Gli effetti dello stupro più comuni sono isolamento, depressione, ansia, sintomi somatici, tentativo di suicidio e disturbo da stress post traumatico. Le conseguenze psicologiche di uno stupro permangono a lungo nella mente della vittima.
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I ben noti effetti dello stupro, che questo sia o meno denunciato, sono isolamento, depressione, ansia, sintomi somatici, tentativo di suicidio e disturbo da stress post traumatico.
Anche se, solitamente, non vengono riportate serie conseguenze fisiche, le conseguenze psicologiche di uno stupro permangono a lungo.
Le donne aggredite che si presentano ai centri di emergenza manifestano degli intensi sentimenti di rabbia e paura, passando da ansia, agitazione, pianto, lamento e riso incontrollato fino ad una calma ostentata che copre ogni altra emozione.
Le reazioni delle vittime di violenza sessuale: la sindrome da trauma di stupro
Burgess e Holstrom (1974), nel loro pionieristico lavoro con le vittime di stupro presentatesi al Boston City Hospital, hanno descritto la “sindrome da trauma di stupro” (rape trauma sindrome).
Le reazioni che hanno rilevato nella loro esperienza, sono sia comportamentali, che somatiche e psicologiche; solitamente si manifestano in due fasi: una fase di disorganizzazione acuta, che dura qualche settimana, ed una di riconoscimento, che può durare da più di una settimana a molti anni.
Durante la fase acuta, solitamente si hanno reazioni di incredulità, shock, paura, vergogna, senso di colpa, sentimento di umiliazione, rabbia, isolamento, lutto e perdita di controllo. Le reazioni somatiche più comuni, comprendono tensione muscolo-scheletrica, irritabilità gastro-intestinale, disturbi genito-urinari.
Spesso tra gli effetti dello stupro più comuni, vi sono reazioni di paura, da parte delle vittime, legate alla possibilità che famiglia e amici scoprano cosa è accaduto.
Durante la fase di riorganizzazione vengono manifestati sentimenti di vulnerabilità, disperazione, senso di colpa e di vergogna. I sintomi comprendono un’ansietà diffusa, mal di testa, insonnia ed altri disturbi del sonno, depressione e rabbia. Questa fase è a volte caratterizzata da frequenti traslochi e cambiamenti del numero telefonico.
Tra gli effetti dello stupro sulle vittime, vi sono alcune fobie più diffuse, esse includono la paura degli spazi chiusi (se lo stupro è avvenuto in casa), agorafobia o fobia degli spazi aperti, paura di restare soli e paura della sessualità.
La vittima diventa una sopravvissuta quando è in grado di riconoscere lo stupro, di esprimere la propria rabbia, il proprio dolore, e di ritornare ad una vita normale.
Una sequenza di stupri protratta può portare a depressione, tentativi di suicidio, uso di droghe ed alcol, disfunzioni sessuali, e problemi relazionali.
Circa un terzo delle vittime sviluppano la sindrome post-traumatica da stress, un terzo manifesta un episodio di depressione maggiore negli anni successivi la violenza, contro la stima del 10% della popolazione femminile (Kilpatrick et al., 1992).
Dai follow-up è emerso che il 33% ha pensato al suicidio, paragonato all’8% della popolazione femminile. Le vittime di stupro hanno il 13% di probabilità in più di tentare il suicidio.
Le vittime “silenti”, cioè che non riportano a nessuno l’esperienza vissuta, spesso manifestano un alto livello di ansia, fobie, perdita di autostima, senso di colpa e vergogna, incubi notturni e possono sottoporsi a numerose cure per sintomi somatici senza causa eziologia.
Gli effetti dello stupro: cosa cambia se la vittima denuncia la violenza?
Sarebbe auspicabile che le donne che hanno subito una violenza sessuale si presentino ai centri di assistenza, dove possono ricevere sostegno per evitare effetti a lungo termine tramite un processo di ricostruzione dell’autostima, allentamento del senso di colpa ed incoraggiamento ad esprimere la rabbia.
La vittima è realmente diventata una sopravvissuta agli effetti dello stupro quando ha elaborato l’aggressione, senza flashback e ricordi intrusivi. Questo tipo di elaborazione è accompagnata da una diminuzione dei sintomi ansiosi e depressivi.
Da un’intervista su 126 soggetti sono emerse alcune differenze nelle risposte delle donne che hanno denunciato e donne che non hanno denunciato la violenza subita (Peretti e Cozzens ,1979).
Nelle risposte dei soggetti che non hanno denunciato emergono maggiormente fattori di confusione, diniego, razionalizzazione, ricerca di significato ed isolamento; nelle risposte delle donne che hanno denunciato emergono fattori come ansia, umiliazione, vergogna e rabbia. Non sono, invece, emerse significative differenze per quanto concerne fattori come l’imbarazzo, l’umiliazione, il senso di colpa e la paura.
Tutti i soggetti hanno dichiarato che lo stupro è un atto distruttivo a livello psicologico, sociale, comportamentale e che scardina la propria sessualità.
Tra gli effetti dello stupro di natura fisica troviamo senso di fatica, mal di testa, nausea, mal di stomaco e dolore vaginale; gli effetti comportamentali consistono nella paura a camminare ed uscire da soli e rigetto all’intrattenere normali comportamenti amichevoli (come sorridere, chiacchierare, dare la mano) con chiunque; i disturbi sociali conseguenti uno stupro consistono nella restrizione di tutti i contatti sociali per molti mesi dopo la violenza, incapacità a socializzare con uomini e di avere rapporti sessuali con il proprio partner; i disturbi della sessualità comprendono l’apatia sessuale, vaginismo, disfunzioni dell’orgasmo e dispareunia.
Le donne che non denunciano la violenza hanno più problemi nell’accettare la realtà della violenza sessuale e gli effetti dello stupro. Le donne che non denunciano la violenza subita tendono a rispondere alla stessa con una gran distruttività, che si ripercuote sulla loro qualità della vita. Hanno un urgente bisogno di collocare l’evento tragico in un quadro che lo renda più comprensibile. Queste donne hanno difficoltà ad accettare la possibilità che alcuni semplici fattori l’abbiano messe nella posizione di vittime, temono di aver avuto un comportamento interpretabile ambiguo verso l’aggressore.
Per quanto riguarda la variabile dell’isolamento, spesso la vittima pensa che lo stupro sia un’esperienza su cui devono lavorare in solitudine. Da un punto di vista legale, questo desiderio di isolamento è irrazionale ed indesiderabile, perché l’evidenza di uno stupro richiede perizie mediche che comportano il contatto con altre persone.
Da una ricerca su 70 donne che si sono rivolte ad un centro assistenza ospedaliero per le vittime di stupro, è emerso che queste vittime presentano alti livelli di depressione, ansia, ostilità, disturbo post-traumatico da stress e confusione; questi stati emotivi si ripercuotono sulle credenze su loro stesse, gli altri ed il mondo in generale (Frazier e Searles, 1997)
Che conseguenze ha uno stupro se la vittima conosce l’aggressore?
Relativamente agli effetti dello stupro, le donne che hanno subito la violenza da persone conosciute presentano un più alto livello di senso di colpa comportamentale, anche se il grado di senso di colpa caratteriale, tra donne violentante da conoscenti o da estranei, non è significativamente diverso.
Le donne che non dichiarano di aver subito una violenza sessuale, nonostante la loro esperienza possa essere classificata tale dalle risposte fornite al SES, mostrano una maggiore attribuzione di colpa per il comportamento tenuto.
Le donne violentate da persone conosciute hanno manifestato un peggioramento delle proprie credenze in 4 scale su 10: sentono di avere meno forza e controllo, hanno minore stima per gli altri, si sentono meno collegati agli altri e provano minor conforto nel restare soli nella propria intimità.
E’ interessante notare che mentre il 100% delle donne che sono state violentate da uno sconosciuto sono consapevoli del fatto di essere state stuprate, solo il 47% di quelle violentate da un conoscente dichiarano di essere state violentate.
I risultati di questa ricerca mostrano che le vittime di violenze sessuali da parte di conoscenti sono traumatizzate allo stesso livello di quelle violentate da sconosciuti; ad esempio, non differiscono nei diversi gradi di depressione, ostilità, ansia e disturbo post-traumatico da stress.
Alcuni risultati suggeriscono, addirittura, che le vittime di violenza da parte di conoscenti, sono più traumatizzate delle altre, in quanto tendono a auto-incolparsi di più e a manifestare maggiori turbe nel proprio sistema di credenze.
Le vittime esprimono vergogna e senso di colpa per essere state violentate; ritengono che siano state “stupide”, che sia stato un loro sbaglio e che avrebbero dovuto prevenire l’evento (Orlandini, 2002).
Dalla ricerca di Koss et al. (1988) è emerso che sul piano dell’impatto dell’esperienza sulle vittime, quelle aggredite da sconosciuti parlano più facilmente della loro esperienza con qualcuno, si rivolgono ad un centro di crisi, denunciano alla polizia.
Tra tutte coloro che hanno riferito la loro esperienza a qualcuno, il 19.2% delle vittime di sconosciuti ed il 17% delle vittime di conoscenti si sono rivolte ad un centro di crisi; alla polizia si sono rivolte il 21.2% delle prime e il 17% delle seconde. I gruppi non differiscono per la percentuale di donne che ha pensato al suicidio dopo l’aggressione (27.8%).
Mentre il 55% delle donne aggredite da un estraneo considera la propria esperienza uno stupro, solo il 23.1% della donne aggredite da conoscenti lo considerano tale; le prime hanno inoltre più probabilità che la persona a cui raccontano l’esperienza consideri la stessa come stupro.
Sul piano degli effetti dello stupro, i sintomi manifestati nei due gruppi non differiscono; sono stati considerati i livelli di depressione (tramite il Beck Depression Inventory), ansia (tramite lo State Anxiety Index), la qualità dei rapporti interpersonali ed il soddisfacimento sessuale. Koss et al. (1988) hanno poi confrontato i quattro gruppi di vittime di conoscenti.
Per quanto riguarda la percezione della donna, le vittime del proprio marito o di altri familiari avevano un grado molto più altro di rabbia, depressione ed aggressività verso l’assalitore; percepivano se stesse come meno responsabili per ciò che era successo rispetto alle donne vittime di compagni casuali o conoscenti senza implicazioni romantiche.
Per quanto riguarda la sintomatologia, le donne violentate da membri della propria famiglia hanno un più basso livello di qualità nelle relazioni interpersonali, mentre per gli altri aspetti non sono state riscontrate differenze.
Anche a distanza di mesi gli effetti dello stupro si mostrano vividi: le vittime si sentono ancora tese e profondamente umiliate. Si sentono in colpa per non esser riuscite a reagire fisicamente alla violenza. Depressione e perdita di autostima sono sempre molto comuni, molte cominciano a soffrire di incubi notturni. Alcune vittime sviluppano fobie, a seconda di dove è avvenuta l’aggressione non sopportano più stare in posti aperti o chiusi; altre sono soggette al disturbo post-traumatico da stress, spesso sviluppano un atteggiamento negativo nei confronti del sesso e hanno difficoltà nelle relazioni con mariti o partner.
Spesso, anche gli amici più cari, mettono in dubbio la complicità della vittima in quello che è successo.
Calhoun e Atkison (1991), due ricercatori clinici di provata esperienza in materia di stupro, sono così certi che i problemi sessuali siano una frequente conseguenza a lungo termine di un trauma da stupro, che esortano i clinici a prendere in considerazione la possibilità di una violenza in presenza di disfunzioni sessuale da parte della donna.
Una vittima di stupro va incontro ad ansia, depressione, rischio di suicidio, ad abuso di sostante (spesso inizia da un tentativo di auto-medicazione per alleviare l’ansia e la disforia generalizzata).
Le tipiche strategia di difesa messe in atto dalla vittima, dopo la violenza, sono la negazione e l’evitamento.
Si stima che solo una percentuale minima degli stupratori è condannata per il reato commesso. Inoltre, non si può negare che il processo sia un’esperienza molto stressante: qualsiasi rapporto di familiarità della vittima con il suo aggressore diventa un elemento a favore dell’assoluzione di quest’ultimo e, il ruolo della vittima nell’aggressione subita, è quasi sempre oggetto di esame da parte del difensore dell’imputato.
Spesso nei giorni seguenti lo stupro, la donna si trova in uno stato di abulia ed apatia: non riesce a parlare, non riesce a piangere, non riesce a sorridere né a mangiare, non sente niente.
La maggior parte delle donne, se conoscono l’aggressore, non riesce ad usare tutta la sua forza al momento dello stupro, questo può essere dovuto alla difesa dissociativa messa in atto nel momento della violenza: rimuovono le sensazioni fisiche e mentali da ciò che sta succedendo, in pratica oppongono una reazione di freezing. La dissociazione può quindi diminuire o bloccare la capacità reattiva all’aggressione.
Il sentimento di colpa nasce proprio dall’incapacità della donna di fermare l’uomo che l’ha violentata. E’ questo senso di colpa che fa sì che la donna non denunci l’accaduto e non cerchi conforto dai suoi amici: ha paura che la incolpino come lei incolpa se stessa.
A volte la donna continua a vedere l’uomo che l’ha violentata per porre l’esperienza in un contesto di “relazione sessuale” e farla quindi diventare più accettabile a se stessa. Nella maggior parte dei casi, l’uomo le stupra ancora. Queste donne non uscirebbero ancora con queste persone se etichettassero giustamente la loro esperienza come “stupro”.
Le donne violentate da conoscenti, hanno le stesse ripercussioni negative a livello psicologico delle vittime di sconosciuti, hanno però l’aggravante che spesso non parlano a nessuno della loro esperienza, non si rivolgono a gruppi di auto-aiuto che possono aiutare nella comprensione di ciò che è successo e delle reazioni della vittima, inoltre, quando lo raccontano, non sentono la stessa empatia e vicinanza che l’interlocutore mostrerebbe per una vittima di uno stupro stereotipico.
Tra gli effetti dello stupro, un comportamento comune, che la vittima riconosca o meno a se stessa di essere stata violentata, è il “rituale del lavaggio”: la vittima si lava ossessivamente, è nauseata dal sentirsi ancora sulla pelle l’odore dell’uomo. Si sentono sporche e violate, pur non ammettendolo coscientemente.
I rape myths nella valutazione dello stupro
Le donne violentate da conoscenti spesso non trovano supporto e conforto emotivo dagli amici e dai parenti, non vengono credute, o vengono ritenute responsabili di quello che gli è accaduto.
Nonostante i cambiamenti legislativi ed i cambiamenti socio-culturali avvenuti nell’ultimo secolo, una ricerca su un campione italiano (Sarmiento, 2004) sembra confermare le ricerche statunitensi sull’esistenza dei “rape myths” (Burt, 1977; Koss, 1982, 1985; Williams, 1984; McGregor et al., 2000; Buddie, 2001) e della loro importanza nella percezione dei rapporti di genere.
Il dato saliente di questo è il fatto che per più della metà dei soggetti intervistati, il comportamento della vittima renda privo di valore il suo dissenso ad avere un rapporto sessuale con l’uomo della storia: solo il 48% degli interpellati ritiene infatti che l’aggressore di un caso non stereotipico debba essere arrestato, seppur il 68% ritenga che si tratti di un caso di violenza sessuale.
Coerentemente a questo risultato i soggetti ritengono infatti che per la maggior parte dei soggetti si può parlare di violenza sessuale quando vi sia stato uso della forza o intimidazione attraverso un’arma, mentre solo il 58% ritiene che basti l’opposizione di un dissenso verbale perché un rapporto sessuale venga considerato un caso di violenza. In merito a questo aspetto le donne si dimostrano più sensibili, infatti si discostano dagli uomini di venti punti percentuali (F = 67,6; M = 47,5) anche se nella valutazione della storia non risultano apportare un giudizio significativamente diverso da quello degli uomini.
Un altro dato significativo è che il 45% dei soggetti non ritiene che si possa parlare di stupro tra coniugi; in Italia fino al 1976 questa possibilità non era contemplata neanche dal nostro sistema giuridico. Con sentenza del 16 febbraio 1976 la Corte di Cassazione non solo stabilisce che il coniuge non può pretendere con la forza il soddisfacimento della concupiscenza sessuale, ma anche che “…il delitto di violenza carnale sussiste non solo quando vi sia una lotta strenua, capace di lasciare segni sulla vittima, ma anche quando questa si sia concessa solo per porre termine ad una situazione per lei angosciosa ed insopportabile, poiché tale consenso non è libero consenso, bensì consenso coatto…”.
Il fatto che le violenze sessuali denunciate, e che quindi arrivano all’opinione pubblica, siano prevalentemente quelle ad opera di estranei, non fa che alimentare false credenze sui luoghi e le situazioni in cui è più facile incorrere in uno stupro, infatti contrariamente ai dati ISTAT, i soggetti interpellati considerano meno sicuri i luoghi isolati e le ore notturne.