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Il concetto di vuoto e i quadri psicopatologici associati

La sensazione di vuoto interiore comprende diversi vissuti emotivi ed è presente in numerosi disturbi, tra cui quello narcisistico, borderline e depressivo.

Di Guest

Pubblicato il 04 Mag. 2017

Il termine di vuoto in campo psicologico fa riferimento a molteplici vissuti emotivi ai quali si tende ad associare una connotazione negativa (Fogarty, 1973).

Elena Giovannini, Novella Morea, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI BOLZANO

 

Immaginiamo di possedere un luogo al nostro interno in cui sono custoditi i nostri sogni e desideri, un’energia vitale ricca di stimoli, affetti e scopi; paragoniamolo ad un “Pozzo dei Desideri” in cui all’interno c’è dell’acqua. Il nostro Pozzo è il luogo tranquillo dove trascorrere il tempo, è una sicurezza nei periodi di siccità, ci dà la forza e ci disseta. Questo Pozzo si alimenta della nostra storia e di quello che ci fa stare bene.

E se ad un certo punto della nostra vita questo Pozzo si ritrovasse completamente vuoto? Privo di acqua? Se fosse un pozzo arido, senza vita?
Sentire quel vuoto è una sensazione che ci crea inquietudine, paura, terrore, tristezza, depressione. Al suo interno ci sentiremmo lo sterile eco della nostra voce, la quale ci mette di fronte alla solitudine di noi stessi, il nostro Vuoto.

Una delle risposte automatiche che mettiamo in atto quando ci si trova in questa situazione è di chiudere il Pozzo, per evitare che ci si possa buttare al suo interno, perdendo la vita o rimanendone bloccati dentro. Ma se chiudiamo il nostro Pozzo non ascoltiamo più i nostri desideri e bisogni. La paura di prendere coscienza di questo vuoto può congelarci a tal punto da non farci entrare neanche quella poca acqua che con grandissima fatica gli eventi e i nostri affetti cercano di riversarci al suo interno.

Cos’è questo Vuoto?

Il termine vuoto, in inglese emptyness, viene comunemente utilizzato in fisica nelle sue dimensioni spaziale e temporale; in campo psicologico fa riferimento a molteplici vissuti emotivi ai quali si tende ad associare una connotazione negativa (Fogarty, 1973). Si parla infatti di vuoto legato:

  • alla solitudine (“un senso di isolamento, in cui tutto quello che ho è il mio lavoro”, “un disperato desiderio di contatto umano”);
  • al non sentire (“ho la sensazione che manchi qualcosa, che qualcosa sia perduto”, “non sento niente”, “non sono niente”);
  • alla confusione (“metto in discussione tutto ciò in cui credevo”, “il desiderio di certezza crea in me più preoccupazioni e indecisioni e mi rinchiude nella mia solitudine”);
  • alla disillusione (“quale è il senso di questo combattere?”, “non ne vale la pena”);
  • alla non appartenenza (“non sento di appartenere più a nulla”, “mi sento inutile”, non ho più niente in comune con le persone che mi sono vicine”);
  • alla tristezza (“mi viene da piangere tutto il tempo”, ”ho rimpianti sul mio passato”);
  • alla non curanza (“non sono importante”, “vorrei qualcuno che si prendesse davvero cura di me per quello che sono, non per quello che faccio”);
  • alla vergogna (“mi sento confuso, colpevole per ciò che sono”);
  • al fallimento (“tutto quello che faccio è provare e fallire”, “ho un senso terribile di inadeguatezza”);
  • alla morte emotiva (“mi sento annoiato”, “mi sento come se stessi morendo”, “ho la sensazione che sto diventando vecchio e sto perdendo tempo”);
  • alla paranoia (“mi sento inibito, non a mio agio e sento un dolore dentro di me”, ”quello che posso fare è andare dentro questo dolore perché è tutto quello che ho”). (Fogarty, 1973).

I quadri psicopatologici associati al senso di vuoto

La sensazione di vuoto si riscontra, con sfumature diverse, in alcuni quadri psicopatologici.

Il vuoto è l’elemento chiave del Disturbo Narcisistico di Personalità. Secondo Kernberg (1975, 1982), la dinamica narcisista può essere considerata un processo in cui un’idea grandiosa di sé e il sentimento di orgoglio che ne deriva proteggono da un senso di vuoto e di mancanza di significato. All’interno di questa dinamica s’inserisce la difficoltà nella rappresentazione dei propri scopi e desideri non inclusi nel sé grandioso e l’incapacità di comprendere la natura dei propri bisogni affettivi. Il vuoto nel narcisista è quindi una sensazione di spegnimento interiore dove sfuma l’idea di sé. É una mancanza di senso, che diventa una mancanza di scopo della propria esistenza, del darsi una direzione nella vita. Su questo vuoto getta le basi il suo elemento speculare, vale a dire l’orgoglio, intenso come spinta alla grandiosità del sé.

Nel Disturbo Depressivo il vuoto è una conseguenza della perdita dell’oggetto amato (Epstein, 1989) e della successiva presa di coscienza dell’incapacità di recuperarlo.
Lo stato d’animo principale della persona depressa è la tristezza, che si accompagna anche ad una mancanza di speranza verso se stessa e verso la vita. Il vuoto si mostra nel senso di fallimento a cui si aggiunge un vissuto di inferiorità e indegnità rispetto agli altri. Il depresso prova un profondo sentimento di non valore che attribuisce alla perdita della persona amata. L’anedonia nello svolgere attività prima gradite e soddisfacenti è un altro vissuto caratteristico, che porta la persona ad abbandonare gradualmente i propri interessi e a chiudersi sempre più in se stessa. A questo si accompagna anche un senso di stanchezza e mancanza di energie, che rende ogni gesto e ogni compito estremamente faticoso e al di sopra delle proprie capacità.

Nel Disturbo Borderline di Personalità il vuoto fa da cornice ad una instabilità che si manifesta sia sul piano emotivo che cognitivo e comportamentale. Le emozioni sono ampiamente fluttuanti, spesso senza una ragione evidente. I processi di pensiero sono instabili: a volte razionali e chiari, altre volte estremi e distorti. Il comportamento è volubile: periodi con un comportamento lineare, con elevata efficienza e affidabilità che si alternano a improvvise condotte rabbiose e impulsive.
In alternanza a questa instabilità generale, la persona Borderline entra in uno stato di vuoto nel quale avverte una penosa mancanza di scopi in cui possono verificarsi tendenze all’azione con perdita di controllo in modo impulsivo, come abbuffate di cibo, abuso di sostanze stupefacenti, atti autolesivi e tentativi di suicidio.
La visione del sé della persona con un Disturbo Borderline è sfumata e frammentata. In particolare, tende ad avere difficoltà a capire in cosa crede, cosa preferisce e cosa le possa fare piacere. È spesso incerta circa i propri obiettivi nelle relazioni e nelle occupazioni lavorative. Questa difficoltà può portare a provare la sensazione di “vuoto” e di “smarrimento” (Manning, 2011).

Il boato del vuoto si riscontra anche nei Disturbi del Comportamento Alimentare.
Da un lato il vuoto dentro di sé, restringendo l’alimentazione, vomitando, rifiutando il bisogno di cibo, è un tentativo di raggiungere un controllo sulle emozioni per rendersi indipendente rispetto alle delusioni, uno scudo di fronte alla sofferenza.
Dall’altro lato, la persona con Disturbo del Comportamento Alimentare vuole dimostrare come il fondo dell’essere umano sia fatto di mancanza, non di pienezza (Ulivi). È un grido di aiuto, la punta di un iceberg che lascia intravedere una sofferenza devastante legata alla propria autostima e al bisogno di affetto. Scomparendo letteralmente, facendosi eterea, l’anoressica prova a materializzare sul piano della realtà il vuoto che al fondo siamo.

Proprio nel fondo del nostro pozzo, c’è la possibilità di specchiarsi in quel riflesso ed ascoltarsi nell’eco e cogliere l’opportunità di conoscersi e crescere. Il vuoto mette la persona di fronte a se stessa, con i suoi desideri e bisogni, la sua essenza, la sua identità.
Questo è il Vuoto che unisce le persone in una condizione comune e umana.
Un importante strumento per dare significato a questo vuoto apparentemente insignificante è il linguaggio. Attraverso una parola piena può essere trasformato in sorgente che si autoalimenta nei propri desideri e bisogni.
Così la metafora del “Pozzo dei desideri” si trasforma in realtà dove le coordinate tempo e spazio risvegliano le emozioni e le trasformano in acqua e in parole.

 

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