Definizione
I Disturbi dell’Adattamento (DA) sono condizioni psicologiche che insorgono in seguito a uno o più eventi stressanti identificabili, ai quali la persona non riesce ad adattarsi in modo efficace. In risposta a tali eventi, l’individuo sviluppa sintomi emotivi e comportamentali anomali o eccessivamente intensi rispetto alla situazione, che vanno oltre le normali reazioni di fronte alle difficoltà quotidiane. Ciò significa che la sofferenza manifestata risulta sproporzionata rispetto alla gravità dell’evento stressante e causa una significativa compromissione del funzionamento sociale, lavorativo, scolastico o di altre aree importanti della vita. Gli eventi stressanti che possono dare origine a un disturbo dell’adattamento comprendono una vasta gamma di situazioni, non necessariamente catastrofiche o pericolose di per sé. Ad esempio, cambiamenti di vita come la fine di una relazione sentimentale, la perdita del lavoro, difficoltà finanziarie, problemi familiari, trasferimenti geografici o l’insorgenza di una malattia fisica possono costituire fattori scatenanti. Anche transizioni evolutive o eventi positivi ma impegnativi – come diventare genitori, iniziare un nuovo percorso di studi o lavorativo, andare in pensione o affrontare cambiamenti socioeconomici – possono rappresentare fonti di stress in grado di precipitare un disturbo dell’adattamento.
A differenza del Disturbo Acuto da Stress e del Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD), che insorgono tipicamente in seguito a traumi di estrema gravità (es. minaccia di vita, disastri, violenze), i disturbi dell’adattamento possono seguire eventi stressanti di qualsiasi intensità. Il disturbo dell’adattamento rappresenta una risposta disadattiva a breve termine a esperienze di stress e cambiamento, anche di natura comune o positiva, quando esse eccedono le capacità di coping della persona.
Caratteristiche Diagnostiche (DSM-5)
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5; APA, 2013, 2022), per porre diagnosi di disturbo dell’adattamento devono essere presenti alcune caratteristiche cliniche specifiche legate al rapporto temporale ed eziologico con uno stressor identificabile. In primo luogo, i sintomi devono manifestarsi entro 3 mesi dall’inizio dell’evento o situazione stressante (Criterio A). La sintomatologia può includere umore depresso, ansia, irritabilità, sentimenti di incapacità di far fronte, oppure condotte disadattive (come isolamento sociale o atti impulsivi), ma la caratteristica essenziale è che tali reazioni siano chiaramente connesse all’evento e rappresentino un eccesso rispetto a quanto atteso alla luce della natura dello stressor. Questi sintomi, inoltre, devono comportare un marcato disagio soggettivo o un deterioramento significativo del funzionamento in ambito lavorativo, scolastico, sociale o in altre aree importanti (Criterio B).
La diagnosi di disturbo dell’adattamento viene fatta anche per esclusione: il quadro clinico non deve soddisfare i criteri di un altro disturbo mentale e non dev’essere semplicemente l’esacerbazione di una condizione preesistente (Criterio C). Ad esempio, se i sintomi e la gravità della reazione soddisfano i criteri di un Episodio Depressivo Maggiore o di un Disturbo d’Ansia, si preferirà porre una tra queste diagnosi piuttosto che di disturbo dell’adattamento. Analogamente, le reazioni di lutto prolungato per una perdita non rientrano nei disturbi dell’adattamento (Criterio D).
Un’altra caratteristica diagnostica rilevante è la limitata durata del disturbo: i sintomi di solito non persistono oltre i 6 mesi dalla risoluzione o cessazione del fattore di stress (Criterio E). Nel caso di stressori prolungati, la sintomatologia può protrarsi finché la situazione stressante continua, ma la persistenza di un malessere significativo oltre questo periodo dovrebbe indurre a rivalutare la diagnosi.
Specificatori
Il DSM-5 prevede diversi sottotipi (specificatori) di disturbo dell’adattamento, in base alla prevalenza di determinati sintomi (APA, 2013, 2022). Le principali forme cliniche sono le seguenti:
- Con umore depresso: prevalgono sentimenti di tristezza, tendenza al pianto, scoraggiamento e perdita di interesse per le attività abituali.
- Con ansia: predominano sintomi di tensione, nervosismo e preoccupazione; il soggetto può apparire agitato e manifestare ansia marcata (ad esempio ansia da separazione rispetto alla fonte di stress).
- Con ansia e umore depresso (misto): sono presenti contemporaneamente sintomi significativi sia di depressione che di ansia, senza che uno dei due quadri prevalga nettamente.
- Con alterazione della condotta: si evidenziano principalmente comportamenti disadattivi o impulsivi; ad esempio, cambiamenti improvvisi nelle abitudini e negli atteggiamenti, condotte antisociali o rischiose, oppure uso aumentato di sostanze (alcool, farmaci, ecc.) come modo maladattivo di fronteggiare lo stress.
- Con alterazione mista dell’emotività e della condotta: combina sintomi emotivi (ansiosi e/o depressivi) con significative alterazioni del comportamento e della condotta.
- Non specificati: reazioni maladattive clinicamente significative che non rientrano in nessuno dei sottotipi sopra descritti (ad esempio manifestazioni atipiche come ritiro sociale pronunciato, somatizzazioni importanti, ecc.).
Epidemiologia
Il disturbo dell’adattamento è una diagnosi frequente nella pratica clinica, ma la sua prevalenza esatta risulta difficile da stimare con precisione a causa di alcune limitazioni nella ricerca epidemiologica (Carta et al., 2009; Morgan et al., 2022). Spesso, infatti, i grandi studi sulla salute mentale della popolazione generale non inquadrano adeguatamente i disturbi dell’adattamento, sia per la loro natura transitoria sia perché gli strumenti diagnostici standardizzati tendono a privilegiare condizioni più definite (Carta et al., 2009). Alcune indagini hanno riportato una prevalenza di circa l’1% nella popolazione generale, probabilmente sottostimando il fenomeno (Carta et al., 2009). In contesti clinici, invece, il disturbo dell’adattamento rappresenta una quota significativa delle diagnosi: ad esempio, in ambito di medicina di base e consultazione psichiatrica breve, i disturbi dell’adattamento possono costituire dal 10% al 20% circa di tutti i disturbi riscontrati (Carta et al., 2009). È stato osservato che il disturbo dell’adattamento è uno dei disturbi mentali più frequentemente diagnosticati negli adulti, in particolare in situazioni di stress legate a malattie mediche o eventi di vita avversi, pur essendo considerato generalmente un disturbo lieve e di breve durata (Morgan et al., 2022).
Per quanto riguarda il decorso, in molti casi il disturbo dell’adattamento segue un andamento relativamente benigno: i sintomi tendono a ridursi man mano che la persona elabora l’evento stressante e spesso si risolvono entro alcuni mesi. I pazienti con disturbo dell’adattamento, in media, mostrano un miglioramento sintomatologico più rapido e ricorrono a meno interventi terapeutici rispetto a quanto avviene in altri disturbi mentali più gravi (Morgan et al., 2022). Tuttavia, non si tratta di un disturbo da sottovalutare. La ricerca suggerisce che una proporzione non trascurabile di individui con disturbi dell’adattamento mantiene la diagnosi per periodi prolungati o sviluppa successivamente altri disturbi psicopatologici, come disturbi d’ansia o dell’umore (Morgan et al., 2022). Inoltre, alcune evidenze indicano che aver ricevuto una diagnosi di disturbo dell’adattamento può associarsi a un maggiore rischio futuro di problemi di salute fisica – ad esempio infezioni, patologie cardiovascolari o altre condizioni mediche – rispetto a chi non presenta alcun disturbo mentale (Morgan et al., 2022). Non sono ancora chiare le cause di questa associazione, ma tali dati sottolineano l’importanza di monitorare attentamente nel tempo le persone che hanno manifestato un disturbo dell’adattamento.
Cause e Fattori di Rischio
Alla base dei disturbi dell’adattamento vi è la presenza di uno stress ambientale identificabile che funge da causa scatenante. In altre parole, il disturbo dell’adattamento è una reazione maladattiva a uno stress psicosociale: senza un fattore di stress rilevante non si verifica il disturbo (APA, 2013; Carta et al., 2009). Di per sé, qualunque evento percepito come significativamente stressante per l’individuo può innescare un disturbo dell’adattamento, ma gli studi hanno cercato di individuare quali circostanze e caratteristiche personali possano aumentare la vulnerabilità a sviluppare questa condizione. Come accennato, gli eventi precipitanti possono essere sia acuti (es. un singolo episodio come un licenziamento, un divorzio, un incidente, una calamità naturale) sia cronici o multipli (es. un periodo prolungato di difficoltà economiche, conflitti familiari ricorrenti, pressioni lavorative continuative). Spesso è rilevante anche la significatività soggettiva dell’evento: un cambiamento che per alcuni può essere affrontato senza difficoltà, per altri – magari in un particolare momento di fragilità – può rappresentare “la goccia che fa traboccare il vaso” sul piano emotivo. Oltre alla natura e intensità dello stressor, sono stati identificati diversi fattori di rischio individuali che rendono alcune persone più suscettibili a sviluppare un disturbo dell’adattamento in seguito a eventi avversi (APA, 2013, 2022; Ministero della Difesa, 2024; Kelber et al., 2022):
- Sesso femminile: le donne risultano più frequentemente colpite da disturbi dell’adattamento rispetto agli uomini.
- Età giovanile: i giovani adulti tendono a presentare una maggiore vulnerabilità, sebbene il disturbo possa manifestarsi a qualsiasi età.
- Difficoltà lavorative o disoccupazione: la mancanza di un’occupazione o una situazione lavorativa instabile può aumentare il rischio, probabilmente perché aggrava lo stress e riduce le risorse di coping disponibili.
- Condizioni socioeconomiche svantaggiate: vivere in precarie condizioni economiche o sociali, con minori risorse e opportunità, può rendere più difficile far fronte ai cambiamenti e agli eventi stressanti.
- Assenza di supporto sociale o familiare: chi dispone di una rete di sostegno debole o inesistente (famiglia, amici, comunità) ha meno “ammortizzatori” emotivi di fronte allo stress e quindi maggiore probabilità di sviluppare reazioni maladattive (Ministero della Difesa, 2024).
- Problemi di salute fisica: la presenza di malattie mediche o lesioni fisiche può rappresentare sia uno stressor in sé sia un fattore di vulnerabilità, soprattutto se la malattia limita l’autonomia o comporta cambiamenti importanti nello stile di vita.
- Pregressa storia di disturbi mentali: individui che in passato hanno sofferto di disturbi dell’umore, d’ansia o altre psicopatologie possono essere più predisposti a sviluppare un disturbo dell’adattamento di fronte a nuovi stressor, forse a causa di una minore resilienza o di fattori biologici e psicologici sottostanti.
Non tutti gli individui esposti a stress, anche intenso, sviluppano un disturbo dell’adattamento. La comparsa del disturbo dell’adattamento dipende dall’interazione tra la gravità dell’evento, il significato personale che esso assume e le risorse di fronteggiamento dell’individuo. Ad esempio, due persone potrebbero vivere lo stesso evento (come la perdita del lavoro): una potrebbe reagire mobilitando adeguate strategie di adattamento e trovare presto un nuovo equilibrio, l’altra potrebbe sentirsi sopraffatta e sviluppare una sintomatologia clinica di adattamento. In questo senso, la vulnerabilità individuale gioca un ruolo cruciale: fattori come una scarsa flessibilità nell’affrontare i cambiamenti, tratti di personalità predisponenti o uno stile di attaccamento insicuro possono aumentare la probabilità che una persona reagisca in modo disfunzionale allo stress (Carta et al., 2009). Ricerche più recenti hanno evidenziato anche alcune differenze qualitative tra i tipi di eventi associati ai disturbi dell’adattamento rispetto ad altri disturbi correlati allo stress. Ad esempio, sembra che i pazienti con disturbi dell’adattamento abbiano riportato più frequentemente eventi come incidenti o infortuni, mentre esperienze di trauma deliberato da parte di terzi (come aggressioni, violenze o abusi) risultano meno comuni in questo gruppo rispetto a quanto osservato nei pazienti con PTSD (Kelber et al., 2022). Questo dato è coerente con l’idea che il disturbo dell’adattamento tenda a insorgere in risposta a stressori di gravità intermedia o comunque non estremi, laddove traumi maggiori possono condurre a quadri clinici più severi.
Trattamenti
Data la natura reattiva e tipicamente transitoria del disturbo dell’adattamento, il decorso spontaneo è spesso verso la risoluzione dei sintomi nell’arco di alcuni mesi, specialmente se lo stressor si attenua o viene eliminato. In genere, la sintomatologia tende ad andare incontro a remissione entro 6 mesi dalla fine dell’evento stressante (Ministero della Difesa, 2024). Tuttavia, questo non significa che il trattamento del disturbo dell’adattamento sia superfluo o che si possa ignorare la sofferenza della persona in attesa che “passi da sola”. Al contrario, un intervento psicologico tempestivo è considerato utile per alleviare il disagio più rapidamente e prevenire possibili complicazioni. È stato infatti dimostrato che un supporto adeguato può abbreviare la durata della sofferenza e ridurre il rischio che i sintomi divengano cronici quando il fattore di stress perdura (Ministero della Difesa, 2024). Inoltre, aiutare il paziente a fronteggiare efficacemente l’evento avverso contribuisce a rafforzare la resilienza psicologica in vista di future sfide e, soprattutto, a prevenire l’evoluzione verso disturbi psicopatologici più gravi, come un episodio depressivo maggiore o disturbi d’ansia che potrebbero insorgere come conseguenza di un adattamento fallito (Ministero della Difesa, 2024; Morgan et al., 2022).
Psicoterapia
Il trattamento d’elezione per i disturbi dell’adattamento è la psicoterapia (Carta et al., 2009). Poiché il disturbo dell’adattamento è per definizione legato a uno stress specifico e ha una durata limitata, risultano particolarmente indicate le terapie brevi focalizzate sul problema e gli interventi di sostegno psicologico mirati a migliorare le capacità di coping dell’individuo di fronte al cambiamento. Gli approcci di comprovata efficacia includono la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT) – rivolta a identificare e modificare i pensieri disfunzionali e i comportamenti maladattivi innescati dallo stressor – e la terapia interpersonale, che aiuta la persona a comprendere e gestire l’impatto dell’evento stressante sulle proprie relazioni e sul proprio ruolo di vita (Carta et al., 2009).
Tra gli altri approcci raccomandati troviamo anche tecniche specifiche per la gestione dello stress. In contesti clinici sono risultate utili le tecniche di rilassamento (come il training autogeno o la respirazione controllata) e interventi di auto-aiuto strutturati, volti a insegnare strategie di fronteggiamento attivo della situazione (Ministero della Difesa, 2024). Tali strumenti possono essere particolarmente preziosi quando la persona si trova in condizioni di stress protratto nel tempo: imparare a gestire la tensione e mantenere l’equilibrio psicofisico può evitare che si instauri un disadattamento persistente e scongiurare l’escalation verso un vero e proprio disturbo clinico (Ministero della Difesa, 2024).
EMDR
Un trattamento psicoterapeutico emergente in ambito di disturbi da stress è l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), una tecnica originariamente sviluppata per i traumi, che viene talvolta applicata anche ai disturbi dell’adattamento. L’EMDR, attraverso la rielaborazione guidata dei ricordi stressanti, può facilitare il processamento dell’evento e la riduzione dei sintomi, specialmente nei casi in cui l’evento scatenante abbia caratteristiche traumatiche soggettive (Ministero della Difesa, 2024).
Va notato che, nel caso dei disturbi dell’adattamento, la differenza fondamentale rispetto ad altri disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti consiste nella più rapida reversibilità della sintomatologia una volta rimosso lo stressor e nel fatto che spesso non si attivano meccanismi neurobiologici di “impronta traumatica” così profondi come nel disturbo post traumatico da stress. Ciò rende generalmente sufficienti interventi meno intensivi rispetto a quelli richiesti per i disturbi post-traumatici (Ministero della Difesa, 2024).
Terapia farmacologica
L’utilizzo di psicofarmaci nel disturbo dell’adattamento è un ambito in cui le evidenze scientifiche sono ancora limitate. Non esistono farmaci specifici approvati per il trattamento dei disturbi dell’adattamento e, data la natura tipicamente autolimitate del disturbo, la farmacoterapia non è considerata di prima linea (Carta et al., 2009). In pratica clinica, può accadere che vengano prescritti farmaci ansiolitici o antidepressivi allo scopo di attenuare rispettivamente i sintomi ansiosi o depressivi associati, quando questi risultino molto marcati e causino un disagio significativo al paziente. Tuttavia, studi clinici controllati sull’efficacia degli psicofarmaci nei disturbi dell’adattamento sono scarsi e non conclusivi (Carta et al., 2009). Pertanto, l’uso di farmaci dovrebbe essere limitato a casi selezionati, valutando attentamente il rapporto rischio-beneficio e in ogni caso di impiegarli come supporto sintomatico per brevi periodi, affiancandoli a un intervento psicoterapeutico e psicoeducativo.
Trattamenti con nuove tecnologie
Negli ultimi anni, un filone di ricerca in crescita riguarda l’implementazione di trattamenti supportati dalla tecnologia per i disturbi dell’adattamento. L’obiettivo è quello di ampliare l’accesso alle cure psicologiche attraverso strumenti digitali, come programmi di terapia online, applicazioni mobili per la gestione dello stress, oppure l’uso della realtà virtuale in percorsi di esposizione controllata a situazioni stressanti.
Una recente revisione sistematica con meta-analisi preliminare ha sintetizzato i risultati degli studi disponibili su questi interventi tecnologici per il disturbo dell’adattamento (Fernández-Buendía et al., 2024). Sebbene il numero di ricerche in materia sia ancora esiguo (9 studi in totale, di cui 8 trial randomizzati controllati), i dati iniziali sono incoraggianti. In particolare, le terapie informatizzate – per lo più basate su programmi di auto-aiuto via web o moduli di terapia cognitivo-comportamentale online – hanno mostrato un’efficacia superiore alle condizioni di controllo nel ridurre la sintomatologia psicologica legata al disturbo dell’adattamento (Fernández-Buendía et al., 2024). Anche gli approcci con realtà virtuale, utilizzati in alcuni studi per simulare contesti ansiogeni in modo graduale e controllato, hanno evidenziato risultati positivi sul miglioramento dei sintomi (Fernández-Buendía et al., 2024). Nel complesso, i partecipanti che hanno ricevuto interventi supportati dalla tecnologia hanno riportato una significativa riduzione del disagio emotivo e un miglioramento funzionale dal pre- al post-trattamento, rispetto a chi non ha ricevuto alcun intervento attivo.
È importante sottolineare, tuttavia, che queste conclusioni vanno prese con cautela. Gli studi analizzati presentavano una notevole eterogeneità in termini di tipologia di intervento, durata, popolazione coinvolta e misure di esito, e il campione complessivo rimane limitato (Fernández-Buendía et al., 2024). Pertanto, pur suggerendo che gli interventi tecnologici potrebbero rappresentare in futuro un complemento efficace nel trattamento dei disturbi dell’adattamento, offrendo per esempio supporto a distanza a persone che non possono accedere facilmente a terapia in presenza, gli autori evidenziano la necessità di ulteriori ricerche. Saranno utili studi più ampi e rigorosi per determinare con maggiore chiarezza i vantaggi, i limiti e le condizioni ottimali di utilizzo di queste nuove modalità terapeutiche nel contesto specifico dei disturbi dell’adattamento (Fernández-Buendía et al., 2024).
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- Carta, M., Balestrieri, M., Murru, A., & Hardoy, M. (2009). Adjustment Disorder: epidemiology, diagnosis and treatment. Clinical Practice and Epidemiology in Mental Health, 5(1), 15. https://doi.org/10.1186/1745-0179-5-15
- Fernández-Buendía, S., Miguel, C., Dumarkaite, A., Kazlauskas, E., Cuijpers, P., & Quero, S. (2023). Technology-supported treatments for adjustment disorder: A systematic review and preliminary meta-analysis. Journal of Affective Disorders, 347, 29–38. https://doi.org/10.1016/j.jad.2023.11.059
- Ministero della Difesa. (2024). Disturbo dell’adattamento. Retrieved from https://www.difesa.it/smd/approfondimenti/benessere-e-salute/disturbo-dell-adattamento/34786.html
- Morgan, M. A., Kelber, M. S., Bellanti, D. M., Beech, E. H., Boyd, C., Galloway, L., Ojha, S., Wilson, A. L. G., Otto, J., & Belsher, B. E. (2022). Outcomes and prognosis of adjustment disorder in adults: A systematic review. Journal of Psychiatric Research, 156, 498–510. https://doi.org/10.1016/j.jpsychires.2022.10.052
- Kelber, M. S., Morgan, M. A., Beech, E. H., Smolenski, D. J., Bellanti, D., Galloway, L., Ojha, S., Otto, J. L., Wilson, A. L. G., Bush, N., & Belsher, B. E. (2022). Systematic review and meta-analysis of predictors of adjustment disorders in adults. Journal of Affective Disorders, 304, 43–58. https://doi.org/10.1016/j.jad.2022.02.038