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Il disturbo da gioco d’azzardo da slot-machine: uno sguardo alle più rilevanti considerazioni scientifiche recenti

Quali sono i principali fattori coinvolti nell’esordio e nel mantenimento del gioco d’azzardo patologico da slot-machine emersi dalle ricerche più recenti?

Di David Faggi

Pubblicato il 07 Giu. 2017

Aggiornato il 02 Set. 2019 15:50

Tra le varie tipologie di gioco d’azzardo, quella inerente alla slot-machine risulta essere una delle più diffuse ed è la più redditizia per lo Stato italiano. Inoltre presenta caratteristiche che facilitano lo sviluppo di un comportamento compulsivo, come: l’elevato ritmo di gioco, le numerose giocate possibili e l’immediatezza dei risultati.

 

Il Disturbo da gioco d’azzardo: una dipendenza comportamentale

Le “dipendenze comportamentali” o “nuove dipendenze”, sono definibili come forme di addiction nelle quali avviene una dedizione eccessiva ad un’abitudine o ad un comportamento che può determinare disagio, sofferenza psichica e rendere problematiche molte relazioni sociali e familiari (Gazzillo e Lingiardi, 2014). Tra le dipendenze comportamentali il “Disturbo da gioco d’azzardo” ha trovato una collocazione nosografica. Infatti, il DSM-5 (APA, 2013) considera il gioco patologico una diagnosi formale e lo annovera tra i disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction, nella sottocategoria dei “disturbi non correlati a sostanze”.

Tra le varie tipologie di gioco d’azzardo, quella inerente alla slot-machine risulta essere una delle più diffuse ed è la più redditizia per lo Stato italiano (gli italiani nel 2016 hanno speso circa 4,6 miliardi di euro giocando alle slot-machine; Agipronews, 2016). Inoltre, l’attenzione dei ricercatori si è principalmente focalizzata su questa tipologia di gioco poiché presenta caratteristiche che facilitano lo sviluppo di un comportamento compulsivo, come: l’elevato ritmo di gioco, le numerose giocate possibili e l’immediatezza dei risultati.

I correlati neurali del Disturbo da gioco d’azzardo da slot-machine

Nell’insieme, i dati in letteratura indicano il coinvolgimento del sistema dopaminergico (e/o altri percorsi aminergici) nella patofisiologia del Disturbo da gioco d’azzardo (Potenza et al., 2003). Recenti studi (Van Holst et al., 2014) hanno poi mostrato che la gravità del gioco d’azzardo da slot-machine risulta essere associata ad una minore connettività tra le aree sensibili alla ricompensa (in particolare tra lo striato-ventrale destro e la corteccia cingolata anteriore). Interessanti in questo senso sono gli studi condotti nell’ambito dell’apprendimento, dato che il circuito della ricompensa assolve un ruolo fondamentale nella motivazione all’apprendimento generalmente inteso.

Nello svolgimento di un’attività la spinta motivazionale può essere legata ad uno stato di piacere di tipo endogenico, legato allo svolgimento dell’attività stessa, e ad uno di tipo esogenico, legato al raggiungimento degli obiettivi (quindi nel caso delle slot-machine alla vincita): questi stati di piacere suscitano emozioni positive che agiscono da rinforzi comportamentali, contribuendo al consolidamento dell’apprendimento. Secondo i modelli biologici contemporanei (Schultz, 2010), con il procedere dell’apprendimento l’attività dei neuroni dopaminergici nell’area tegmentale-ventrale (VTA) tende a diminuire, mentre l’attività evocata dagli stimoli che segnalano un’imminente consegna di ricompense tende ad aumentare.

In linea con questi modelli, Shao e colleghi (2013) propongono che un singolo episodio di slot-machine possa diminuire il valore positivo della ricompensa di risultati di vincita (piacere esogenico) ed incrementare il valore degli eventi di gioco (piacere endogenico) ad essi precedenti. Il dati confermano questa ipotesi e delineano come singoli episodi di gioco alle slot-machine impegnino meccanismo di rinforzo-apprendimento ben caratterizzati (mediati dal sistema dopaminergico-mesolimbico), innescando il trasferimento dei valori lontano dai risultati del gioco, verso stati anticipatori (dunque mentre i rulli della slot stanno girando).

Il gioco d’azzardo patologico è un comportamento acquisito, che si instaura e consolida nel tempo grazie alle stesse dinamiche di ogni tipo di apprendimento e ne condivide le basi neurofisiologiche. Come ben spiegato ne “La spirale del gioco. Il gioco d’azzardo da attività ludica a patologia” (Tani e Ilari, 2016) quando il gioco d’azzardo è ancora in una fase iniziale, il comportamento del giocatore è influenzato sia dalla spinta motivazionale di tipo esogenico sia da quello tipo endogenico.

A questi si aggiungono gli stimoli sensoriali: luci, suoni, colori, sensazioni tattili e così via, ovvero tutti quegli stimoli usualmente presenti nel contesto del gioco, che il giocatore impara ad associare sia al piacere esogenico che a quello di tipo endogenico (Arias-Carrion et al., 2010). Con il tempo, anche la sola presenza di quest’ultima tipologia di stimoli, è sufficiente per innescare, attraverso meccanismi di condizionamento operante, modificazioni nei livelli di rilascio di dopamina. In una fase più avanzata del decorso, gli stimoli di tipo esogenico perdono la loro forza motivazionale, mentre quelli di tipo endogenico, che hanno ormai modificato gli equilibri omeostatici del sistema dopaminergico, divengono una spinta motivazionale sempre più forte e vengono evocati anche dai semplici stimoli neutri. Gli stimoli offerti dall’attività di gioco alterano i livelli di dopamina determinandone un innalzamento anomalo, sia per durata che per intensità. Con il ripetersi degli eventi di gioco, i livelli di dopamina continuano a mantenersi alti, seppure attraverso modalità diverse e l’anomalia del sistema dopaminergico fa sì che nei giocatori patologici, al contrario di quanto accade nei non giocatori, la perdita non produca un abbassamento della gratificazione tale da disincentivare il comportamento di gioco (Clark et al., 2009).

Nonostante il ruolo svolto dalle alterazioni a carico del sistema di gratificazione, è necessario adottare un’ottica neuroscientifica, per cui tutti i disturbi psichiatrici sono da considerarsi disturbi “complessi”, cioè nella cui patogenesi sono coinvolti fattori, genetici o ambientali, che interagiscono tra loro in maniera articolata (Gazzillo e Lingiardi, 2014). Andrebbe sempre considerato che, affinché un tratto maladattivo, un sintomo o un disturbo si esprimano nell’individuo, debbano essere presenti più geni predisponenti e più fattori ambientali negativi, così come debba verificarsi un particolare modello di interazione gene-ambiente in grado di dar luogo alla specifica condizione psicopatologica.

Il rinforzo negativo nell’utilizzo patologico delle slot machine

Sogna, perché nel sonno puoi trovare quello che il giorno non ti può dare (Jim Morrison)

Il giocatore d’azzardo cerca di fuggire da sentimenti di ansia, rabbia, colpa e depressione attraverso la dissociazione prodotta dal gioco, come indicato dal Criterio A5 del DSM-5 (per il quale il giocatore “spesso gioca d’azzardo quando si sente a disagio”). Oltre a ciò, viene fornita l’opportunità di una vincita di denaro, fattore che può fornire un senso di speranza e contribuire a ridurre sentimenti di ansia, o proprio di mancanza di speranza.

Dunque l’elemento di svago o di distrazione, unito alla percezione di una scorciatoia verso la ricchezza, sono fattori di rischio per lo sviluppo del gambling da slot-machine patologico. Recenti risultati hanno di fatti evidenziato che i giocatori di Electronic Gaming Machine (EGMs) patologici siano più motivati a giocare per sfuggire a stati emotivi negativi rispetto ai giocatori non problematici (MacLaren et al., 2012). Inoltre bisogna considerare che le slot-machine sono progettate per fornire un’esperienza lieta, divertente ed interattiva in cui potenzialmente la perdita di denaro possa essere percepita come relativamente indolore e spesso rapida (Silver, 2015).

Quello delle slot machine, essendo comunque un gioco (anche se a pagamento), fornisce la possibilità di immergersi in un “altro mondo”, dando modo di distrarsi da problemi quotidiani. A questo contribuisce anche la conformazione dei luoghi deputati al gioco d’azzardo, che spesso sono ambienti chiusi, poco illuminati, privi di finestre e di orologi alle pareti, così da favorire la perdita del senso del tempo e spingere i soggetti a giocare più a lungo di quanto essi stessi avessero previsto. Così, completamente assorbiti dal gioco e, in alcuni casi, letteralmente dissociati dalla realtà, i giocatori finiscono per non rendersi conto di quanto tempo passano effettivamente a giocare e le condizioni ambientali sopra descritte rafforzano questa perdita di contatto con la realtà che li circonda (Tani e Ilari, 2016). Inoltre, come già sottolineato, entrare in una sala slot o recarsi al casinò, porta con sé l’idea di poter vincere soldi e di poter evadere dai problemi quotidiani, rifugiandosi in un luogo ‘altro’ rispetto alla vita reale.

Il rinforzo positivo nell’utilizzo patologico delle slot machine

Come abbiamo già visto, le specifiche caratteristiche delle slot-machine sono state indicate come potenziali fattori in grado di creare dipendenza, dato che possono influenzare o interagire con le cognizioni relative al gioco d’azzardo e contribuire all’apprendimento per rinforzo e al gioco d’azzardo persistente. Anche per questo, alcuni autori considerano le slot-machine come una delle forme di gioco d’azzardo più pericolose (Schüll, 2012).

Una delle caratteristiche delle slot-machine è il fenomeno della “quasi-perdita”, un’esperienza tipicamente rilevabile nel gioco d’azzardo con le slot. I risultati di quasi-perdita si verificano quando, dopo aver fatto girare i rulli, in una linea del display vengono riportati tutti simboli corrispondenti, tranne uno (per es., AAAB). Le “quasi-perdite” sono definibili come risultati di perdita, percepiti però come “vicini” al successo, alla vincita (Reid RL, 1986). Questi risultati lasciano nel giocatore un senso di “rinforzo anticipatorio”, con il pensiero che una vincita debba essere imminente. Le ricerche indicano che i risultati di quasi-perdita, rispetto alle perdite totali, sono associate ad un aumento di attività nei circuiti di rinforzo/ricompensa e apprendimento (Van Holst et al., 2014), e che segnali di rinforzo positivo suscitati dalle quasi-perdite possono essere osservati anche in giochi di slot-machine semplificati e con un ridotto coinvolgimento del giocatore (Shao et al., 2013). Anche se il valore monetario delle quasi-perdite è equivalente ad altre perdite, questi risultati sono associati ad un incremento fisiologico dell’arousal.

Da studi di neuroimmagine, le quasi-perdite hanno mostrato l’attivazione parti del sistema di ricompensa del cervello che coincidevano con le risposte a vincite attuali, nello striato ventrale e nell’insula anteriore (Clark et al., 2009). I risultati delle ricerche che indicano che i giocatori di slot-machine patologici siano esposti ad una maggiore attività nelle regioni legate alla ricompensa dopo il verificarsi di una quasi-perdita (Habib e Dixon, 2010), suggeriscono che i risultati delle quasi-perdite possano favorire il gioco d’azzardo continuo attraverso un rinforzo positivo (pur essendo perdite monetarie). Le quasi-perdite aumentano la motivazione a giocare, e manipolarne la frequenza influenza la persistenza nel gioco d’azzardo (Clark et al., 2009). Questi risultati supportano l’ipotesi della natura “non categorica” del processo di ricompensa nel gioco d’azzardo: le quasi perdite e le perdite totali sono risultati oggettivamente identici che vengono processati differentemente (Van Holst, 2014).

Tutti i giochi d’azzardo sono strutturati intorno ad un programma di rinforzo variabile, con una media di vincite inferiore rispetto alle perdite. Il gioco d’azzardo deve essere visto come un comportamento acquisito tramite un programma variabile di rinforzo tipico delle slot-machine, in cui sia il verificarsi di una vincita, sia l’entità di essa, sono imprevedibili (MacLaren et al., 2012).

Un ulteriore risultato caratteristico delle EGMs è rappresentato dalle cosiddette “perdite mascherate da vincite” (“Losses Disguised as Wins”, LDWs), così rinominate da Dixon e colleghi (2010). Queste “perdite mascherate” consistono in quei risultati in cui viene segnalata una combinazione vincente su una o più linee di pagamento, la quale comporta la restituzione al giocatore di una somma di denaro, inferiore però rispetto a quella scommessa: nonostante questo risultato sia effettivamente una perdita monetaria, la slot-machine lo celebra come fosse una vincita. Se i giocatori dopo lo spin perdono interamente la somma scommessa, la slot-machine resta silente, sia nella sfera uditiva che visiva. Quando i giocatori effettuano lo spin e vincono di più rispetto alla loro scommessa, i giocatori ricevono feedback visivi e uditivi, che fungono da rinforzo positivo.

Vi è un netto contrasto tra i risultati vincenti colmi di feedback celebrativi ed i risultati perdenti, caratterizzati da uno stato di silenzio. In una quota considerevole di giri, le vittorie restituiranno un pagamento inferiore rispetto alla puntata dello spin, ma la slot sottolineerà comunque la vincita con simboli animati e canzoni celebrative: queste sono le cosiddette “perdite mascherate da vincite”.

Jensen (2012) ha dimostrato che i partecipanti esposti a questi risultati li categorizzavano erroneamente come vittorie. Inoltre i partecipanti, nel valutare il numero di giri in cui avevano vinto di più rispetto alla scommessa in una sessione di gioco, tendevano ad una sovrastima notevole del numero di vincite, probabilmente interpretando le LDWs come vincite, o confondendole con esse in memoria. Il suono è un importante fattore nella categorizzazione delle vincite, delle perdite e delle LDWs. Se l’informazione uditiva fornita ai partecipanti è che le LDWs siano vincite, piuttosto che perdite, ed i partecipanti dunque le categorizzano erroneamente come vincite, Dixon e collaboratori nel loro studio “Using sound to unmask Lossed Disguised as Wins in multiline slot machines” (2015) hanno ipotizzato che questo effetto potesse essere contrastato con suoni negativi di accompagnamento sia per le LDWs, che per le perdite regolari (condizione di “suono negativo”). Secondo gli autori tali accoppiamenti avrebbero potuto aumentare la somiglianza tra le perdite e le LDWs, e diminuire la somiglianza tra le vincite e le LDWs.

Effettivamente, aggiungendo suoni negativi sia alle LDWs che alle perdite, i giocatori erano stati più in grado di categorizzare le LDWs come risultati perdenti ed erano anche abili a fornire stime altamente fedeli della vittoria quando tornavano a riflettere sulla sessione di gioco. Il suono è un mezzo molto efficace per aiutare i partecipanti a rendere meno ambiguo il fatto che le LDWs siano risultati vincenti o perdenti. Quando i suoni negativi erano appaiati sia con le LDWs che con le perdite, solo una minoranza dei partecipanti era ancora ingannata dal mascheramento, mentre la maggioranza ha realizzato che le LDWs fossero di fatto delle perdite.

La drastica riduzione nella percentuale di persone ingannate dalle immagini e dai suoni rinforzanti delle LDWs nella condizione di “suono negativo” suggerisce che i partecipanti che giocano a giochi “standard” credano realmente di aver vinto, mentre in realtà hanno perso. Chiedendo ai partecipanti di stimare di ricordare il numero di volte in cui hanno vinto di più rispetto alla scommessa, nella condizione di “suono negativo” i partecipanti erano in grado di stimare accuratamente il numero di vincite reali in cui si sono imbattuti durante la sessione alle slot (mentre nella condizione “standard” si verificava una sovrastima notevole).

Avere suoni negativi che accompagnano sia le perdite normali che le LDWs è un modo pratico per portare i partecipanti a riconoscere che le LDWs sono risultati in cui perdono denaro. Questi suoni vincenti possono condizionare non solo il giocatore impegnato ad una slot-machine, ma anche gli altri partecipanti presenti nella sala, in quanto la ripetizione dei suoni vincenti delle LDWs e delle vittorie normali può dare l’impressione che le vincite si verifichino molto più spesso di quanto accade realmente. A proposito, Rockloff e colleghi (2011) hanno dimostrato che i giocatori aumentavano la velocità delle loro puntate, continuavano più a lungo e perdevano più denaro quando sentivano i suoni vincenti di altre slot-machine, rispetto a quando giocavano da soli.

Distorsioni cognitive e credenze erronee

Le cognizioni distorte risultano essere comuni tra i giocatori d’azzardo patologici (Joukhador et al, 2003) ed alcuni modelli cognitivi le considerano un elemento centrale del disturbo (come nel caso del Pathways Model of Problem and Pathological Gambling di Blaszczynski e Nower, 2002, uno dei resoconti di matrice cognitivo-comportamentale più influenti relativamente al gambling patologico). I giocatori d’azzardo patologici possono facilmente ricordare le vittorie per via di una disponibilità euristica (Tversky e Kahneman,1974), possono non riuscire a considerare ponderatamente le probabilità di vincita rispetto al rischio di perdita (Fletcher et al., 2011) e possono erroneamente attribuire le vincite ad abilità personali per via di un’illusione di controllo (Langer, 1975).

I giocatori d’azzardo patologici spesso danno spiegazioni bizzarre del gioco a cui si dedicano e del perché essi giochino. Spesso le loro cognizioni sono situazionali e singoli giocatori possono sostenere contemporaneamente credenze non logicamente coerenti (MacLaren et al., 2011). Ad esempio, un giocatore d’azzardo potrebbe continuare a scommettere dopo una serie di risultati perdenti ed accettare la “gambler’s fallacy”, cioè la credenza per cui un risultato vincente debba essere imminente, ritenendo improbabile che le precedenti serie di perdite possano continuare, anche se i risultati sono tra loro indipendenti (Tversky e Kahneman, 1974). Quanto all’illusione di controllo, le EGMs possono risultare attraenti in quanto in grado di trasmettere al giocatore la sensazione di avere un certo controllo sui risultati e che il rischio di perdita possa essere minimizzato (Haw, 2009). Questo avviene perché i giocatori possono regolare la grandezza ed il numero delle puntate simultanee per giro e questo in maniera indiretta cambia l’ampiezza media e la frequenza delle vincite.

I giocatori pratici di EGM sanno come manipolare questi risultati e questo può promuovere un’illusione di controllo sulle loro possibilità di ottenere un profitto, aumentando la frequenza e l’entità delle possibilità di vincita (MacLaren, 2015). Comunque, esercitare questo controllo implica scommettere più soldi, e la percentuale di rimborso programmata in una EGM (cioè la percentuale media di puntate che vengono restituite al giocatore come premi) è sempre inferiore al 100% ed è matematicamente indipendente dalla frequenza e dall’entità delle vincite (Harrigan et al, 2011).

Il controllo sul tasso di rinforzo permette inoltre ai giocatori di evitare lunghe strisce perdenti, il che può incoraggiare ulteriormente delle prese di decisione tramite euristiche (Harrigan et al., 2014). Bisogna aggiungere che in alcune EGMs il giocatore può esercitare una quota minima di controllo sui risultati anche premendo un pulsante per fermare il giro delle bobine al momento desiderato, influenzando così l’ottenimento di vincite o perdite. Questa infima quantità di controllo può talvolta contribuire ad un processo cognitivo irrazionale (Silver, 2015).

La progettazione delle moderne EGMs multilinea sembra appropriatamente idonea a capitalizzare sui giocatori d’azzardo problematici suscettibili alle illusioni di controllo e alla gambler’s fallacy (Goodie e Fortune, 2013). In un ampio campione di giocatori di EGM abituali, è stato mostrato come i giocatori d’azzardo problematici fossero più motivati al gioco d’azzardo come un modo per fuggire a stati emotivi negativi rispetto ai giocatori non problematici, e che avessero più distorsioni cognitive riguardo al gioco d’azzardo (Dixon et al., 2012). Le varie distorsioni cognitive possono essere il risultato di un disperato tentativo da parte dei giocatori di attribuire dei tristi risultati perdenti ed il loro comportamento incongruente a forze che possono essere comprese e, forse, controllate (MacLaren et al., 2015).

Fino ad oggi, non sembrano esistere sufficienti prove per affermare che cognizioni erronee sul gioco d’azzardo precedano e causino il gambling patologico, quanto piuttosto che contribuiscano al mantenimento del disturbo e che siano influenzate dai tratti di personalità sottostanti. In particolare, uno studio (MacLaren et al., 2012) ha dimostrato che i giocatori d’azzardo patologici non tendono intrinsecamente ad uno stile di pensiero difettoso. Fortunatamente, la mancanza di un deficit nello stile cognitivo tra i giocatori d’azzardo patologici suggerisce che gli interventi cognitivo-comportamentali non dovrebbero essere meno efficaci per i giocatori d’azzardo patologici rispetto ad altre forme di psicopatologie (ibidem).

Perdere un’illusione rende più saggi che trovare una verità (Ludwig Börne)

Il ruolo dei tratti di personalità nei giocatori d’azzardo

Una meta-analisi ha rilevato che i giocatori problematici rispetto a quelli non problematici presentano punteggi più elevati nei tratti che riflettono l’Affettività Negativa, la Disinibizione e l’Antagonismo (MacLaren et al., 2011). Un recente studio (MacLaren et al., 2015) si è occupato di identificare i meccanismi motivazionali e cognitivi attraverso cui le dimensioni basiche della personalità possano avere degli effetti indiretti sulla probabilità di problematiche nel gioco d’azzardo tra i giocatori abituali di EGMs ed ha riportato che i giocatori di slot-machine problematici tipicamente presentano tratti connessi al nevroticismo (quindi al timore, all’ansia, alla vulnerabilità emotiva) e all’impulsività (dunque ad una scarsa autoregolazione) che incrementano le problematiche del gioco d’azzardo, alimentando la “fuga” nel mondo del gioco d’azzardo e potenziando le distorsioni cognitive.

Essendo il nevroticismo un tratto associato, tra le altre cose, alla sensibilità alle punizioni, ci si potrebbe intuitivamente aspettare che la sua presenza scoraggi la persistenza nel gioco d’azzardo. Si deve però pensare che il gioco d’azzardo problematico risulta correlare positivamente con una motivazione finanziaria: i giocatori possono immaginare la vincita in denaro come una soluzione ai loro problemi finanziari, ma sono molto sensibili ai fallimenti e soffrono un turbamento emotivo di fronte a perdite ricorrenti. Come affermato precedentemente, le distorsioni cognitive possono riflettere il tentativo di attribuire risultati negativi a forze comprensibili. Alquanto paradossalmente, questi giocatori sensibili alla punizione possono impulsivamente “rincorrere” le perdite (Breen and Zuckerman, 2007), attraverso un rinnovato sforzo per fuggire alla realtà di aver perso larghe somme di denaro, vincendo di nuovo.

Questa ipotesi spiega come l’aspetto di sensibilità alla punizione del Nevroticismo, combinata con l’esperienza di risultati imprevedibili e spesso negativi, possa portare a distorsioni cognitive che mantengono ulteriormente il gioco d’azzardo. Inoltre, bisogna considerare che i giocatori possono scommettere piccole somme in un lasso di tempo esteso e regolare il numero e l’entità delle scommesse, così da controllare il rischio e la potenziale ricompensa per soddisfare la loro tolleranza immediata, anche se ciò non ha effetti sulla percentuale di pagamento. L’esperienza soggettiva di assunzione del rischio è dunque fatta percepire come meno instabile e forse anche un po’ sicura e prevedibile una volta che i giocatori imparano ad esercitare il controllo sulla frequenza e l’entità delle vincite (MacLaren, 2015).

Altri studi che hanno indagato il ruolo dei tratti di personalità coinvolti nel gambling problematico da slot machine, oltre a confermare la presenza di punteggi significativamente maggiori per il fattore Nevroticismo nei giocatori patologici, hanno indicato che riguardo agli esiti del trattamento alti punteggi nell’Impulsività emergano come predittori significativi delle ricadute e degli abbandoni. Due diversi studi, utilizzando due diversi modelli di personalità (NEO-PI R ed Alternative Five Factor Model), sono arrivati a concludere che l’impulsività sia un tratto preminente nel predire il rischio di ricadute e drop-out nei giocatori d’azzardo patologici di slot-machine. In relazione a questo, va considerato che per molti giocatori un’elevata impulsività può rendere difficoltoso beneficiare del trattamento, dato che l’eccitamento derivato dal gioco d’azzardo è immediato, mentre la ricompensa del trattamento avviene solo a lungo termine.

Fattori “macroscopici” del gioco d’azzardo legato alle slot-machine

Nel presente articolo si è cercato di riportare le principali caratteristiche del disturbo da gioco d’azzardo legato alle slot-machine, da un punto di vista prettamente psicologico, tramite l’utilizzo di ricerche svolte prevalentemente nell’ultimo decennio. La questione del gioco d’azzardo va inserita però in un contesto più ampio e necessita lo studio di altri fattori squisitamente sociali, economici e politici.

Ad un livello sociale, andrebbe approfondito il ruolo delle reti sociali in cui l’individuo è inserito e, in particolare, dalle reti di sostegno familiari e amicali. La carenza di reti sociali di sostegno, infatti, è un fenomeno strettamente legato al nostro tipo di società, nella quale anche l’istituzione della famiglia è divenuta più fragile rispetto al passato e non rappresenta più un nucleo stabile nella rete dei legami di riferimento. Le persone più vulnerabili – per età, per situazione socio-economica o perché presentano disturbi psicopatologici – sono quelle che, maggiormente, risentono di questa nuova situazione.

Ad un livello economico, va considerato che periodi di crisi economica, i quali possono comportare la perdita di un lavoro fino a poco tempo prima considerato stabile, l’incertezza del proprio futuro e di quello dei propri figli, possono avere un ruolo nel favorire l’insorgere della dipendenza da gioco d’azzardo. Per quanto concerne la politica, in Italia la gestione del gioco d’azzardo risulta essere carente su molti fronti. Uno di questi è la gestione della pubblicità, in grado di favorire l’instaurarsi della dipendenza da gioco d’azzardo. La pubblicità può avere un ruolo particolarmente rilevante e dannoso nei confronti degli adolescenti che vedono nell’immagine vincente del giocatore offerta da questi spot un tipo di identità ‘ideale’, una sorta di salvacondotto per ottenere con facilità popolarità sociale e successo economico.

Un altro fattore di notevole importanza riguarda l’estrema facilità con la quale è oggi possibile iniziare a giocare. È inevitabile che la diffusa disponibilità degli apparecchi e degli spazi di gioco attiri anche coloro che non oserebbero mai entrare in un casinò o in una bisca. Inoltre, nella maggior parte dei casi, per accedere al gioco, non è richiesta l’esibizione di alcun documento d’identità, a differenza di quanto avveniva in passato, quando la possibilità di accesso ai luoghi deputati al gioco era fortemente regolamentata (Croce, 2005). Questa deregolamentazione nell’accesso al gioco fa sì che non si percepisca che, anche se si tratta di un’attività legale e aperta a tutti, il gioco d’azzardo mantiene comunque un rischio intrinseco di sviluppare forme di dipendenza: il fatto che sia legale, infatti, non protegge dalle conseguenze che esso comporta (Tani e Ilari, 2016).

Inoltre, fatto non meno importante, lo Stato italiano ha delegato il delicato compito di condurre campagne di prevenzione per un Gioco Legale e Responsabile agli stessi concessionari dei giochi d’azzardo. In altri termini, i soggetti che devono divulgare messaggi di tipo educativo per la promozione di un gioco controllato e non eccessivo, sono gli stessi che pubblicizzano i servizi di gioco da loro erogati, in un palese conflitto di interessi.

Guardando invece alle spese dello Stato riservate al disturbo da gioco d’azzardo, con il Decreto del Ministro della salute del 6 ottobre 2016, “al fine di garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione, rivolte alle persone affette da disturbo da gioco d’azzardo”, viene ripartita tra tutte le regioni la somma di cinquanta milioni di euro annui. Vale la pena in questo contesto segnalare che durante il 2016 gli italiani hanno speso almeno diciotto miliardi e mezzo di euro in giochi ricompresi sotto la dizione usuale di “gioco d’azzardo”, a fronte di una raccolta complessiva dell’industria del gioco pari a 95 miliardi di euro (questo dato risente del meccanismo del rigioco, per cui il giocatore reimpiega le vincite ed aumenta la raccolta lorda; Agripronews, 2016).

Come brillantemente suggerito nel libro di Franca Tani e Annalisa Ilari (2016), risulta oggi essere necessaria un’azione volta ad incidere sulla ‘cultura’ del gioco, in modo da evitare atteggiamenti demonizzanti e ricondurre questa attività alle sue dimensioni più spiccatamente ludiche, di intrattenimento e di divertimento: un gioco cioè consapevole e controllato che non comporti rischi per la salute.

Nello specifico, i principali obiettivi di questo livello di prevenzione sono:

  1. Informare la popolazione sui rischi che il gioco d’azzardo può comportare per la salute psico-fisica degli individui;
  2. Fornire indicazioni utili per individuare precocemente – in se stessi, in un familiare o in un amico – segni e sintomi che possono costituire dei campanelli di allarme per lo sviluppo di una dipendenza da gioco d’azzardo;
  3. Far conoscere i punti informativi e i servizi socio-sanitari presenti sul territorio a cui potersi rivolgere in caso di necessità
  4. In ultimo ma non per ultimo, informare la popolazione rispetto alle reali probabilità di vincita dei diversi tipi di giochi d’azzardo.

Tutto ciò comporta che vi sia da parte di tutti i soggetti coinvolti un’accurata analisi degli effetti e delle conseguenze cui si può andare incontro se si modifica l’assetto del mercato legale dei giochi, con la consapevolezza che questo tipo di obiettivo non può essere realizzato in tempi brevi, né può essere attuato con provvedimenti drastici. La diffusione del gioco d’azzardo legale è infatti un processo che va avanti da più di venti anni e che coinvolge interessi di ordine economico e finanziario, numerosi operatori di settore, oltre a quelli dell’indotto che questo crea, e moltissimi lavoratori.

Inoltre, se è vero che l’accresciuta disponibilità di giochi d’azzardo e la loro facile accessibilità costituiscono dei fattori strettamente legati alla crescita del comportamento di gioco d’azzardo problematico e patologico (Potenza e Charney, 2001; Shaffer e Hall, 2001), è pur vero che il proibizionismo non costituisce un valido strumento di prevenzione. Ne è un esempio, su tutti, il fallimento della politica proibizionista sul consumo di alcool messa in atto negli anni Venti del secolo scorso dal governo degli Stati Uniti d’America.

Infine, non va trascurato il fatto che il gioco d’azzardo è fortemente radicato nella nostra cultura e che c’è, quindi, un’elevata richiesta di questo tipo di attività, per cui, eliminare qualsiasi forma di gioco d’azzardo legale equivarrebbe a riconsegnare nelle mani della criminalità organizzata tutta la gestione di questo ricco giro d’affari. F. Tani e A. Ilari (2016) sottolineano inoltre che per far fronte in modo efficace a problematiche così poliedriche come il gioco d’azzardo patologico è necessaria una riflessione collettiva, che coinvolga tutte le istituzioni che si occupano di politiche socio-sanitarie e dell’istruzione, nonché dell’assetto economico del nostro Paese. Una riflessione che consenta di procedere ad un’azione concertata che miri non solo alla prevenzione della patologia ma alla promozione di una società ‘sana’, di un ambiente ricco di stimoli positivi, di un’educazione che si ponga come obiettivo la formazione di cittadini consapevoli e in grado di impiegare tutte le proprie risorse per tutelare la salute psico-fisica non solo personale ma anche sociale.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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