Le teorie sulle motivazioni allo stupro sono piuttosto confuse e spaziano da una presunta patologia mentale dello stupratore, un forte odio verso le donne, fino a spiegare il comportamento sessuale deviante con l’ottenimento del climax del piacere sessuale quando la vittima resiste e soffre (Koss e Dinero, 1988).
Esistono in letteratura diversi modelli che cercano di spiegare le motivazioni alla base del comportamento deviante dello stupratore. Di seguito ne vedremo alcuni.
Leggi la prima parte di questo articolo: Gli aspetti psicologici della violenza sessuale: dalla definizione di stupro ai date rapes
Il modello patologico: lo stupratore e la coercizione
Vickers e Kitcher (2003) sostengono che il punto centrale dello stupro sono le cause della coercizione.
Gli autori immaginano due situazioni, nella prima un uomo (Adam) si sente fortemente attratto da una donna (Eve) e le propone un rapporto sessuale; Eve rifiuta, Adam insiste ma non la forza. Nell’altra situazione, un uomo (Tarquin), propone un rapporto sessuale ad una donna (Lucretia), questa rifiuta come Eva ma, Tarquin, la costringe ad avere un rapporto con lui. Secondo questi autori la ragione della coercizione non sarebbe da ricercare nella differenza tra Eve e Lucretia, ma tra Adam e Tarquin.
Gli autori criticano l’ipotesi secondo cui il gene dello stupro, derivante da nostri predecessori arcaici, alberghi sul cromosoma Y imputando, quindi, le ragioni della sua manifestazione ad indizi contestuali o a disposizioni psicologiche. Si potrebbe invece assumere che non tutti sviluppano questa disposizione e, di conseguenza, la differenza tra Adam e Tarquin sarebbe che solo il secondo l’avrebbe sviluppata.
E’ sicuramente necessario postulare delle alternative meno semplicistiche sulla ragione che porta alcuni uomini a stuprare una donna.
Vickers e Kitcher propongono quindi l’ipotesi che lo stupratore raggiunge livelli di eccitazione tali, da non riuscire a gestire il rifiuto di una donna. In questo caso la differenza tra Tarquin ed Adam sarebbe da ricercare al livello del desiderio sessuale. L’ipotesi è che, Tarquin ed Adam, abbiano una soglia diversa per l’attivazione dei meccanismi inibitori.
Modello psicoanalitico: l’aggressività dello stupratore e la de-umanizzazione della vittima
Abrahmesen, nel 1960, scriveva:
l’aggressore ha bisogno di uno sfogo per la sua aggressività sessuale e trova una partner remissiva la quale inconsciamente lo invita ad un abuso sessuale per poter soddisfare i suoi bisogni masochistici.
Questo autore sostiene che la base motivazionale dello stupratore sarebbe la frustrazione sessuale provocata dalle mogli. Lo stupro sarebbe un tentativo inconscio di costringere alla sottomissione una madre che seduce e contemporaneamente respinge; questo vissuto verrebbe attualizzato in una relazione coniugale frustrante.
Secondo Orlandini (2002) quello dell’aggressore non è tanto un bisogno ed un proposito “sessuale”, quanto un fondamentale bisogno di dominanza e forza. Questo bisogno verrebbe conseguito attraverso la de-umanizzazione della vittima, che diventa un oggetto senza significato: la donna diventa il contenitore di tutte quelle emozioni negative di cui l’assalitore vuole sbarazzarsi, come se si trattasse di un’“infezione psichica”.
Uno stupro ha veramente poco a che fare con la passione e la sessualità, è bensì un atto pseudo-sessuale dovuto ad ostilità, collera e controllo.
Il bisogno, narcisistico e sado-masochistico, di esercitare la propria forza ed il proprio controllo su una vittima attraverso lo stupro, potrebbe derivare da sentimenti inconsci di impotenza e svalutazione, o da un profondo vuoto interno ed una profonda depressione.
La persona sado-masochista per provare piacere deve distruggere l’umanità dell’oggetto e schiavizzarlo: l’oggetto per essere usato deve essere trasformato in un oggetto senza connotazioni umane. A muovere lo stupratore sono la pretesa di essere come Dio, il Sé grandioso, la mancanza di empatia, cioè le principali caratteristiche del narcisismo.
Modello evoluzionistico: le disposizioni psicologiche negli uomini e nelle donne
Buss (1989) propone una teoria sulle strategie sessuali in cui il ruolo svolto dall’uomo e della donna sarebbe asimmetrico in almeno tre fronti della sfera riproduttiva.
Innanzitutto gli uomini, al contrario delle donne, non sono mai certi della loro paternità; poi le donne sono fertili per una piccola porzione della vita rispetto agli uomini; infine le donne investono molto di più nella riproduzione rispetto agli uomini. Nell’arco di una vita una donna produce circa 450 gameti, mentre in una singola eiaculazione ce ne sono milioni. La donna è inoltre molto più impegnata nel suo ruolo riproduttivo, anche solo per il fatto che, dopo nove mesi di gravidanza, deve provvedere all’allattamento. Queste asimmetrie creano problemi adattivi per uomini e donne.
Gli uomini hanno bisogno di incrementare la loro probabilità di paternità identificando il valore riproduttivo della donna (e quindi preferendo donne che hanno un maggior tempo riproduttivo davanti a sé, quindi più giovani). Le donne hanno la necessità di trovare un uomo che possa provvedere ai bisogni suoi e dei figli e di proteggerli dagli aggressori.
La selezione naturale privilegerà, perciò, quelle disposizioni psicologiche che portano l’uomo ad un’inclinazione verso la gelosia, verso la ricerca di copulazioni veloci, all’attrazione verso donne che presentano segni di un alto valore riproduttivo. Similmente, la selezione naturale favorisce nelle donne quelle disposizioni psicologiche che le portano a cercare uomini anziani (uomini quindi con potere e risorse economiche) e che hanno minori possibilità di cercare altre donne.
Buss ha dimostrato la sua teoria conducendo una ricerca su 37 tipologie culturali in 33 nazioni, per un totale di 10.047 soggetti, indagando sulle caratteristiche ricercate nel proprio compagno.
Questa ricerca è stata però contestata perché le effettive strategie di ricerca del proprio compagno possono essere molto meno coscienti da quelle messe in luce dal questionario proposto da Buss, inoltre il setting sperimentale ed il reale contesto di scelta sono troppo dissimili (Vichers e Kitcher, 2003).
Modello della socializzazione: la distorsione degli schemi socializzati sul ruolo dell’uomo e della donna
Secondo questo modello, lo stupro si colloca su un continuum dell’esperienza sessuale che informa sulla differenza di potere tra uomo e donna nella società. La motivazione dell’aggressione sessuale può anche essere attribuita a schemi socializzati per le relazioni sessuali. E’ stato postulato che gli uomini sovrastimano l’interesse delle donne per l’attività sessuale. Questo fatto, combinato con il ruolo maschile di iniziatore dell’attività sessuale, lo pone in una posizione in cui deve testare i limiti della propria partner.
Questa tendenza sociale per cui sarebbe l’uomo a dover sondare la volontà sessuale della donna, unito al bisogno maschile di esercitare il proprio potere, potrebbe sfociare in una violenza sessuale.
Bondurant e Donat (1999) sostengono che un progetto di prevenzione dovrebbe basarsi sulla necessità di una chiara comunicazione tra uomo e donna. Il loro approccio parte dal presupposto che la violenza sessuale da parte di persone conosciute sia il risultato di un errore comunicativo.
Abbey (1982) ha messo in luce come soggetti di diverso genere non percepiscano diversamente la disponibilità sessuale di una donna in contesti altamente sessualizzati, mentre la differenza risulta evidente in comportamenti più banali (ad es. la donna chiede all’uomo di uscire insieme per un appuntamento, oppure la donna accetta di uscire con un uomo per un appuntamento).
Comparando i risultati al Sexual Experience Scale (Koss, Gidyez e Wisniewski, 1987) con l’interpretazione dei comportamenti di una donna durante l’appuntamento con un uomo, è stato possibile verificare che i soggetti che tendono ad un comportamento sessuale aggressivo sono gli stessi che interpretano come sessualizzati comportamenti banali (Bondurant e Donat, 1999).
Uomini con un comportamento sessuale aggressivo includono quindi più facilmente comportamenti amichevoli o romantici in schemi cognitivi di interesse sessuale. Il problema non sarebbe quindi una mis-comunicazione ma una mis-interpretazione.
Gli errori interpretativi di questi uomini possono essere meglio compresi se inseriti in una costellazione di credenze, attitudini e tendenze comportamentali.
Koss (1985), nel suo lavoro pioneristico, senza usare la parola stupro ha chiesto a 2.971 studenti universitari se avessero mai ottenuto un rapporto sessuale da una donna solo dopo averla minacciata o aver usato la forza; i risultati hanno evidenziato: 187 stupri, 157 tentativi di stupro, 327 episodi di coercizione sessuale e 854 contatti sessuali non voluti. Nella maggior parte dei casi gli uomini che violentano donne che conoscono sono persone “regolari”, provenienti dal ceto medio, con pochi o nessun precedente penale: appaiono come i tipici studenti universitari.
Su 71 studenti universitari che hanno dichiarato di aver stuprato, solo 6 sono stati denunciati dalle vittime che hanno comunque successivamente deciso di non dar seguito alla vicenda. La maggior parte degli uomini che violentano una donna non etichettano la situazione come “stupro”.
Spesso, lo stupratore diventa premuroso ed affettuoso dopo il rapporto: riveste la donna, la copre ed insiste per riaccompagnarla a casa. Alcuni professano amore e vorrebbero continuare ad uscire con la vittima. Molti uomini che violentano donne che conoscono, credono nel dogma del “macho”: devono praticare tanta attività sessuale, se la donna è riluttante devono insistere, devono convincerla con le lusinghe, devono rifiutarsi di smettere e, alla fine, devono ottenere quello che vogliono. La relazione con una ragazza viene vista come una sfida.
Modello integrativo: oltre gli altri paradigmi
Questo modello cerca di spiegare quelle anomalie che non vengono contemplate dagli altri paradigmi.
E’ stato proposto un modello quadripartitico dell’aggressione sessuale che contempla l’attivazione sessuale fisiologica, schemi cognitivi, mancanza di controllo affettivo e problemi della personalità, come precursori della violenza sessuale (Hall e Hirschman, 1991)
Mulamuth et al. (1991) hanno proposto un modello che include l’ostilità verso le donne, attitudini a supporto dello stupro, associazione a bande delinquenziali e promiscuità sessuale.
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(parte 3): perché il silenzio? Il senso di colpa nelle vittime di violenza
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