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I pugni in tasca di Marco Bellocchio (1965) – Cinema & Psicoterapia nr.19

I pugni in tasca: la famiglia vive un disagio, angoscianti situazioni, in una simbiosi in cui i personaggi non esistono se non in relazione agli altri.

Di Antonio Scarinci

Pubblicato il 21 Feb. 2014

Antonio Scarinci.
Psicologo Psicoterapeuta. Socio Didatta SITCC

 

 

RUBRICA CINEMA & PSICOTERAPIA  #19

I pugni in tasca (1965)

Proposte di visione e lettura (CorattiLorenziniScarinciSegre, 2012)

 

 

I pugni in tascaI pugni in tasca: la famiglia protagonista di questo film vive un pro­fondo disagio, angoscianti e malsane situazioni, in una simbiosi che porta i personaggi a non esistere senza relazionarsi gli uni agli altri.

Info

Diretto da Marco Bellocchio, con Lou Castel, Paola Pitagora. Drammatico. Italia 1965.

Trama

È la storia di una famiglia composta da una madre cieca, dal fratello minore Leone, affetto da ritardo mentale ed epilessia, da Augusto il fra­tello maggiore cinico e spietato che pur di raggiungere il benessere eco­nomico è disposto a tutto, da Giulia, unica sorella, tanto curiosa nei confronti della vita da vivere un rapporto incestuoso con il fratello Alessandro, protagonista principale del film. La famiglia vive un pro­fondo disagio, angoscianti e malsane situazioni, in una simbiosi che porta i personaggi a non esistere senza relazionarsi gli uni agli altri.

Alessandro cerca di risolvere a suo modo l’insostenibile situazione. Narcisista ed evitante non sa costruirsi un rapporto al di fuori della famiglia e tanto è ossessionato da essa da decidere di uccidere i suoi componenti.

Motivi di interesse

Alessandro, non è uno psicopatico o un folle assassino. Il suo scopo è il bene della sua famiglia, vuole liberarla e liberarsi da un peso. Nel protagonista del film ritroviamo gli stati di vuoto e di evitamento delle relazioni che si riscontrano nel narcisista e nell’evitante, il senso di diversità e l’incapacità di decentrare. Ritiene la madre cieca e il fratello con ritardo mentale un peso per se stessi e per la famiglia. Non riesce a comprendere ciò che sentono, ciò che pensano, ha un atteggiamento tutt’altro che empatico nei loro confronti.

Sono presenti in lui stati di vuoto devitalizzato e difficoltà di coping degli stati mentali dolorosi.

Una scena del film in cui Alessandro partecipa ad una festa dà il senso di non appartenza, l’evitamento delle relazioni, il suo senso d’e­straneità, probabilmente legato ad una sua visione degli altri non dispo­nibili. La mancanza di rimorso, il rifiuto delle regole sociali, l’utilizzo a fini strumentali dei fratelli tratteggiano la sua antisocialità.

È duro, cru­dele, la morte ai suoi occhi perde di drammaticità, diventa un avveni­mento normale, persino igienico, se consente di eliminare la zavorra. La morte del protagonista colpito da un malore mentre ascolta la Traviata sembra la didascalica figurazione del ciclo competitivo del narcisista a seguito della rottura di un ciclo idealizzante.

Giulia, presente alla scena, non muove un dito per soccorrere il fratello, si ribella dopo averlo ammirato, ma naturalmente anche se Alessandro può sentirsi tradito non può diventare rivendicativo e la sua morte è il momento definitivo della disgregazione della famiglia.

Indicazioni per l’utilizzo

La narrazione filmica è un’ottima traccia per potersi confrontare con i pazienti sugli stati mentali e i cicli interpersonali disfunzionali. L’utilizzazione a fini didattici è consigliata.

 

Trailer

 

 

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BIBLIOGRAFIA:

 

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Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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