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La terapia con EMDR

L’ EMDR permette di rielaborare pensiero relativo al ricordo, quindi modifica l’idea di sé e del proprio valore.

Di Redazione

Pubblicato il 18 Ott. 2012

Giada Piraccini

 

La terapia con EMDR. - Immagine: © Marianne Mayer - Fotolia.com

L’EMDR permette al cervello di rielaborare in senso positivo il pensiero relativo al ricordo, quindi modifica l’idea di sé e del proprio valore; contemporaneamente diminuiscono le sensazioni corporee spiacevoli o dolorose e si attenuano le emozioni negative, fino alla scomparsa totale dei sintomi.

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EMDR è un trattamento psicoterapeutico originariamente nato per desensibilizzare efficacemente i sintomi disturbanti legati ai ricordi traumatici. Nell’Eye Movement Desensitization and Reprocessing grazie ai movimenti oculari si riducono gli effetti dei sintomi (desensibilizzazione) e si riattiva il fisiologico processo di elaborazione delle informazioni (riprocessamento).

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L’efficacia del trattamento EMDR nella cura di diversi disturbi psicologici è evidence-based, scientificamente comprovata da numerosi studi scientifici* che ne descrivono anche i correlati neurobiologici e neurochimici (si veda la nota* per una bibliografia specifica su tali studi).

L’EMDR è un trattamento riconosciuto ufficialmente da diversi organismi internazionali quali l’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, il Dipartimento della Difesa degli USA, l’Israeli National Council for Mental Health che, nelle loro linee guida per la pratica clinica, lo indicano come terapia d’elezione per la cura del disturbo post-traumatico da stress

A livello europeo l’EMDR è riconosciuto come psicoterapia efficace dal Clinical Resource Efficiency Support Team (CREST) dell’Irlanda del Nord, dal Dutch National Steering Committee Mental Health Care, dal French National Institute of Health and Medical Research (INSERM), dal Medical Program Committee /Stockholm City Council, dal United Kingdom Department of Health) per il trattamento di numerose psicopatologie associate al trauma tra cui i disturbi d’ansia, la depressione e gli attacchi di panico (cit. in Fernandez I., et al., 2011).

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L’applicazione della tecnica EMDR è svolta sempre all’interno di un processo psicoterapeutico che ha come base teorica il modello AIP (Shapiro F., 1995), Adaptive Information Processing, cioè il modello dell’elaborazione adattiva dell’informazione. Tutti gli esseri umani possiedono un sistema fisiologico di elaborazione dell’informazione volto a fornire risoluzioni positive (adattive) di ciò che accade in ogni istante.

In condizioni normali, il sistema di elaborazione organizza le informazioni creando collegamenti adeguati con esperienze passate, risolvendo i problemi, riducendo lo stress emotivo, utilizzando costruttivamente l’esperienza e contribuendo a generare nuovi apprendimenti (Shapiro F., 2000).

Ad esempio, una bambina che può farsi male cadendo dall’altalena: andrà dalla mamma piangendo e si rassicurerà grazie al conforto e alle cure appropriate. La paura di tornare sull’altalena passerà e la bambina imparerà da questa esperienza ad andare in altalena in modo sicuro.

Il nostro cervello è dunque continuamente stimolato da informazioni che vengono immagazzinate in maniera più o meno conscia, in diversi modi, ma sempre in senso adattivo, utile per la persona. L’informazione viene cioè integrata in uno schema cognitivo ed emotivo positivo, utile alla persona (Shapiro F., 1995).

Le informazioni si associano a pensieri, emozioni, sensazioni e vanno a formare un sistema fruibile e coerente per la comprensione di ciò che accade, una conferma di ciò in cui crediamo, un apprendimento per il futuro, un’idea di sé e del mondo. Insomma, vanno a costruire la mente stessa e la nostra identità; e forniscono agli individui gli strumenti per comprendere il mondo e le regole per agire.

Il trauma è definibile come evento dirompente, che sovrasta la capacità della mente di integrare ed elaborare i dati ad esso connessi.

Riprendiamo l’esempio della bambina caduta dall’altalena: può accadere che non trovando una soluzione adattiva, inizi a sperimentare ansia rispetto all’uso dell’ altalena e che il suo disagio non diminuisca. Il suo sistema di elaborazione ha immagazzinato l’esperienza ma non l’ha elaborata: rimane la paura di andare in altalena, disconnessa dal piacere di dondolare avanti e indietro. “L’evento rimarrà “congelato” nel tempo, associato alla paura e al dolore”. (Shapiro F., 2011)

Il trauma è un’informazione che la mente non riesce a metabolizzare, a rendere coerente con l’esperienza già immagazzinata; esso blocca il naturale processo di elaborazione dell’informazione sopra descritto perché è per sua natura impensabile, intollerabile.

Per trauma intendiamo sia “l’esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte o lesioni gravi, o altre minacce all’integrità fisica” (APA, 1994) e psichica dell’individuo sia l’assistere a eventi traumatici accaduti ad altri o essere esposti al rischio che tali eventi accadano ad un familiare o altra persona significativa. (APA, 1994). 

Non dimentichiamo che “la definizione di trauma psicologico deve essere estesa a includere gli aspetti relazionali: minacce gravi non all’integrità fisica di un organismo ma al tessuto delle sue relazioni”. (Liotti G., Farina B., 2011). 

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Spesso accade che il trauma psicologico si verifichi anche in assenza di eventi dannosi ma che sia determinato dalla compromissione di relazioni fondamentali per la vita psichica delle persone. 

La trascuratezza emotiva è uno dei traumi più frequenti e misconosciuti (in quanto trauma): negli USA è stato rilevato che dei bambini maltrattati quelli vittima di neglect (traducibile come abbandono, negligenza) sono il 60%, mentre i bambini vittime di abusi sono il 13%, quelli vittime di violenze fisiche il 10%, le vittime di abusi sessuali il 7% (Fairbank J.A., Fairbank D.W., 2009).La grave trascuratezza emotiva del bambino da parte del genitore o l’abbandono traumatico sono esperienze dannose per la psiche tanto quanto il maltrattamento fisico o l’abuso.

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Se è facile comprendere come alcuni eventi possano essere traumatici per la maggior parte della popolazione (disastri naturali, incidenti gravi, morti, malattie, gravi danneggiamenti dell’integrità fisica o psichica) non è così automatico capire perché alcuni eventi siano traumatici solo per alcuni soggetti. Allo stesso modo ci si chiede come mai alcuni eventi apparentemente non traumatici possano essere veramente “indigeribili” per alcune persone.

La capacità di elaborazione del trauma è altamente soggettiva e dipende dalla compresenza al momento del trauma di diversi fattori di rischio e di protezione. L’età in cui avviene il trauma, la biologica predisposizione soggettiva, lo stile di attaccamento e lo stile cognitivo della persona, la presenza o assenza di fattori di protezione, quali la rete sociale, la qualità delle relazioni interpersonali, la presenza di un supporto emotivo sicuro, la cura psicoterapeutica, sono i fattori che contribuiscono a bloccare (o al contrario favorire) il processo di elaborazione.

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Inoltre, il complesso sistema della rappresentazione interna di sé e del mondo, proprio e specifico di ogni persona, contribuisce alla capacità del soggetto di far fronte all’impatto dell’evento traumatico. 

La teoria del processamento delle informazioni e la psicotraumatologia presuppongono due principi fondamentali per la comprensione del funzionamento dell’EMDR e della sua efficacia.

Un presupposto è che la patologia attuale, ovvero il malessere che porta il paziente a richiedere l’aiuto terapeutico, è connessa con i traumi subiti e con l’idea di sé che la persona ha costruito nel corso delle sue interazioni interpersonali. L’evento traumatico può contribuire a formare un’idea di sé negativa oppure confermare un timore già presente.

Un secondo punto di partenza teorico è che la mente di ogni essere umano possiede la capacità di elaborare le informazioni e quindi tutti abbiamo un sistema di “auto-cura”, di riparazione dei danni causati dalle esperienza traumatiche.

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L’EMDR dunque funziona perché permette alla mente bloccata di ricominciare il suo naturale processo di elaborazione. 

La stimolazione bilaterale degli emisferi cerebrali attraverso i movimenti oculari permette di operare una riconnessione, che ha riscontri a livello neurobiologico (Solomon R., Shapiro F., 2008; Siegel D.J., Hartzell M., 2005), tra il ricordo dell’evento traumatico ed il resto dell’esperienza individuale. 

Ogni ricordo è composto di immagini, sensazioni, emozioni e pensieri: l’EMDR permette al cervello di rielaborare in senso positivo il pensiero relativo al ricordo, quindi modifica l’idea di sé e del proprio valore; contemporaneamente diminuiscono le sensazioni corporee spiacevoli o dolorose e si attenuano le emozioni negative, fino alla scomparsa totale dei sintomi.

Il lavoro contemporaneo su tre livelli, corporeo, emotivo e cognitivo conduce all’integrazione delle informazioni fino a formare una nuova memoria: il fatto accaduto diventa un ricordo accessibile e gestibile, privo delle connotazioni sintomatiche e disturbanti che lo caratterizzavano: “dopo l’EMDR il paziente ricorda ancora l’evento ma sente che tutto ciò veramente fa parte del passato e il contenuto è totalmente integrato in una prospettiva più adulta” (Fernandez I., Maslovaric G., Veniero Galvagni M., 2011)

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BIBLIOGRAFIA:

 

 

 

Studi sull’evidenza scientifica dell’EMDR:

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