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Inside Out: una storia su come le emozioni ci possono guidare nel percorso di cambiamento

Inside Out racconta la storia di Riley e del difficile processo di cambiamento che si trova ad affrontare di fronte al contrasto tra un passato perfetto e un presente inaccettabile. Le emozioni sono protagoniste di questa storia, che racconta sapientemente il valore di Rabbia e Tristezza nel ritrovare Gioia.

Di Angela Ganci

Pubblicato il 29 Giu. 2018

Su State of Mind avevamo parlato della valenza psicoeducativa di Inside Out e di come il film utilizzi la teoria cognitiva della mente per spiegare le funzioni delle emozioni. Successivamente ci siamo concentrati sull’importanza della memoria e dei ricordi in Inside Out  e della valenza positiva della tristezza. Abbiamo inoltre analizzato Inside Out e il suo utilizzo come homework in psicoterapia-psicoeducazione ed il valore di questo film della Disney nel far sì che l’educazione emotiva raggiungesse il grande schermo. In un ultimo articolo, potete trovare un’anticipazione del nuovo cortometraggio basato sulle vicende di Inside Out e le nuove tappe di cambiamento nella vita dei protagonisti. (NdR).

 

Gioia, tristezza, rabbia, disgusto e paura sono i protagonisti indiscussi di Inside Out, commovente film animato che ci guida alla scoperta del valore delle nostre emozioni.

 

Una consolle, un posto di comando, dove cinque “piloti della mente” si destreggiano nel difficile compito di “monitorare” le sfide della crescita della piccola Riley.

Ed ecco che riconosciamo le cinque emozioni di base care ad Ekman, gioia, tristezza, rabbia, disgusto e paura, personaggi intenti ad “agire e reagire” alle vicende che interessano la piccola protagonista, giochi, amici, famiglia, a costituire quelle “isole della personalità” che fanno di ciascuno quello che è.

Inside Out: una storia sul cambiamento

Una storia di vita, una continuità evolutiva, quella di Riley, caratterizzata dalla vicinanza emotiva dei genitori, così come dalle amicizie costruite su un campo di ghiaccio da hockey, in cui Gioia è da considerarsi emozione predominante, punto di riferimento delle altre: fin qui tutto regolare.

Ma, come in ogni storia di vita segnata dal cambiamento, in quanto inevitabile mutamento delle condizioni esistenziali, l’imprevisto, la svolta, l’evento traumatico, insinuarsi nelle vite normali di una famiglia come tante: in Inside Out il lavoro difficile delle emozioni inizia quando arriva per Riley la notizia del trasloco, stressor di per sé in grado di destabilizzare un passato di certezze per molti versi inattaccabile, instabile come le certezze.

Da qui il repentino destabilizzarsi di un mondo interiore solido, sicuro, ecco l’essere sopraffatta da un trauma non elaborato, ecco il ribollire di emozioni mai pervenute alla coscienza, in un riemergere freudiano dell’Es, in quanto depositario delle pulsioni distruttive (e autodistruttive): rabbia, tristezza, paura prendono rapidamente il posto di gioia, finora regina indiscussa della psiche della piccola Riley, che faticherà a “riprendere il comando”, mitigando la forza annientatrice delle emozioni negative sulla scia della teorizzazione degli effetti degli eventi traumatici, negli stadi che dalla negazione e dalla rabbia giungono all’accettazione, cari alla Kubler-Ross.

Rabbia e Tristezza

Nel contrasto tra un passato perfetto e un presente inaccettabile, sotto il comando indiscusso di Rabbia, si gioca la decisione, apparentemente risolutiva, della fuga, nel tentativo di ripristinare un passato gioioso violato, dove anche a costo di “mettersi contro tutti”, sordi al dolore inaccettabile della perdita. Una Rabbia sterminatrice, frutto di una Tristezza innominabile, rifiutata, che, invece di ripristinare Gioia, ottiene l’effetto paradosso di spegnere tristemente quelle isole della personalità, caposaldo della felicità antica, come la famiglia di origine, ritenuta responsabile dell’ingiustizia o le vecchie amicizie, ree solo di continuare a percorrere la loro strada senza la piccola amica lontana.

Da qui lo svolgersi delle vicende di Rabbia e Tristezza al comando della mente, contro una Gioia che fatica a riemergere, a comprendere come riacquistare funzionalmente il comando della consolle psichica.

Sì, perché il piano di Riley appare lucido, netto, insindacabile: eliminare Tristezza, come percorso obbligato per rimettere tutto a posto, cancellando un cambiamento in quanto semplice incidente di percorso, alla fine del quale ritrovare la gioia e la serenità di un’infanzia spensierata, senza cambiamenti da accettare, senza scossoni da rielaborare.

Già, perché se cambiamento implica responsabilità, revisione di sé stessi e degli eventi, ancoraggio a una realtà cruda, ma ineliminabile, il compito evolutivo di Riley si intravede complesso, necessita di tempo (il tempo di elaborazione del lutto, appunto).
Un periodo in cui sviluppare la domanda cruciale: Davvero il mezzo per ritrovare una Gioia dispersa è fuggire dalle emozioni negative, ripudiarle? Davvero bisogna essere sempre ottimisti, felici, fiduciosi e tutto procederà per il meglio? Oppure diversamente affinché la Gioia divenga Felicità essa ha bisogno di Tristezza?

Cosa ci insegna Inside Out?

Ed ecco la sfida della psiche, la sfida che attende ciascuno di noi, a prescindere dall’età, dalle condizioni da affrontare, dall’entità delle sfide e dalla mancanza o presenza di aiuti esterni: accettare i cambiamenti in quanto inevitabili, valutando il flusso delle emozioni in senso non giudicante.

Soltanto in tal modo la tristezza può divenire esprimibile, condivisibile, perciò elaborabile, accettando il conforto degli altri e nel contempo sperimentando la propria forza nell’affrontare un dolore che si credeva insopportabile, unendosi a una comunità umana che soffre, che accetta la sofferenza e lo scacco come emozione intrinseca all’umano, contro cui non scontrarsi, ma da attraversare, per non esserne sopraffatti.

Emozioni, negative e positive, che fluiscono liberamente, che non avranno il potere di sottrarre Gioia, nella misura in cui accettazione e consapevolezza saranno assunte come vie maestre della Gioia, secondo la pratica Mindfulness promossa da John Kabat-Zinn. Poiché solo nell’accettazione della tristezza della perdita di un passato che, come tale, non può tornare, di una vita che comporta naturalmente pericoli, frustrazioni, rinunce, risiede la possibilità di re-investire le energie creative e vitali verso nuovi traguardi, nuove amicizie, progetti fruttuosi, parimenti fonte di gratificazione, canalizzando le energie psichiche e fisiche per i fini della realizzazione personale, in vista di una continuità evolutiva che non dipenda passivamente dalle traversie burrascose dell’esistenza, ma che ci veda protagonisti attivi nel senso dell’autoefficacia in divenire, secondo quanto individuato da Bandura e di un locus of control interno, che consegni a ciascuno il senso profondo della riuscita come frutto di azioni, scelte, obiettivi, controllo della propria vita.

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Angela Ganci
Angela Ganci

Psicologia & Psicoterapeuta, Ricercatrice, Giornalista Pubblicista.

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