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Reportage dal workshop avanzato ”Fare Act” – Milano

Il Workshop “Fare ACT” illustra l’importanza dei processi rispetto al contenuto delle credenze stimolando un distanziamento dalle proprie esperienze mentali

Di Andrea Bassanini, Luca Calzolari

Pubblicato il 09 Dic. 2013

 

Reportage dal workshop avanzato ”Fare Act”

Milano – 30 novembre

 

LEGGI MONOGRAFIA ACT

Fare ACT - HarrisSei molto di più e molto di meno di quella roba lì”. Tra i tanti momenti interessanti vissuti durante il workshop avanzato “Fare ACT”, organizzato da ACT Italia sabato 30 novembre e domenica 1 dicembre, questa frase di Giovanni Miselli, socio fondatore ACT Italia, ha forse il merito di riassumere l’importanza verso i processi rispetto al contenuto delle credenze stimolando un continuo distanziamento dalle proprie esperienze mentali.

Questo è stato il focus di entrambe le giornate: intervenire sui processi, in particolare sui sei processi ACT dell’Hexaflex, di cui già abbiamo parlato qui su State of Mind (https://www.stateofmind.it/2013/03/monografia-act-intermezzo-2-hexaflex/). In questo l’ACT rappresenta la Terza Ondata in modo chiaro e definito.

Il percorso di psicoterapia si concentra sulle qualità dell’esperienza, sul focus nel momento presente e sull’azione impegnata verso i propri valori, qualità con cui si svolgono le esperienze.

Uno dei vantaggi nell’aver frequentato un workshop di livello avanzato è proprio quello di aver avuto la possibilità focalizzare interamente le due giornate su esercizi esperienziali, terreno su cui di fatto si costruisce l’ACT, dando per acquisita tutta la parte teorica con la descrizione dei singoli processi dell’Hexaflex. L’utilizzo da subito della pratica ha aiutato a comprendere meglio un modello che, come detto, ha proprio come peculiarità tutta una serie di tecniche che spaziano dall’uso delle metafore, ai paradossi per giungere agli esercizi prettamente esperienziali.

Le due giornate sono state molto utili per capire come poter favorire i processi fondamentali della flessibilità psicologica intesa come “abilità di essere nel momento presente con piena consapevolezza e apertura alla nostra esperienza e di intraprendere azioni guidate dai nostri valori (Harris, 2011) prima di tutto su di noi e poi su casi portati dai colleghi apprendendo competenze pratiche tipiche dell’ACT. Leggendo i volumi pubblicati dal gruppo di terapeuti ACT capitanati da Steven C. Hayes, si coglie subito il senso e la estrema importanza dell’aspetto esperienziale, non solo per i pazienti ma prima di tutto per i terapeuti stessi. Quasi tutti i libri ACT si concludono con il “consiglio”, che spesso ha la forma della procedura necessaria e basilare per applicare l’ACT con in pazienti, di provare su se stessi il modello ACT, la defusione, le pratiche di mindfulness e l’azione impegnata secondo i propri valori.

Durante il workshop, ma soprattutto nell’utilizzo degli esercizi, è risultato da subito evidente come lavorare su di un processo comporta obbligatoriamente toccare tutte le altre componenti dell’Hexaflex descritte infatti come “sei facce di un unico diamante” (Harris, 2011).

Ho parlato di tecniche ma non è corretto pensare all’ACT come a un esercizio, come afferma Giovanni Zucchi, Presidente di ACT-Italia, L’ACT non è una tecnica, è porsi sullo stesso piano del paziente cercando di stare con quello che ti porta”, sottolineando l’importanza della componente relazionale.

Se pensiamo, infatti, che per il modello la sofferenza è il frutto di tentativi controproducenti di evitare o sopprimere esperienze interne il compito del terapeuta è quello di aiutare il paziente ad avere verso quelle esperienze dolorose un rapporto di apertura dopo avergli fatto fare esperienze di come questa continua lotta che porta avanti verso di esse lo ha bloccato dal punto di vista di investimento verso ciò che per lui è veramente importante. E per fare questo, così come per le applicazioni della mindfulness, è necessario prima fare esperienza del proprio rapporto con le esperienze dolorose e con le difficoltà incontrate nel percorso di “scoperta e riscoperta di una vita ricca e soddisfacente (Hayes, Stroshal & Wilson, 1999).

Questo è il motivo per cui ci portiamo a casa dal workshop un percorso esperienziale, svolto nell’arco delle intere due giornate, in cui i partecipanti hanno avuto molte occasioni per entrare in rapporto con le proprie difficoltà e “provare in vivo” il modello ACT e i suoi processi.

Un piccolo esempio di questa esperienza può essere riassunto in un famoso esercizio creato proprio da Russ Harris.

Esercizio (adattato da Andrea Bassanini):

1- Prova a pensare ai giudizi, critiche e autovalutazioni che la tua mente spesso ti presenta all’attenzione.

2 – Ora prova a ripeterteli uno dopo l’altro. Potrebbe essere sgradevole e spiacevole, ma ti chiedo di continuare a ripeterli e a soffermarti su cosa noti in questo momento.

3 – Dopo qualche tempo, prova a immaginare di continuare a ripetere nella tua mente questi giudizi e critiche dando loro una voce “strana”, allegra, ripresa di un cartoon, molto acuta o molto grave. Poi prova a rallentare la voce di questi pensieri, ad esempio dicendo a te stesso: “s………..o………n……….o………u……..n…..” e così via.

4 – Soffermati su cosa noti nel momento presente.

5 – Con questa esperienza potresti notare che con i nostri pensieri possiamo farci molte cose e che tu Sei molto di più e molto di meno di quella roba lì.

Fare ACT - Milano
Da sinistra: Dott. Calzolari, Dott. Miselli, Dott. Zucchi, Dott. Bassanini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LEGGI MONOGRAFIA ACT

LEGGI ANCHE:

ACCEPTANCE AND COMMITMENT THERAPY – ACT  – CREDENZE – BELIEFS

ACT – TEORIA E PRATICA DELL’ACCEPTANCE AND COMMITMENT THERAPY

 

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Andrea Bassanini
Andrea Bassanini

Psicologo - Spec. in Psicoterapia Cognitiva e Cognitivo-Comportamentale

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