Not Just Right Experience: il disagio per ciò che non è “a posto”
Negli ultimi anni è apparsa in letteratura, nell’ambito della psicopatologia spesso in relazione al disturbo ossessivo compulsivo, l’espressione NJRE, ovvero la Not Just Right Experience.
Si tratta di un vissuto soggettivo di disagio e fastidio relativo al fatto che un’esperienza venga percepita come “non completamente soddisfacente”, in cui la persona percepisce che le cose o la situazione “non sono a posto” e di non aver fatto le cose nel modo giusto.
Il quadro non è allineato, i libri non sono ordinati secondo un dato criterio, la festa di compleanno deve prevedere lo svolgimento secondo uno schema rigido altrimenti non mi sentirei a posto, non posso iniziare a lavorare se prima non mi sono occupato di scaricare la lavastoviglie. Ciò che arriva dall’esterno deve essere ripulito. Oppure, finchè non mi sdraio in un certo modo, non mi sento a posto per rilassarmi. Ripeto l’azione, alla ricerca della condizione perfetta.
E sono proprio queste le parole che arrivano alla mente di chi vive la sensazione di Not Just Right Experience, ad esempio: “Finchè non allineo alcuni oggetti (solo uno tra tanti esempi che possono attivare la sensazione), sento che le cose non sono a posto”.
Da qui, la fatica maggiore di chi vive la Not Just Right Experience è caratterizzata dal disagio emotivo che accompagna la sensazione che le cose siano incomplete, imperfette e non posto, non effettuate nel modo giusto; da questa sensazione di incompletezza e del non avere le cose a posto/del non sentirsi a posto, si innesca un processo di pensiero ripetitivo negativo disfunzionale focalizzato proprio su questa condizione di cui il paziente si sente schiavo.
Il ciclo compulsivo della Not Just Right Experience
L’unico modo di liberarsi dal rimuginio e dall’emozione negativa iper mantenuta? Una strategia di gestione primaria, molto concreta: le compulsioni, fare in modo e mettersi all’opera concretamente “affinché le cose siano a posto”.
Di conseguenza, non ci sente a posto finchè la situazione non è nuovamente, potremmo dire sotto controllo e “a posto” secondo determinati standard (spesso elevati e perfezionistici) che ci si impone.
In altre parole, pulire, disinfettare, ordinare, allineare, gestire alcune routine in modo rigido secondo un certo schema pianificato, sistemare. Ma anche il bisogno di recuperare e ricordare aspetti irrilevanti perchè diviene intollerabile la sensazione di disagio della mente che fissa in modo rigido e continuativo l’attenzione su qualcosa che non si ricorda: l’unico modo di liberarla? Di nuovo, fare di tutto per recuperare quel pezzo di informazione che silenzia il disagio emotivo e la sensazione di fastidio.
Dal punto di vista del paziente, solo in questo modo ci si può calmare e si può evitare quell’insostenibile vissuto di disagio emotivo e di fastidio legato alla sensazione che le cose non siano a posto, del non sentirsi a posto.
I pensieri tipici della Not Just Right Experience sono “ Devo farlo (es. ordinare, allineare, sistemare, lavare o persino dedicarsi a un hobby – vissuto in modo doverizzato e perfezionistico- in un certo momento della giornata), altrimenti non mi libero di questa sensazione che mi rimane addosso, se non me ne libero continuerò a pensarci (in gergo tecnico, rimuginio e ruminazione) e il disagio emotivo/l’ansia/il disgusto crescerà a dismisura, finché impazzirò con questa mente sovraccarica di pensieri”.
Questa strategia è disfunzionale perché si basa sull’evitamento delle emozioni e degli stati mentali legati alla sensazione di incompletezza e di imperfezione. L’individuo è spinto a effettuare comportamenti ripetitivi compulsivi fino a quando non si sente libero dalla Not Just Right Experience, con conseguenti circoli viziosi e impatti negativi limitanti nella vita quotidiana.
Alla base si ritrovano diversi aspetti, tra cui la percezione di minaccia e intollerabilità delle emozioni, la profonda sfiducia nella propria capacità di regolare e calmare gli stati emotivi negativi, la credenza di una mente rimuginante incontrollabile in preda a sé stessa.
In termini tecnici, si attivano credenze metacognitive distorte riguardanti il mantenersi della sensazione di disagio e l’impatto catastrofico di questa nel funzionamento quotidiano della persona: “se non mi tolgo questa sensazione di disagio mettendo le cose a posto, rimarrò nervoso e non mi godrò il resto della giornata, non mi consentirà di pensare ad altro”.
Quindi, la persona che vive sensazioni di Not just right experience prova un disagio che risulta dalla discordanza tra le performance dell’individuo o lo stato reale delle cose, e i propri standard (Mancini, Gangemi, Perdighe & Marini, 2008). Di conseguenza, l’individuo si sente spinto ad agire per modificare l’ambiente circostante con lo scopo di diminuire il disagio generato da tale sensazione.