Le sensazioni riferite da ogni paziente dopo aver sperimentato attacchi di panico possono essere considerate di per sé un’esperienza traumatica (Faretta, 2001); è proprio questo ciò che ha portato a definire il trattamento EMDR come un approccio ben integrabile in diversi modelli teorici di intervento per il disturbo di panico.
Sharon Vitarisi – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Milano
Il panico come evento traumatico e utilizzo dell’EMDR
Le sensazioni riferite da ogni paziente dopo aver sperimentato almeno un attacco di panico possono essere considerate di per sé un’esperienza traumatica (Faretta, 2001); ciò che il soggetto percepisce durante una crisi di panico è “una forte paura, incontrollabile, che lascia la persona inerme”, questa sensazione viene seguita dalla percezione di perdere il controllo o di stare per morire. È proprio questo ciò che ha spinto Elisa Faretta a definire il trattamento EMDR come un approccio ben integrabile in diversi modelli teorici di intervento per il disturbo di panico. L’ EMDR nel disturbo di panico può essere utile per: elaborare il ricordo degli attacchi di panico (il primo,il peggiore, l’ultimo); elaborare le situazioni scatenanti legate al panico nel presente e sostenere e rafforzare una prospettiva futura adattiva per affrontare situazioni legate ai sintomi (Faretta, 2012). In un suo recente studio pilota ha comparato l’ approccio EMDR con la CBT con l’obiettivo di valutare l’efficacia di un trattamento per il disturbo di panico con/senza agorafobia.
Il beneficio dei trattamenti è stato valutato sull’efficacia in termini di:
- tempo (valutazione di quando avvengono i primi miglioramenti in termini di numero di sedute)
- sulla stabilità in termini quantitativi (assenza di attacchi di panico alla conclusione della terapia nonché un mantenimento di benefici nel tempo)
- sulla stabilità in termini qualitativi (nel rafforzare le abilità e capacità acquisite, per la prevenzione delle ricadute).
Il campione prevedeva 20 soggetti, 10 dei quali sono stati trattati con la terapia EMDR. Il piano terapeutico EMDR è sviluppato seguendo le 8 fasi previste dal protocollo standard, ma integrando alcune modifiche per intervenire sulle caratteristiche peculiari del Disturbo da attacchi di Panico. Tale protocollo modificato comprende:
- a) una psicoeducazione sul Panico e sulle modalità utilizzate con l’ EMDR, con successiva scelta della stimolazione bilaterale (movimenti oculari o altre forme di stimolazione) più adatta alla persona attraverso l’esercizio del Posto al Sicuro;
- b) definizione dei target da utilizzare (primo attacco di panico, il peggiore per il paziente, ultimo attacco di panico);
- c) scelta dell’immagine più disturbante per ogni target, associata alla cognizione negativa, individuazione della cognizione positiva, individuazione dell’emozione associata all’immagine peggiore del target e infine collocazione del disagio nel corpo;
- d) individuazione ed elaborazione dei ricordi traumatici legati alla storia personale del paziente;
- e) lavoro sul presente con relativa rielaborazione dei fattori scatenanti;
- f) lavoro di rafforzamento di azioni positive nel futuro.
Nonostante la varietà del campione in quanto a provenienza, età e status sociale, dalla raccolta dei dati di ciascun soggetto nella fase di assessment sono emerse delle similitudini, in particolare per quanto riguarda l’esordio del disturbo: “La maggior parte dei soggetti ha indicato come eventi scatenanti un lutto, una separazione, o episodi in cui hanno creduto di morire (per es., per soffocamento)” (Faretta, 2007).
Tuttavia, rimangono alcuni punti interrogativi e critici legati a diversi fattori:
- un campione troppo piccolo per la generalizzazione dei risultati;
- un’ assegnazione non casuale dei soggetti alle condizioni di trattamento;
- uno sbilanciamento tra i due campioni rispetto alla percentuale dei soggetti agorafobici (CBT 56% vs EMDR 20%) ;
- l’ assenza di valutatori indipendenti;
Essendo uno studio pilota, alla luce di questi limiti, si dovrebbero mettere a punto trial clinici controllati, utilizzando specifici strumenti di valutazione e ampliando il campione di soggetti. Tuttavia nonostante i limiti metodologici sovra riportati, lo studio pilota ha indotto i ricercatori ad interrogarsi su una possibile nuova metodologia di trattamento del disturbo.
Protocollo EMDR per il Disturbo da Attacchi di Panico di Marcia Whisman: i tre livelli di paura
Marcia Whisman vede il panico come “un’esperienza terrificante costituita da intense sensazioni fisiche, un senso di terrore o di imminenti conseguenze nefaste e da un’incapacità di comprenderne il motivo o l’origine” (2005). L’ acuita sensibilità del sistema nervoso, lo sconvolgimento emotivo e pensieri spaventosi (anche se distorti) su quanto gli accade sono i principali fattori dello svilupparsi di un comportamento evitante come meccanismo di reazione (Whisman, 2005). Gli obiettivi della terapia secondo Whisman consistono nell’istruire il paziente sul panico e sulla sua incapacità di realizzare le sue peggiori paure. Ciò che il paziente deve essere in grado di acquisire sono le capacità di:
- gestione dell’ansia;
- acquisire gradatamente un controllo sui sintomi ansiogeni;
- desensibilizzare le cognizioni di paura che ha sviluppato.
“L’obiettivo finale è quello di riportare il paziente alla piena funzionalità in modo da permettergli di trovarsi a suo agio in situazioni precedentemente temute”.
L’ EMDR per Whisman è una terapia efficace per desensibilizzare e rielaborare cognizioni di paura, fino a farle rientrare all’interno di un sistema di convinzioni più preciso e gestibile. Il protocollo EMDR viene da lui integrato con l’ ipotesi per cui la maggior parte dei pazienti soffre di tre livelli di paura; in assenza della paura di primo livello, il terapeuta può procedere al secondo livello, e così via. Una delle raccomandazioni dell’autore è di non procedere mai con l’ EMDR se il paziente entra in panico durante il trattamento, in quanto potrebbe perdere la capacità di elaborare al meglio il suo vissuto di paura; in questi casi, il terapeuta deve aiutare il paziente a calmare l’ ansia, elaborarla e quindi continuare con l’ EMDR. Ecco di seguito riportato il trattamento EMDR integrato alla teoria dei tre livelli di paura.
Primo Livello di Paura:
Paure immaginarie: queste paure provengono da attribuzioni fatte dal paziente sull’origine stessa del panico, radicate in funzione dell’arco di tempo trascorso dal primo attacco di panico e della mancanza di informazioni relative all’esperienza vissuta.
Impostazione EMDR – Immagine: il paziente dovrà ricordare e immaginare in modo dettagliato il primo o peggior attacco di panico come se dovesse rivederlo in un video.
Desensibilizzazione delle convinzioni catastrofiche: qui il terapeuta dovrà integrare le istruzioni fornite nella parte psicoeducazionale e lavorare su pensieri e su attribuzioni più razionali che riguardano l’ attacco di panico.
Passaggio alla fase successiva: si passa al secondo livello di paura quando il paziente crede fortemente che le sensazioni che prova durante un attacco di panico siano dovute alle proprie emozioni e all’adrenalina e non a un attacco di cuore o a un esordio psicotico.
Secondo Livello di Paura:
Paura della paura: questo livello è relativo all’ incapacità del soggetto di gestire gli attacchi di panico in modo funzionale.
Impostazione EMDR – Immaginare: il terapeuta chiede al paziente di ricordare un attacco di panico memorabile/rappresentativo oppure immaginare un attacco di panico che potrebbe verificarsi nel futuro. Il soggetto dovrà utilizzare le strategie suggerite dal terapeuta per fronteggiarlo (stai respirando, non stai per morire).
Passaggio alla fase successiva: si passa alla fase successiva solo una volta che il paziente avrà raggiunto la padronanza adeguata rispetto all’ attacco di panico immaginato o ricordato.
Terzo Livello di Paura:
Paura della prestazione: questo livello riguarda l’esposizione del soggetto alla situazione temuta.
Impostazione EMDR – Immagine: ripercorrere con la mente l’esposizione da affrontare. La narrativa viene svolta dal paziente; viene chiesto al paziente di fermarsi in qualunque momento provi ansia: i movimenti oculari saranno diretti alla sensazione fisica e verranno ripetuti fino alla desensibilizzazione.
Passaggio all’ esposizione in vivo: l’esposizione in vivo dovrebbe avvenire al più presto possibile, seguita da due ulteriori esercitazioni in vivo prima della seduta successiva (possibile solo se il paziente è ora in grado di farcela da solo o se ha un partner di supporto).
Considerazioni conclusive
Dall’analisi dello studio effettuato da Faretta (2007) sono emerse quelle che possono essere considerate le principali modifiche e integrazioni apportate dall’autrice all’originale protocollo EMDR, elaborato da Shapiro. Queste possono essere ricondotte alla seconda e terza fase del trattamento. Durante la fase 2 è stata inclusa una psicoeducazione specifica sul panico, cioè, sulla sua natura e sugli aspetti fisiologici; la fase 3 (individuazione dei target) è mirata all’ individuazione degli eventi passati stressanti, oltre alla focalizzazione sul ricordo del primo attacco di panico, del peggior attacco di panico e infine dell’ attacco di panico più recente. Inoltre, vengono rintracciate le esperienze infantili che hanno fatto sperimentare al soggetto sensazioni come abbandono, umiliazione e paura. La ricerca ha rintracciato dei fattori predisponenti il disturbo di panico (Faretta, 2012), quali:
- storie di separazione dalla famiglia
- prolungata malattia di un genitore;
- abusi da parte di un parente;
- storie di abbandono.
L’insorgenza del Disturbo da Attacchi di Panico è quindi correlata alla riattivazione di esperienze traumatiche precedenti, comprese separazione, lutto, malattia o un periodo di stress prolungato.
A differenza di Faretta, Whisman sembrerebbe adottare un approccio che si basa su una priorità specifica: è essenziale trattare il panico prima del trauma poiché la persona non si sente al sicuro nel presente (Terrel, 2006). Infatti, il protocollo di Wishman predispone il soggetto all’attualizzazione delle esperienze del panico, e di quei pensieri che impediscono al sintomo di essere affrontato in modo razionale. Come Faretta, Whisman mette in evidenza come la psicoeducazione sul panico sia un elemento fondamentale per portare a termine il trattamento EMDR. Lo psicoterapeuta interviene a livello dei pensieri disfunzionali che portano il soggetto a adottare e automatizzare strategie di evitamento e a rafforzare la sintomatologia dovuta al panico.
Un’ altra importante variazione del protocollo sta nell’integrare l’esposizione dal vivo nel trattamento EMDR. Il terapeuta ha il compito di guidare il paziente seduta dopo seduta; l’autore precisa che l’esposizione in vivo dovrebbe avvenire al più presto, per facilitare l’integrazione dei comportamenti adattivi appresi. Ciò è possibile solo se il paziente è in grado di farcela da solo o se ha un partner di supporto (il terapeuta) che lo accompagna durante le esposizioni. I protocolli EMDR elaborati per gli attacchi di panico non prevedono l’utilizzo dell’ esposizione in vivo; solitamente questa tecnica viene impiegata nel trattamento delle fobie. Questo potrebbe diventare un buon punto di discussione: Whisman, infatti, sembra utilizzare un approccio al panico più comportamentale, tralasciando le componenti cognitive che Faretta inserisce all’interno del suo protocollo.
Faretta risulta essere in linea con il pensiero di Giannantonio (2009) che riporta l’importanza di raccogliere la storia di vita del paziente e inserirla all’interno del trattamento EMDR. Infatti, secondo l’autore, l’ EMDR fa da sfondo al tentativo del terapeuta di recuperare la storia di attaccamento e di riportarla in seduta attraverso il recupero di alcuni aspetti fondamentali che contraddistinguono il disturbo da attacchi di panico.