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Le conseguenze psicologiche e psichiatriche della disoccupazione

La disoccupazione rende necessari interventi di supporto alla salute mentale per arginare un fenomeno che esce dalle mura domestiche e impatta su tutta la società.

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 15 Mag. 2018

Differenti ricerche hanno mostrato che un livello socio-economico basso, derivante da una condizione di disoccupazione, rappresenta una criticità che incrementa la comparsa di patologie e implementa il tasso di mortalità. Inoltre, in condizioni di disoccupazione di lunga durata bisogna dare supporto con programmi sanitari finalizzati, orientati a preservare la salute del disoccupato.

 

Attualmente molte persone in Europa vivono l’esperienza della perdita del lavoro, seguita da un periodo più o meno lungo di disoccupazione. Differenti ricerche negli ultimi anni si sono occupate di evidenziare le correlazioni che esistono fra disoccupazione e benessere personale. Studi epidemiologici svolti in ambito europeo e statunitense hanno mostrato che un livello socio-economico basso, derivante da una situazione di disoccupazione, rappresenta una criticità che incrementa la comparsa di patologie e implementa il tasso di mortalità. Recenti ricerche hanno messo in evidenza che nella disoccupazione di lunga durata non solo bisogna dare supporto con gli ammortizzatori previsti dallo stato sociale, ma anche con programmi sanitari finalizzati, orientati a preservare la salute del disoccupato. Questi interventi, afferenti all’ambito cognitivo – comportamentale, devono incrementare l’autoregolazione emotiva, le abilità comunicazionali e le capacità di coping, ritenuti fondamentali per il mantenimento del benessere nei momenti di difficoltà.

Keywords: recessione, disoccupazione, benessere, patologie mentali, autoregolazione emotiva, abilità comunicazionali, capacità di coping.

Disoccupazione e psicopatologia

Attualmente molte persone in Europa vivono l’esperienza della perdita del lavoro, seguita da un periodo più o meno lungo di disoccupazione. In alcuni paesi dell’Unione Europea la disoccupazione si attesta su valori percentuali abbastanza elevati, raggiungendo altissime percentuali per quel che riguarda la popolazione giovanile, la fascia di età al di sotto dei 25 anni. Differenti ricerche negli ultimi anni hanno evidenziato le correlazioni che esistono fra disoccupazione e benessere personale. Studi epidemiologici svolti in ambito europeo e statunitense hanno mostrato che un livello socio-economico basso, derivante da una situazione di disoccupazione, rappresenta una criticità che incrementa la comparsa di patologie e implementa il tasso di mortalità (Harvey Brenner, 2016). Nello specifico, una disoccupazione di lunga durata è interrelata con un aumento del rischio di malattie cardiache, di ictus, di malattie mentali e incrementa, inoltre, la probabilità di suicidio (Vågerö e Garcy, 2016; Myles e al., 2017; Garcia e al., 2016).

Una condizione di minor introito economico, derivante dalla mancanza di lavoro, di fatto determina un minor ricorso ai percorsi di cura, ovvero il disoccupato di lunga durata sa di non avere le risorse per potersi curare. Questa consapevolezza ha degli effetti negativi sulla salute mentale, determinando sintomi depressivi, disturbi psicosomatici e abuso di alcol e droghe (Stuckler e al., 2009). Inoltre, il più basso livello di entrate, il più delle volte sotto forma di sussidi statali, produce delle ripercussioni a largo raggio sulla famiglia del disoccupato di lunga durata. Specificatamente, i figli dei disoccupati accedono a livelli più bassi d’istruzione e questo ha un riverbero sulla successiva possibilità d’impiego, creando nella prole un incremento della possibilità di divenire a propria volta disoccupati. Infatti, nella perdita del lavoro le prime categorie ad essere colpite sono quelle che presentano una bassa specializzazione, derivante da una minore istruzione (Stuckler e al., 2009).

Disoccupazione e interventi a supporto della salute mentale

Recenti ricerche hanno messo in evidenza che nella disoccupazione di lunga durata non solo bisogna dare supporto con gli ammortizzatori previsti dallo stato sociale, ma anche con programmi sanitari finalizzati, orientati a preservare la salute del disoccupato (Urbanos-Garrido e Lopez-Valcarcel, 2015). A tal riguardo, sono stati sollecitati nelle economie europee più deboli degli interventi di questo tipo con l’obiettivo di preservare il benessere dei disoccupati (Santos e al., 2018). In tale ambito gli uomini appaiono più vulnerabili (Classen e Dunn, 2012): infatti, la condizione maschile di disoccupazione incrementa la disgregazione del nucleo familiare, con frequenti divorzi (Jalovaara, 2002), episodi di violenza domestica (Bowlus e Seitz, 2006) e un maggior numero di suicidi all’interno del nucleo familiare (Milner e al., 2013).

Gli interventi proposti, afferenti all’ambito cognitivo – comportamentale, devono incrementare l’autoregolazione emotiva e le abilità comunicazionali, ritenuti fondamentali per il mantenimento del benessere nei momenti di difficoltà (Creed, Machin e Hicks, 1999). In aggiunta, tali programmi di supporto psicologico devono implementare le capacità di coping di ogni disoccupato: infatti, moltissime ricerche (Blau e al., 2013; Sadeh e Karniol, 2012; Sojo e Guarino, 2011) hanno sottolineato che gli individui che hanno perso il lavoro mantengono più a lungo il loro benessere in funzione delle capacità di coping che posseggono.

In conclusione, gli Stati più colpiti dai processi recessivi in ambito economico, con conseguente incremento del numero dei disoccupati, dovrebbero approntare, oltre che degli ammortizzatori sociali, anche degli interventi terapeutici volti a salvaguardare il benessere dei disoccupati.

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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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