Il DSM considera la depressione che colpisce le neopartorienti come una forma di depressione generale specificata come depressione post partum se ha esordio entro le prime quattro settimane successive al parto.
Spesso la nascita di un figlio comporta l’integrazione del ruolo di genitore, oltre che la modificazione dei ruoli precedenti: le continue richieste di accudimento del neonato, una nuova organizzazione del proprio tempo e delle proprie abitudini, eventuali difficoltà nell’ambito lavorativo sono solo che alcune delle difficoltà che la donna incontra in questa delicata fase di vita. Anche la relazione con il partner può incontrare alcune avversità. Se a tutto ciò si sommano problemi ulteriori, quali la mancanza di una rete sociale, difficoltà finanziarie o un parto inaspettatamente problematico, lo sviluppo di manifestazioni depressive di varia intensità è un evento al quale non è assolutamente raro assistere (Zaccagnino, 2009).
Nei giorni immediatamente successivi al parto è considerato fisiologico un periodo caratterizzato da calo dell’umore e instabilità emotiva (la cosiddetta baby blues o maternity blues): si stima che una percentuale collocabile tra il 30% e l’85% delle donne (O’Hara et al., 1990; Gonidakis et al., 2007) sperimenta e manifesta sintomi associabili a una leggera depressione post partum, ma caratterizzati da transitorietà (presentano una durata variabile da poche ore ad alcuni giorni) e che non necessariamente si trasformano in un vero e proprio disturbo.
La vera e propria depressione post-partum o depressione post-natale (DPN) sembra invece colpire circa il 10-15% (Centers for Disease Control and Prevention, 2008) delle donne. Il DSM considera la depressione post-natale come una forma di depressione generale specificata come “depressione postpartum” se ha esordio entro le prime quattro settimane successive al parto. I criteri del DSM 5 per questo disturbo dunque sono gli stessi del disturbo depressivo maggiore, ciò che fa la differenza è il periodo di esordio del disturbo.
Spesso, inoltre, sono riscontrabili altri sintomi quali manifestazioni psicotiche, con deliri che riguardano il neonato, pensieri ossessivi di potere fare male al bambino, forti episodi d’ansia, pianto spontaneo e/o disinteresse per il neonato.
I sintomi della depressione post partum non sono transitori e possono persistere, variando d’intensità, anche per molti anni, e quindi avere conseguenze più o meno significative non solo sulla salute mentale della donna, ma anche sulla relazione madre-bambino, sullo sviluppo del bambino e sull’intero nucleo familiare.
Depressione post partum e conseguenze per madre e bambino
Nel caso della depressione post-partum, sono notevoli gli effetti del disturbo sulla relazione madre-bambino e sullo sviluppo di quest’ultimo. La depressione materna interferisce con gli scambi emotivi e comportamentali ritenuti necessari perché si possa sviluppare un’interazione efficace tra la madre e il bambino, contribuendo in modo significativo alla formazione di una relazione insicura di attaccamento (Milgrom et al., 2003). La depressione post natale rappresenta un considerevole fattore di rischio anche per il bambino: i piccoli, infatti, vanno incontro a problemi nei processi di regolazione affettiva; disturbi comportamentali con tendenza all’aggressività; disturbi ansiosi; deficit nello sviluppo cognitivo; deficit dell’attenzione; incompetenza sociale; deficit dell’apprendimento con difficoltà di adattamento scolastico; difficoltà temperamentali; disorganizzazione emozionale; sintomatologia depressiva subclinica o disturbi depressivi veri e propri; modelli di attaccamento di tipo prevalentemente insicuro (Cicchetti, Rogosh & Toth, 1998; Downey & Coyne, 1990; Field, 1989; Goodman & Gotlib, 1999; Spieker & Booth, 1988).
Il paradigma della Still Face di Ed Tronick (1978) mette in risalto molto bene come, per un bambino, possa essere frustrante interagire con una madre dal volto inespressivo e poco responsiva ai suoi segnali, come accade, di fatto, nell’interazione con madri depresse.
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