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Depressione: comportamenti di evitamento e strategie di intervento in psicoterapia cognitiva

L'articolo delinea i sintomi cognitivo-comportamentali della depressione, tra cui l' evitamento, e gli obiettivi principali del trattamento cognitivo. %%page%%

Di Mariangela Gaudio

Pubblicato il 26 Ott. 2015

L’articolo si propone di tratteggiare alcuni aspetti dei sintomi cognitivi e comportamentali caratteristici nel Disturbo Depressivo Maggiore, in riferimento alle conseguenze dei comportamenti di evitamento rispetto all’aggravamento del quadro clinico.

Abstract

Il presente articolo si propone di tratteggiare alcuni aspetti dei sintomi cognitivi e comportamentali caratteristici nel Disturbo Depressivo Maggiore, in riferimento alle conseguenze dei comportamenti di evitamento rispetto all’aggravamento del quadro clinico.

A fronte del quadro sintomatologico descritto, verranno delineati gli obiettivi principali dell’intervento psicoterapeutico ad orientamento cognitivo rispetto al disturbo considerato.

English Abstract

This article aims to outline some aspects of cognitive and behavioral symptoms characteristic in major depressive disorder, in reference to the consequences of avoidance behaviors with respect to the worsening of the clinical picture.

Given the set of symptoms described, it will be outlined the main goals of psychotherapeutic oriented cognitive compared to the disorder in question.

 

Depressione: comportamenti di evitamento e strategie di intervento in psicoterapia cognitiva

Il Disturbo Depressivo Maggiore, comunemente definito ‘depressione’, costituisce secondo recenti ricerche il disturbo psicologico più diffuso nel mondo (Gotlib e Hammen, 2009). Secondo lo studio ESEMeD (European Study of the Epidemiology of Mental Disorders), in Italia la prevalenza della depressione maggiore e della distimia nell’arco della vita è dell’11,2% (14,9% nelle donne e 7,2% negli uomini), ma soltanto il 29% dei soggetti affetti da depressione maggiore ricorre a un trattamento nello stesso anno in cui insorge (Wang et al., 2007).

In ambito clinico si rileva come il quadro sintomatologico depressivo conduce il paziente ad un calo del funzionamento sociale e lavorativo e ad una significativa compromissione delle altre aree importanti della vita, la cui intensità varia in relazione al livello di gravità del disturbo.

In riferimento alle ripercussioni che tale disturbo dell’umore genera nella vita quotidiana del soggetto, assume rilevanza evidenziare la connessione tra la difficoltà sperimentata dalla persona nello svolgimento delle abituali attività quotidiane e la presenza di comportamenti di ‘evitamento’, i quali creano un circolo vizioso e contribuiscono al persistere ed all’aggravarsi dello stato di sofferenza.

Rispetto a ciò si rileva come la persona che attraversa un periodo di depressione manifesta una notevole difficoltà nello svolgimento delle abituali attività quotidiane, causata dalla presenza dei sintomi cognitivi, emotivi, comportamentali e fisiologici caratteristici del disturbo, i quali possono alimentare ulteriormente la visione negativa, globale e assolutistica, che la persona ha di sé, la sfiducia nelle proprie capacità e le conseguenti intense emozioni di tristezza e angoscia provate.

In conseguenza di ciò, spesso la persona mette in atto istintivamente alcuni tipici comportamenti di evitamento, che conducono ad abbandonare o ridurre notevolmente gli impegni quotidiani e le attività piacevoli consuete, diminuendo in questo modo la possibilità di interrompere le rimuginazioni negative e sperimentare un seppur breve stato mentale positivo.

Ad esempio, la presenza di sintomi quali la difficoltà di concentrazione, di memoria, l’indecisione, mancanza di interesse o energia, etc. può condurre la persona a considerarsi incapace di affrontare e gestire autonomamente le occupazioni quotidiane consuete (es. lavorare, studiare, fare la spesa, preparare da mangiare, svolgere faccende domestiche, etc.), oppure a sopravvalutare irrealisticamente le difficoltà insite in esse. A causa di tale convinzione la persona può iniziare ad evitarle, a rimandarle, o a delegarle a qualcuno, diventando in tal modo eccessivamente dipendente dagli altri.

Sperimentando sintomi di apatia e disinteresse, il soggetto può evitare il contatto con altre persone e ridurre al minimo il dialogo con familiari e amici. In altri casi, può provare vergogna, senso di inferiorità o di colpa per il disturbo di cui soffre, sentirsi diverso dalla persona che era precedentemente,
 e, a causa di ciò, allontanarsi dagli altri, intrappolandosi ulteriormente in una solitudine dolorosa. Inoltre, può credere di non riuscire più a trarre soddisfazione e piacere dalle relazioni sociali.

Conseguentemente a ciò, spesso la persona depressa trascorre molto tempo isolata e inattiva, imprigionata in estenuanti rimuginazioni depressive. Tale situazione può condurre ad una marcata compromissione nello svolgimento delle attività ed ad uno stravolgimento delle relazioni sociali abituali. Inoltre, tra i comportamenti sintomatici frequentemente osservati in ambito clinico spesso si rileva la mancanza di interesse o la difficoltà della persona affetta da depressione nel curare il proprio aspetto fisico e nel mangiare in modo regolare.

La compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o scolastico e dell’abituale comportamento della persona si manifesta con diversi livelli di gravità.

In tal senso, mentre nella depressione più lieve generalmente la persona riesce a mantenere, seppure con difficoltà, la maggior parte dei propri impegni, viceversa nel momento in cui la depressione peggiora la persona appare chiusa in un vortice di pensieri negativi angoscianti, persistenti e ripetitivi, che generano descrizioni della realtà gravemente falsate e che possono condurre ad una grave alterazione delle capacità lavorative, a frequenti assenze da lavoro o ad un’interruzione pressoché totale delle attività abituali.

Tale stato di inattività conduce ad un aggravamento ulteriore della sfiducia nelle proprie capacità, della visione negativa, globale e assolutistica, che la persona ha di se stessa e delle conseguenti intense emozioni di tristezza e angoscia provate.

In tal senso, avviene che i comportamenti di evitamento sopra tratteggiati, pur dando l’illusione di alleviare momentaneamente il malessere (in quanto sottraggono la persona allo sforzo di fare ciò che le risulta difficile e faticoso, o che non ha più voglia di fare), in realtà conducono ad un graduale aggravamento del disturbo in quanto provocano una profonda ricaduta sull’autostima del paziente. La persona giunge a percepirsi maggiormente come incapace, fallita, senza speranza, a rafforzare l’idea di non essere più in grado di svolgere le attività precedentemente attuate, aggravando in tal modo la valutazione negativa di se stessa e della propria vita attuale e la sfiducia verso il futuro.

A fronte di tale quadro sintomatico, la Psicoterapia Cognitiva configura i processi di insorgenza e mantenimento della depressione nelle cognizioni disfunzionali che inducono la persona a considerare se stessa, la sua vita e il suo futuro in maniera irrealisticamente o irreversibilmente negativa.

In tal senso, emerge come le principali manifestazioni sintomatiche del Disturbo Depressivo Maggiore costituiscono la conseguenza dell’attivazione di errori sistematici insiti nelle cognizioni della persona, le quali determinano la conseguente sofferenza emotiva e i comportamenti problematici, e mantengono viva la convinzione della validità dei suoi giudizi negativi, malgrado vi siano chiare prove del contrario.

Parallelamente, si rileva come le distorsioni cognitive e le erronee costruzioni del significato degli eventi appaiono generate e perpetuate dalla presenza di rigidi ‘schemi cognitivi depressogeni’, ovvero dalle convinzioni, assunzioni, regole su di sé e sugli altri, profonde e spesso inconsapevoli, da cui si originano le interpretazioni disfunzionali della realtà presente.

Tali schemi, la cui origine spesso affonda le sue radici nel passato, agiscono dunque come delle ‘lenti’ che influenzano la valutazione che la persona attua nel presente in merito a se stessa, alla propria vita, alle proprie relazioni interpersonali, la percezione degli eventi e l’attribuzione del loro significato.  Durante l’intervento psicoterapeutico rispetto al Disturbo Depressivo Maggiore, emerge spesso la presenza di intricati e impermeabili schemi cognitivi depressogeni, la cui attivazione costituisce il nucleo patogenetico del disturbo.

Sulla base di quanto sopra delineato, l’intervento psicoterapeutico rispetto al Disturbo Depressivo Maggiore si focalizza soprattutto sull’attenta valutazione e correzione delle cognizioni attraverso cui il soggetto costruisce l’interpretazione, la spiegazione, l’anticipazione degli eventi passati presenti o futuri, la valutazione di se stesso e della sua vita, aiutando la persona a individuare e modificare le convinzioni disfunzionali che contribuiscono a creare, mantenere ed esacerbare la sofferenza emotiva.
In relazione a ciò, si rileva come la correzione delle valutazioni distorte relative a se stessi, alla propria vita o al proprio futuro conduce ad un graduale cambiamento sul piano emotivo e comportamentale.

Ad esempio, nel caso di un episodio depressivo conseguente ad un evento molto doloroso la persona può riuscire progressivamente ad abbandonare la convinzione iniziale di un futuro irrimediabilmente rovinato, giungendo a costruire una successiva ri-valutazione della propria esperienza; in tal modo, riuscendo ad attuare un cambiamento nel modo di pensare, pian piano la persona riesce a superare la disperazione iniziale e, conseguentemente a ciò, comincia a sentire il riemergere di una maggiore fiducia in sé e nelle proprie possibilità di migliorare la situazione attuale, giungendo ad una successiva graduale ripresa della motivazione e dell’energia necessaria per gestire gli impegni quotidiani.

Parallelamente a ciò si inserisce l’intervento terapeutico rispetto al comportamento quotidiano del paziente, attuando in maniera graduale specifici cambiamenti e procedendo in direzione inversa rispetto alla tendenza all’inattività e all’isolamento sociale indotta dal disturbo.

In tal senso, a fronte della sintomatologia evidenziata è necessario attuare una progressiva riattivazione a livello comportamentale, che gradualmente consentirà alla persona di trarre sollievo e distrazione dalle rimuginazioni negative e dalla disforia, e successivamente permetterà di valutare empiricamente l’infondatezza delle idee estremamente negative relative a se stesso e alla propria capacità di svolgere le normali attività e di trarne piacere.
 In tale direzione, il cambiamento dei comportamenti depressivi consente di giungere a cambiamenti cognitivi, ovvero sul piano dei pensieri, della visione di se stesso e delle proprie capacità, della propria vita attuale e del proprio futuro.

A fronte di quanto esaminato nel presente contributo, pertanto, si rileva come il cambiamento cognitivo conduce ad un conseguente miglioramento del tono dell’umore e ad una progressiva diminuzione dell’intensità dei vari sintomi manifestati, i quali a loro volta influiranno positivamente sui pensieri e sul comportamento quotidiano, interrompendo in tal modo il circolo vizioso della depressione in cui la persona si era intrappolata.

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Mariangela Gaudio
Mariangela Gaudio

Psicologa - Psicoterapeuta Cognitiva. Perfezionamento in Disturbi del Comportamento Alimentare. Libero professionista.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association (A.P.A.) (1994) Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders The American Psychiatric Association, Washington (DC), tr. it. DSM IV, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Masson, Milano, 1995
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  • Beck A.T. (1967). Depression: Causes and Treatment. Philadelphia: University of Pensylvania Press. Tr. it. La Depressione(1978), Boringhieri, Torino,
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