarebbe una disfunzionalità a carico della corteccia prefrontale mediale.

Nel complesso fenomeno dell’ anedonia, tuttavia le vie dopaminergiche non sono le uniche ad essere coinvolte per quanto riguarda gli aspetti neurofunzionali. È palusibile ipotizzare che la complessità neurochimica che caratterizza l’ anedonia rifletta l’esistenza di un’eziopatogenesi complessa e caratterizzata da diversi fattori (ambientali, sociali, genetici), che interagiscono contribuendo all’insorgenza di tale condizione.

Approcci computazionali alla comprensione dell’ anedonia

Accanto alle neuroscienze, approcci alternativi che recentemente stanno guadagnando popolarità per la comprensione dei processi sottostanti l’ anedonia sono i modelli computazionali (Adams, Huys & Roiser 2015) che sfruttano la ricchezza dei dati osservati (ad esempio tramite modelli di comportamento che basano su prove per errori) per fornire informazioni su quei processi che sottostanno le differenze individuali.

Per esempio, un compito percettivo detto “responsività alla ricompensa” (rewar responsiveness; Henriques, Glowacki et al., 1994) che misura i bias verso la selezione di stimoli più frequentemente associati con le ricompense, somministrato sia ad un gruppo di controllo che ad un gruppo clinico di individui affetti da depressione, ha evidenziato delle differenze nelle risposte al test tra i due gruppi. L’applicazione dei modelli computazionali ai dati raccolti ha evidenziato come i sintomi dell’ anedonia non siano associati alle differenze nella discriminazione percettiva o nell’apprendimento per errori ma siano al contrario associati con un brusco abbassamento del valore atteso della ricompensa al momento della decisione (Huys, Pizzagalli, Bogdan & Dayan, 2013).
In aggiunta, questi modelli, dal momento che aiutano a differenziare i processi cognitivi che sono coinvolti nei compiti legati alla ricompensa, mostrano che l’apprendimento apparentemente è risparmiato nell’ anedonia e che le differenze nei comportamenti legati alla motivazione e alla ricompensa sono associati ad altri processi di tipo neurotrasmettitoriale.

Uno studio di Le Bouc e colleghi (2016) ha evidenziato come i miglioramenti nei sintomi dell’ apatia da parte dei pazienti affetti da morbo di Parkinson, in cura dopaminergica, fossero associati con un aumento della sensibilità alla ricompensa, mentre uno studio di Meyniel, Goodwin e colleghi (2017) ha mostrato come soggetti non patologici mostrassero un maggior sforzo a seguito della somministrazione di SSRI e quindi dell’aumento della serotonina, come se in loro si fossero ridotti i costi degli sforzi per raggiungere la ricompensa.

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