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Gone Girl – L’amore bugiardo e la gelosia: una matrioska di sentimenti patologici – Cinema & Psicologia

La gelosia e il timore di perdere l'altra persona possono alle volte diventare patologici e deliranti tanto da indurre comportamenti aggressivi o inadeguati %%page%%

Di Caterina Poli

Pubblicato il 06 Nov. 2015

Aggiornato il 27 Ago. 2019 12:45

Caterina Poli, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MODENA

 

Le persone che vivono un amore patologico, arrivano ad appellarsi a comportamenti aggressivi, eccessivi, vendicativi, distruttivi ed estremi per riportare l’attenzione della persona amata su di sè. Ma si può definire amore?

Non sono gelosa. Chiedilo alla tua amica. La sua testa è in frigo.”
Questa freddura, che gira nei social network, è stata scritta da un anonimo che, in chiave divertente, voleva sdrammatizzare una dinamica tutt’altro che allegra: la gelosia patologica, “mostro dagli occhi verdi” shakespeariano.
Di primo acchito provoca un sorriso, soprattutto nelle donne che si immedesimano in un sentimento così intenso ma di difficile espressione, per la forte componente di imbarazzo e vergogna che suscita l’ammettere di sentirsi in uno stato di inferiorità, in un vortice di insicurezze che mantiene vigili davanti a ogni rischio o pericolo di perdita dell’amato.

In un secondo momento innesca, invece, un processo di riflessione: cosa scatta nelle persone quando vedono a rischio il rapporto con il partner?
La conflittualità con i rivali, visti come possibili avversari e pericolose alternative, seppur spesso sia solo frutto di un’immaginazione spiccata del geloso stesso e non in linea con il piano di realtà, porta a sintomatici vissuti, frutto di discussioni accese tra i partner. L’irrazionalità dell’amore sta nell’incapacità di autocontrollarsi davanti a pensieri pervasivi che devastano mentalmente l’individuo.

Per spiegare la gelosia patologica bisogna prima fare un passo indietro e definire la gelosia, in modo tale da tracciare un confine tra ciò che si reputa normale e ciò che sfocia nell’anormalità. Ma prima ancora bisogna fare una digressione sull’amore patologico, da cui sfuma la gelosia. Una matrioska di sentimenti ambivalenti, tra il lecito e l’illecito, il morale e l’amorale.

Le persone che vivono un amore patologico, arrivano ad appellarsi a comportamenti aggressivi, eccessivi, vendicativi, distruttivi ed estremi per riportare l’attenzione della persona amata su di sè. Ma si può definire amore? Spesso si assiste a casi di coppie in cui il partner prende in ostaggio i sentimenti dell’altro, con ricatti, bugie e presunzione, ma come può ritenersi un rapporto destinato a durare nel tempo? Un recinto dalle mura invalicabili dove giochi di brutto tiro intrappolano in rapporti senza fine e senza amore. Si sta insieme più per apparire socialmente invidiabili, culturalmente affascinanti all’apparenza, ma chiusa la porta di casa nessuno vorrebbe fare i conti con una realtà sempre più all’ordine del giorno, quelle coppie che si dichiarano amore incapaci poi di costruire giorno per giorno ciò di cui realmente una coppia necessita.

Su queste premesse, il regista David Fincher, ha creato ad hoc le fondamenta del suo capolavoro cinematografico : “Amore Bugiardo-Gone Girl”, interpretato da Ben Affleck nelle vesti di Nick e Rosamund Pike nelle vesti di Amy, una coppia legata da un matrimonio problematico a tal punto che allo scoccare del quinto anniversario Amy scompare.

SPOILER ALERT: L”ARTICOLO SVELA LA TRAMA DEL FILM

Nick inizialmente viene indagato come presunto omicida visti gli indizi disseminati per la casa e la sua relazione extraconiugale con una sua studentessa, che giustificherebbe il suo bisogno di sbarazzarsi della moglie, risultata incinta. La cruda verità dei fatti però è che l’accaduto è un diabolico e vendicativo piano di Amy che, vedendo il marito freddo, distratto e soprattutto infedele, ha messo in scena tutto, dal campione falso di urine per simulare una gravidanza fino ad arrivare a un diario segreto, lasciato in bella vista, dove esterna malessere e paura di una relazione ormai vicina alla tragica e inevitabile fine.

Dopo aver camuffato il suo aspetto, Amy fugge e si rifugia dapprima in un residence poi da Desi Collings, un suo amante del passato, facendogli credere di esser pedinata. Durante un’ennesima intervista tv a Nick, richiesta da quest’ultimo per cercare di convincere disperatamente l’opinione pubblica della sua innocenza, Amy ne rimane colpita e si riscopre attratta dal marito e pronta a tornare da lui. Così, per giustificare il suo rapimento, simula una sorta di prigionia da parte di Desi, uccidendolo senza scrupoli con un taglio alla gola e numerose coltellate in camera da letto, non prima di aver creato ad arte i segni delle sofferenze di altri presunti atti violenti. Amy torna a casa a un mese dalla sua scomparsa e racconta agli agenti dell’FBI la sua falsa storia, ma la sua bugia non regge con Nick, il quale, recita davanti a tutti la parte del marito che ritrova la sua amata, ma, in separata sede, smaschera Amy, che, spalle al muro, non mancherà di farlo sentire sotto ricatto e obbligarlo dunque a nascondere il tutto. Nick non trovando il coraggio di abbandonarla finge che la situazione sia tornata alla normalità, e davanti a tutti dichiarano amore reciproco annunciando che aspettano un figlio, stavolta per davvero, concepito da Amy con lo sperma di Nick conservato in una clinica.

L’ARTICOLO CONTINUA DOPO IL TRAILER

Questa trama altamente complicata e piena di intrecci, parte da una situazione di vendetta di un’infedeltà che sembrerebbe una delle più tipiche reazioni alla scoperta di un tradimento, per di più prolungato nel tempo, del proprio partner, ma in realtà sfocia in una delirante reazione di follia della moglie. Il folle progetto architettato da Amy rasenta la patologia. Ogni sua azione è irreale, dall’omicidio di Desi, uomo capitato per caso nella sua strada e colpevole di amarla troppo, fino a tutti gli stratagemmi pungenti con cui tenta di intrappolare il marito. Paradossalmente accade un fenomeno spesso presente nelle coppie, dalla noiosa quotidianità priva di sentimenti, si passa attraverso tranelli e bugie, filo conduttore del film, a una situazione in cui si vede riacceso l’amore di Amy, pronta a perdonare il marito del tradimento. Un fuoco che spento, forse mai esistito, attraverso varie peripezie, riappare magicamente. Ma quando, neppure i tranelli e i sotterfugi riescono a calmare le acque di una tempesta emotiva relazionale, di cui l’amore patologico ci ha dato un chiaro esempio, ci troviamo davanti al sentimento della gelosia patologica.

Un ciclo interpersonale disfunzionale che provoca un’instabilità relazionale e una vulnerabilità verso lo scompenso. Il più delle volte, la gelosia affonda le sue radici nell’infanzia, in una cattiva relazione che il geloso ha instaurato con i propri genitori, i quali, non rinforzando in modo appropriato il bambino nel costruirsi una buona fiducia in se stesso e una buona autostima, fanno sì che evolva una personalità inconsapevole del suo valore e profondamente insicura. Ogni soggetto, tende a riprodurre nella sua vita affettiva adulta il tipo di relazione che ha avuto con la figura materna. Secondo la teoria dell’attaccamento, nella nostra vita tendiamo a recitare sempre lo stesso script, copione, quindi, se la mia sceneggiatura è “essere geloso dell’amato”, anche se il mio partner è la persona più fedele del mondo, finirò comunque per sospettarlo. Doucherty ed Ellis, a tal proposito, hanno riportato alcuni casi interessanti di mariti gelosi che accusavano le mogli di vizi inesistenti che però ben si confacevano alle loro madri.

Ma cos’è esattamente la gelosia?
Un sentimento? Una reazione fisiologica? Un’emozione?
Con questa rassegna proverò, appellandomi ad alcuni degli autori che più si sono occupati di questa tematica di definirla nel migliore dei modi.
Secondo gli psicologi Tarrier, Beckett, Harwood e Bishay, la gelosia è [blockquote style=”1″]un complesso emozionale multidimensionale e pervasivo caratterizzato dalla percezione di una minaccia di perdita del partner e sospetti infondati di potenziali rivali che include componenti comportamentali, affettive e cognitive.[/blockquote] La gelosia è fonte di sofferenza non solo per chi la subisce ma anche per chi la prova e, a causa dei suoi effetti distruttivi, è protagonista di molti fatti di cronaca. Secondo Eurispes, infatti, è il movente della maggior parte dei crimini passionali in Italia ed è il sentimento che più provoca disagio soggettivo, imbarazzo, perdita dell’autostima fino al disprezzo di sè.

La psichiatra Marazziti D., la definisce un’emozione normale che serve a diversi scopi: il principale è la stabilizzazione della coppia, attraverso la percezione dei segnali che possono insidiarla. David M. Buss la definisce [blockquote style=”1″]un’emozione negativa solo nel senso che provoca dolore psicologico, mentre invece è estremamente positiva, perché preposta a cogliere ed identificare i pericoli che potrebbero minare la coppia, mobilitando strategie specifiche per mantenerne la stabilità.[/blockquote]

Secondo la teoria delle emozioni, che si chiama cognitivo-fenomenologica, sviluppata principalmente da Richard S. Lazarus, la gelosia viene considerata come [blockquote style=”1″]una serie di risposte emotive e comportamentali che fanno seguito ad una conseguenza di valutazioni e rivalutazioni continue di ciò che accade tra il geloso, il partner e la terza persona che si inserisce tra i due.[/blockquote]

La gelosia è ritenuta patologica quando supera il livello di possessività che è considerato nella norma da una data società o cultura, ed è caratterizzato da tre componenti fondamentali:
– la credenza che la relazione con la persona amata sia l’unica cosa che abbia importanza nella propria vita;

– la malinterpretazione dell’innocenza dei comportamenti, pensieri e sentimenti dell’amato, vista in chiave di continua sospettosità;

– la percezione della potenziale perdita dell’amato come un evento assolutamente catastrofico per la propria vita.

Si teme a tal punto che un legame possa finire che, senza volerlo, a causa delle proprie tormentate preoccupazioni, accade l’inaccettabile fine.

Il confine tra l’amore avvolgente e il controllo ossessivo è abbastanza sottile, a volte labile. Quando la gelosia diventa esagerata e il sospetto e la sofferenza della perdita diventano insopportabili, allora s’innesca la patologia. Secondo Clèarambault, il geloso patologico si distingue dal normale per [blockquote style=”1″]l’esaltazione passionale prolungata nel tempo, con contenuti di pensiero coatto e vischioso che tendono ad autoalimentarsi fino ad eliminare ogni feedback con la realtà. Il tutto si traduce sul piano comportamentale, in azioni irrispettose e oltraggiose, spesso brutali nei confronti dell’altro.[/blockquote]

Lorenzi, nell’ambito della psicologia patologica, ha provato a proporre una classificazione comprensibile e ben definita per fare diagnosi di questo disturbo in continua crescita, anche se, ad oggi non viene ancora inserito nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), ritrovandosi però nel disturbo delirante o nel disturbo ossessivo-compulsivo, oppure come sintomo di altri disturbi psichiatrici, come la depressione e il disturbo di panico, o di malattie neurologiche, come il morbo di Parkinson, i traumi cranici, l’alcolismo cronico: in questi casi si parla di gelosia sintomatica o secondaria.

Sempre Lorenzi ha individuato tre diverse declinazioni del fenomeno:
– Iperestesia gelosa (sindrome di Mairet)
– Gelosia ossessiva
– Gelosia delirante (sindrome di Otello)

Chi soffre di iperestesia gelosa vive in un clima di vissuti di gelosia non solo di tipo amoroso. Le idee di gelosia sono nitide, persistenti, prevalenti a forte componente affettiva e spingono ad azioni patologiche. Queste occupano tutto il campo esperienziale del soggetto e gran parte della sua coscienza pur mantenendo un costante confronto con la realtà. Spesso arrivano a essere un vero e proprio stile di vita, quindi onnipresenti in ogni relazione umana significativa che il soggetto andrà a costruire.

Nella gelosia ossessiva le idee di infedeltà sono indiscutibili e il dubbio è lacerante a tal punto che invalida la vita quotidiana dell’individuo. Chi ne soffre è costantemente alla ricerca di segnali che possano affievolirlo, confermarlo o smentirlo. Nonostante vi sia un riconoscimento dell’infondatezza dei loro sospetti e sono consapevoli della loro assurdità e ne provano vergogna, non riescono a modificare la loro condotta e sono tormentati da un dubbio di una potenza tale che li trascina in un abisso che li porta a frequenti interrogatori al partner, a controlli minuziosi che occupano la maggior parte del loro tempo.

Nel caso della gelosia delirante, vi è una ricerca continua e ossessionante di prove che confermino l’infedeltà del partner, perseguita spesso con modalità inusuali e la totale impossibilità di accettare un possibile dubbio, anche di fronte a ogni evidenza contraria o alla totale assenza di ogni indizio concreto. Raramente l’idea di infedeltà è associata a un unico e specifico rivale, ma in genere è vaga e al partner vengono attribuite varie relazioni più o meno transitorie e occasionali. Il comportamento del geloso delirante non è teso alla scoperta di qualcosa che si dà già per certo, ma piuttosto di far ammettere al partner la colpa, motivo per cui quest’ultimo viene continuamente assillato da interrogatori e da costanti richieste di confessioni. I deliri di infedeltà possono rappresentare i segnali di una schizofrenia latente, o apparire come nuovi tratti di psicosi già strutturate. I disturbi emotivi completano il malessere associato al delirio: la depressione, ad esempio, con i suoi vissuti di inadeguatezza e fallimento, può contribuire all’insorgenza o al peggioramento della gelosia delirante. Nel 1891 Krafft-Ebing sottolineò il legame tra alcol e gelosia, riportando che ben l’80% di uomini alcolizzati soffriva di una grave forma di delirio di gelosia, molto stabile nel tempo, ma gli studi più recenti hanno ridimensionato la percentuale abbassandola. Questo perché un tempo si pensava che l’alcol avesse un ruolo specifico nello scatenare la gelosia facendo emergere sospetti, facilitando errori di giudizio e alterando la percezione delle situazioni, oggi invece si pensa disinibisca solo l’individuo che, liberato dal proprio autocontrollo, riesce così a esprimere sospetti preesistenti, poiché sono spesso i problemi coniugali a portare all’alcolismo. Altre forme sono quelle scatenate dall’abuso di sostanze stupefacenti, come la cocaina o le anfetamine. I deliri di gelosia rispondono molto bene alla terapia con farmaci antipsicotici.

I ricercatori dell’Università di Pisa, Donatella Marazziti, Michele Poletti, Liliana Dell’Osso, Stefano Baroni e Ubaldo Bonuccelli, hanno pubblicato sulla rivista “Cns Spectrums” , della Cambridge University Press, i risultati di un loro studio in cui hanno individuato le zone del cervello dove nasce la gelosia patologica avvalendosi dell’utilizzo della risonanza magnetica funzionale. Attraverso le loro ricerche su alcolisti, schizofrenici e pazienti con il Parkinson, dove spesso sono presenti tratti di gelosia patologica, gli psichiatri hanno scoperto che è implicato soprattutto un trasmettitore, la dopamina, con un ruolo nello sviluppo della psicosi. Hanno evidenziato, in particolare, come il cervello di chi fa della gelosia un’ossessione sia programmato per assumere atteggiamenti impulsivi e fuori dal controllo razionale. Secondo questo studio gli eccessi di gelosia delirante sono causati quindi da uno squilibrio biochimico all’interno della corteccia prefrontale, ovvero un’area del cervello che sovraintende i processi cognitivi ed affettivi.

Già nel 1912, uno psichiatra tedesco, Emil Kraepelin, aveva collegato la gelosia ad alterazioni del cervello e all’abuso di droghe.
In alcune specie di topi al posto della gelosia abbiamo l’effetto Bruce: i maschi secernono una sostanza che, annusata da una femmina gravida, la fa abortire, ma solo se l’odore è diverso da quello del maschio che l’ha messa incinta. Questo permette al topo che induce l’aborto la possibilità di fecondare lui stesso quella femmina. Quindi, quel che noi esseri umani viviamo come sentimento della gelosia, in altre specie può essere un puro meccanismo fisiologico. Per questa ragione non possiamo ridurre la gelosia al sentimento geloso.

Sempre secondo la psichiatra Donatella Marazziti, si attivano anche i sistemi regolatori dell’ansia, della paura e dell’innamoramento. Infatti il soggetto geloso è molto simile ad un paziente ansioso, dal momento che spesso vive in uno stato di allarme continuo che ricorda il disturbo d’ansia generalizzato o l’ansia anticipatoria del disturbo di panico: questo suggerisce che entrino in gioco alcuni neurotrasmettitori come la noradrenalina, una sostanza che serve a risvegliare il cervello, a mantenerlo vigile, se necessario pronto a scattare all’attacco o alla fuga. Oppure, la reazione del geloso, è simile a quella che avviene nell’ansia di separazione, quando ad esempio da piccoli non sopportiamo di essere allontanati dai nostri genitori; si ritiene che in questa condizione svolgano un ruolo importante sostanze come i neuropeptidi oppioidi, le cosiddette morfine endogene.

Per certe caratteristiche, poi, il geloso può ricordare un paziente ossessivo o depresso: i neurotrasmettitori candidati sono in questo caso la serotonina, il cui compito è in genere quello di renderci più moderati, smorzando tutte le reazioni impulsive e la dopamina che attiva l’attenzione ed il senso del piacere. Donatella Marazziti, a tal proposito, ha somministrato un questionario a 400 studenti universitari ed a pazienti affetti da gelosia ossessiva, chiedendo loro di porre attenzione alla gelosia legata alla relazione attuale. Il questionario utilizzato era il “ Questionario sulle relazioni affettive”, composto da una prima sezione per la raccolta dei dati demografici, e da un’altra parte composta da 30 domande finalizzate all’identificazione di alcune caratteristiche fondamentali della gelosia.

A conferma delle aspettative, i pazienti avevano un punteggio totale superiore agli studenti e, in particolare, passavano più tempo a pensare al tradimento del partner, a tal punto che le loro attività quotidiane erano compromesse; provavano una sofferenza marcata; temevano molto di più di non essere sessualmente attraenti; parlavano meno volentieri dei loro problemi legati alla gelosia ed anche della gelosia in generale; tendevano, infine, a limitare la libertà del partner e a controllarlo.

Esiste anche una pista biochimica legata al tasso di estrogeni. David Gearly e altri quattro psicologi della University of Missouri-Columbia hanno studiato il livello ormonale di 282 studenti, invitandoli a compilare un questionario sulle relazioni sessuali e la gelosia. Hanno scoperto che le 62 ragazze che usavano la pillola anticoncezionale erano molto più gelose delle altre: quindi, secondo i ricercatori, è l’alto tasso di estrogeni, contenuti nella pillola, che condiziona il grado di gelosia femminile.

Alcuni studiosi, poi, si sono soffermati su quelle che sono le differenze di genere. David Buss si interrogò a riguardo già negli anni ’80 e i suoi studi sono stati ripresi anche da Grazia Attili, che nel 1998 fece una ricerca su 300 studenti dell’Università di Roma, equamente divisi tra maschi e femmine, in cui chiedeva di rispondere a una semplice domanda: “Cosa ti disturba e rende geloso?” in relazione a due eventualità: la prima in cui vieni a sapere che il/la tuo/a partner ha rapporti sessuali con un’altra persona, la seconda in cui vieni a sapere che il/la tuo/a partner ha un legame affettivo intenso e forse è innamorato/a di un’altra persona. E’ risultato che il 95% delle ragazze era sconvolto dalla seconda circostanza e solo il 32% dalla prima. Al contrario, il 65% dei ragazzi era disturbato dalla prima eventualità e solo il 45% dei ragazzi dalla seconda. Altri ancora, tra cui Peter Salovey, attraverso alcuni studi, si sono interrogati sulle differenze tra gelosia e invidia, termini spesso usati erroneamente come intercambiabili.

Mentre l’invidia riguarda ciò che si vorrebbe avere ma non si ha, la gelosia riguarda ciò che si ha e non si vorrebbe perdere. La gelosia, quindi, è un soffrire per una perdita possibile, l’invidia un soffrire per una mancanza attuale, di qualcosa che un altro ha.

Carla Diazzi del Dipartimento di Psicologia Generale di Padova, insieme ad alcuni colleghi ha elaborato un modello per la costruzione di uno strumento di tipo cognitivo-comportamentale, per l’assessment della gelosia patologica, partendo dagli studi sulla depressione di Beck. L’idea su cui si basa questo studio è che i gelosi morbosi abbiano sviluppato nel tempo uno schema cognitivo, basato su assunzioni erronee, a causa di dinamiche culturali, esperienziali e di personalità, che li porta a interpretare in modo non corretto gli eventi. Per questo motivo i comportamenti innocenti e neutri del partner vengono costantemente percepiti come una minaccia alla relazione o con sospetto causando reazioni emozionali e comportamentali eccessive che vanno ad infierire con il normale funzionamento del soggetto e della coppia. Da queste premesse è stato elaborato un test multidimensionale di 64 item suddivisi in 4 sezioni. La prima composta da una scala cognitiva, valuta la frequenza dei pensieri erronei. La seconda, composta da una scala emozionale, valuta l’intensità delle emozioni di paura, tristezza e rabbia sperimentate dal soggetto davanti a una situazione ipotetica di minaccia alla relazione. La terza composta da una scala comportamentale, chiede di valutare la frequenza con cui si manifestano comportamenti investigativi e di conferma, di evitamento e aggressivi contro il partner o i potenziali rivali. L’ultima sezione valuta la frequenza con cui le ruminazioni di gelosia si ripercuotono sulla vita dell’individuo e sull’armonia della coppia. Questo strumento di comprovata validità e attendibilità è in attesa di taratura italiana e di un suo futuro utilizzo in ambito psicodiagnostico.

I rischi infine, associati alla gelosia patologica, sono numerosi e si distinguono in:
-Comportamenti confirmatori, tra cui troviamo comportamenti di investigazione come interrogatori al partner, ripetute telefonate a lavoro, visite a sorpresa, fino a stalking o consultazione di detective privati; di controllo di vestiti, diari, corrispondenze del partner, ispezioni della biancheria e in casi estremi anche dei genitali per trovare prove a favore di un’attività sessuale illecita o l’utilizzo di strumenti di registrazione nascosti per raccogliere informazioni su eventuali relazioni clandestine.
– Depressione, ansia, fobie, facile irritabilità, agitazione.
-Evitamenti delle situazioni che possono provocare gelosia, come ad esempio, negozi/giornali che possono contenere immagini di persone giovani attraenti, o programmi televisivi/film per loro potenzialmente dannosi, o i contesti in cui si teme possa esser presente un possibile rivale. Comportamenti di questo genere non permettono la disconferma dei pensieri intrusivi, e quindi portano alla falsa credenza che l’infedeltà sia tenuta sotto controllo grazie proprio all’evitamento delle situazioni rischiose. Un circolo vizioso senza via d’uscita.
-Discussioni e accuse possono spesso sfociare in violenza fisica e verbale. Non di rado la gelosia patologica è correlata all’abuso coniugale e all’omicidio. Le donne, che rappresentano la maggioranza delle vittime, riferiscono raramente le proprie esperienze di abuso, sviluppando sintomi di impotenza, ansia, depressione, estrema passività e uso di sostanze alcoliche. La violenza legata alla gelosia non è solo fisica: spesso, infatti, il sopruso è più difficile da individuare perché viene inferto a livello psicologico, come emerso dai dati Istat. Le strategie comprendono: la denigrazione, il controllo di alcuni comportamenti, l’intimidazione e l’isolamento che può arrivare alla segregazione.

Ad oggi, la psicoterapia cognitivo-comportamentale ha dimostrato di essere molto efficace nel trattamento della gelosia patologica, soprattutto quando le ossessioni sono preminenti o se vengono individuati tratti di personalità borderline o paranoici. Anche la terapia di coppia, è un’ottima strada per la risoluzione dei conflitti relazionali.

Come emerge da questa rassegna, la gelosia patologica è una tematica su cui stanno uscendo dati sempre più avvincenti e stravolgenti e su cui tante scoperte si faranno ancora. Inevitabile quindi la conclusione di quanto sia importante all’interno dell’amore un sano sentimento di possessività e gelosia perché sentirsi l’esclusivo oggetto d’amore di una persona è il sogno di tutte le persone, e Bowlby con la sua formidabile teoria dell’attaccamento, lo insegna. Liotti stesso nella sua teoria dei “Sistemi Motivazionali Interpersonali” (SMI), evidenzia come il sistema di attaccamento e di riflesso di accudimento siano indispensabili nella vita di ogni singolo individuo, avere una base sicura da cui poter trarre le cure adeguate e il sostegno per affrontare le inevitabili peripezie della quotidianità in questi tempi di crisi politica, economica, sociale è una buona ancora di salvezza a cui appigliarsi e farsi forza. Ogni coppia attraversa tempi di crisi amorosa e sospetti ma finchè c’è ricongiungimento c’è speranza. Un motto banale, ma veritiero.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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