L’intelligenza artificiale per la salute psicologica
In un momento storico caratterizzato dall’innovazione tecnologica, le nuove frontiere della digitalizzazione stanno avendo un impatto anche nell’ambito della psichiatria e della psicologia clinica. Un campo di ricerca piuttosto recente si è focalizzato sui contributi che i chatbot potrebbero apportare all’area della salute psicologica.
I sistemi di intelligenza artificiale (AI) rappresentano dispositivi tecnologici che dimostrano capacità di apprendimento e risoluzione di problemi, operando in diversi contesti applicativi. L’evoluzione dell’intelligenza artificale, nonostante ancora in progresso, ha cominciato a manifestare le sue potenzialità nell’ambito della sanità. Per esempio, è riconosciuto che la connessione rapida tra i dati dei pazienti e le informazioni più aggiornate della letteratura medica potrebbe conferire miglioramenti sia nella diagnosi che nelle strategie terapeutiche (Zhou et al., 2022). Nel prossimo futuro, l’evoluzione dell’intelligenza artificiale si prevede avrà un’influenza rilevante, simile a quanto già dimostrato, anche nel campo della psicologia clinica e della psicoterapia (e.g., Luxton, 2014; Innes & Morrison, 2021; Fiske et al., 2019).
Un caso paradigmatico di intelligenza artificiale che acquisisce crescente rilevanza nel panorama della salute mentale è rappresentato dai chatbot. Questi sono programmi concepiti per instaurare conversazioni con gli utenti; tuttavia, ad oggi, i chatbot che vengono utilizzati nel campo della salute mentale tendono ad assomigliare maggiormente a motori di ricerca piuttosto che costituire sistemi di intelligenza artificiale a pieno titolo e completamente autonomi (Yuan, 2018).
I chatbot nell’ambito della sanità mentale
I chatbot rappresentano entità informatiche che instaurano interazioni basate su testo o voce con gli individui (Abdul-Kader & Woods, 2015). Dotati di un software che emula uno stile di conversazione terapeutica, i chatbot agevolano un’interazione che tende ad avvicinarsi a quella che si sperimenta con un professionista psicologo o psicoterapeuta (Fitzpatrick et al., 2017). Tuttavia, l’interazione tra chatbot e utente/paziente si manifesta in maniera completamente automatizzata (Abdul-Kader e Woods, 2015). Sebbene al momento il loro utilizzo principale riguardi la comunicazione con i clienti in contesti di e-commerce, come per esempio Amazon, vi è un crescente interesse nella comunità scientifica riguardo l’impiego di chatbot nell’ambito della psicologia clinica e della psicoterapia. Tale interesse è evidente dall’aumento del numero di studi condotti in quest’area negli ultimi anni (e.g., Dale, 2016; Brandtzaeg & Følstad, 2017), oltre alla proliferazione di servizi online forniti da operatori del settore sanitario, i quali includono applicazioni di salute dotate di un supporto tramite chat.
Le terapie psicologiche fruibili attraverso piattaforme online hanno ricevuto un’attenzione crescente negli ultimi anni; oggi sono strumenti che consentono ai pazienti di accedere alle cure in maniera flessibile (Carlbring et al., 2018). Queste innovazioni tecnologiche presentano il potenziale per superare le barriere tradizionalmente associate all’accesso alle terapie, quali vincoli temporali, costi o limitazioni geografiche, contribuendo, pertanto, all’espansione dell’accessibilità delle terapie stesse (Baumeister et al., 2018). In parallelo, l’integrazione dei chatbot costituisce un’innovazione significativa per gli interventi psicologici erogati su piattaforme digitali.
Una recente rassegna della letteratura condotta da Bending e colleghi (2019) ha messo in luce lo stato attuale dell’integrazione dei chatbot nell’ambito della salute mentale. Gli autori evidenziano che questa tecnologia, quando è adibita a scopi psicologici e psicoterapeutici, si trova ancora in una fase sperimentale. Nella revisione, sono stati presi in esame complessivamente sei studi. Tra questi, spiccano due contributi (Gaffney et al., 2014; Ly et al., 2017) che hanno indagato l’applicabilità dell’intelligenza artificiale con partecipanti affetti da ansia e stress; i risultati hanno mostrato un miglioramento generale del benessere e una conseguente diminuzione del distress percepito. Fitzpatrick e colleghi (2017), inoltre, hanno impiegato i chatbot all’interno di un programma di auto-aiuto rivolto a studenti colpiti da depressione e disturbi d’ansia, ottenendo risultati positivi.
Gli autori spiegano, inoltre, che ulteriori ambiti promettenti per l’applicazione dell’intelligenza artificiale veicolata da chatbot potrebbero comprendere il supporto nella prevenzione, trattamento e monitoraggio dei pazienti, nonché nella prevenzione di ricadute (Huang et al., 2015; D’Alfonso et al., 2017). Sottolineano, altresì, che i chatbot potrebbero assumere un ruolo preminente nel contesto della prevenzione del suicidio, dato che le ricerche attuali evidenziano la capacità di identificare ideazioni e comportamenti suicidari tra gli utenti dei social media mediante procedure automatizzate (De Choudhury et al., 2016). In questo ambito i chatbot potrebbero, per esempio, proporre in modo automatizzato agli utenti l’offerta di servizi psicologici o psichiatrici nelle loro zone geografiche (Bending et al., 2019).
Implicazioni etiche
L’impiego crescente dei chatbot nel campo della psicologia ha suscitato una serie di questioni etiche di rilievo. A fronte delle promettenti applicazioni dei chatbot per promuovere la salute mentale e fornire supporto psicologico, emergono preoccupazioni legate alla confusione degli utenti tra l’intelligenza artificiale e gli operatori umani e alla protezione dei dati personali.
Per esempio, alcuni studi sull’umanizzazione della tecnologia dimostrano che gli individui tendono ad attribuire alle intelligenze artificiali attributi simili a quelli umani (e.g., Cristea et al., 2013). Sarà necessario chiarire se possano emergere rischi nel caso in cui gli utenti considerino un chatbot come una persona reale. Inoltre, è altresì fondamentale considerare la protezione dei dati nella prospettiva legale: la natura delicata del contesto della salute mentale accentua l’importanza di preservare la privacy dei dati e la sicurezza dei chatbot. Pertanto, è necessario l’apporto di nuove leggi che regolamentino l’impiego dei chatbot nella promozione della salute mentale e garantiscano la protezione dei contenuti personali (Stiefel, 2018).
Le prospettive
In conclusione, l’emergente relazione tra chatbot e psicologia clinica rappresenta un territorio di ricerca che rinnoverà, con molta probabilità, l’approccio alla salute mentale. L’integrazione di chatbot nell’ambito del supporto psicologico offre opportunità significative per l’accessibilità e la flessibilità delle cure, superando le barriere tradizionali. Tuttavia, ciò comporta anche sfide etiche e legali che richiedono attenta considerazione.
Per realizzare appieno il potenziale dei chatbot nella promozione della salute mentale, è di certo necessario sviluppare normative e linee guida che garantiscano la sicurezza, la qualità e l’integrità di queste interazioni digitali. L’evoluzione della convergenza tra tecnologia e benessere mentale richiederà sforzi multidisciplinari per bilanciare l’innovazione con l’etica e per plasmare un futuro in cui i chatbot possano realmente migliorare la salute psicologica in modo responsabile.
Psychology and Artificial Intelligence: New Horizons
I chatbot si stanno dimostrando uno strumento con importanti potenzialità nel supporto degli operatori nell’ambito della sanità mentale. Tuttavia, non sono l’unica innovazione che la tecnologia ha potuto offrire al mondo della psicologia clinica. Sono sempre più numerosi professionisti che si stanno interessando all’utilizzo delle nuove tecnologie come supporto alla terapia online e di persona.
La Sigmund Freud University di Milano sta organizzando la seconda conferenza europea sulla psicologia digitale dal titolo “Psychology and AI: New Horizons” che si terrà nelle date del 21 e il 22 marzo 2024, in modalità online.
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