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Lacrime cancellate (2022) di Emanuela Castello – Recensione

Le donne intervistate nel libro 'Lacrime cancellate' sono una testimonianza preziosa di quanto possa accadere nel delicato momento gestazionale o postpartum

Di Elena Ritratti

Pubblicato il 28 Feb. 2023

Emanuela Castello nel suo libro “Lacrime cancellate” ricostruisce le vite di una quindicina di donne, per trattare un tema assolutamente meritevole di attenzione: la depressione perinatale.

 

 Il pregiudizio è un atteggiamento che, come tale, è costituito da una componente affettiva, caratterizzata dal tipo di emozione correlata, da una componente cognitiva che ingloba credenze o pensieri (stereotipi) e da una comportamentale, correlata alle azioni di un soggetto.

L’intero globo terrestre è intriso da stereotipi definiti dal giornalista Walter Lippmann come “le  piccole immagini che ci portiamo dentro la nostra mente”. Se analizziamo i dati all’interno di una determinata cultura, ci accorgiamo che queste immagini tendono ad essere straordinariamente simili, in quanto sopraggiunge l’elemento normativo a fare da guida ai nostri pensieri. Questo comporta una radicalizzazione delle stesse che, come conseguenza, accompagna gli stessi stereotipi a resistere fortemente al cambiamento. Di per sé non rappresentano elementi negativi, ma un modo per semplificare la visione del mondo e permettere alla nostra mente di ottimizzare l’energia cognitiva, per preservarla in caso di necessità impellenti; a questo proposito Allport (1954) parla della “legge del minimo sforzo”.

Purtroppo, come ogni radicalizzazione, si rischia di generalizzare in eccesso laddove, invece, servirebbe una maggiore accuratezza e soprattutto delicatezza.

Pensiamo alla donna durante la gravidanza: è opinione comune che dovrebbe essere uno dei momenti più felici dell’esistenza, perché accoglie prima dentro di sé e poi all’esterno una nuova vita, un nuovo battito, un nuovo respiro.

Ma non è sempre così! Qualcuno potrebbe stupirsi di quanto scritto, ma questo è sempre ricollegato al concetto appena dispiegato, accentuato dal fatto che ancora oggi, nemmeno media e mass media se ne occupano con la dovuta competenza e dedizione. Dunque l’informazione riguardo la salute mentale durante il periodo perinatale tende ad essere ancora troppo sporadica ed incompleta.

Emanuela Castello, giornalista e scrittrice, ne parla invece accuratamente nel suo libro “Lacrime cancellate”, ricostruendo tassello dopo tassello, in maniera esemplare nella sua semplicità, ma anche profondità, le vite di una quindicina di donne, per trattare un tema assolutamente meritevole di attenzione: la depressione perinatale. Ne parla non attraverso ricerche lette da testi, ma direttamente attraverso le esperienze uniche, ma allo stesso tempo straordinariamente simili di donne che hanno avuto il coraggio di raccontare la loro verità, alcune con un soffio di voce, altre in maniera più sostenuta, e finalmente andare contro questa immagine radicata nella cultura della donna “assolutamente e necessariamente felice” durante la gravidanza.

L’autrice immortala su pagine bianche le voci di queste donne, testimonianza anche per tutte le altre donne in difficoltà e non lo fa certo con la presunzione di dare risposte specialistiche, ma per parlarne, per diffondere i contenuti e per provare a delineare una strada attraverso la quale poter uscire da quel sentiero di solitudine e di sconforto, attraverso l’aiuto di un esperto. E di esperti, poi, ne intervista, anche per evidenziare che tipo di servizio viene offerto a riguardo dalle aziende sanitarie regionali. Purtroppo si tratta ancora di una gestione a macchia di leopardo, parcellizzata. Le attività non sono omogenee sul nostro territorio, con la conseguenza che in talune Regioni e in taluni reparti la donna in gravidanza viene seguita a livello psicologico fin dalle sue prime visite, viene monitorata con la possibilità di fare un ottimo lavoro di prevenzione o di diagnosi precoce. In altre, invece, la donna è lasciata sola, spesso incapace di dare una forma a quello che prova, con il rischio di non riuscire a risalire da un vortice tanto impetuoso.

Perché lo stereotipo esiste, a volte incastra una futura o neo mamma in un limbo in cui palpitano sentimenti contrastanti, in cui tutto appare buio come un tunnel senza uscita.

E cosa può succedere?

Le donne intervistate dall’autrice sono una testimonianza preziosa nella loro veridicità e, a volte, crudità di quanto possa accadere in un momento così delicato come quello gestazionale o post partum. E non sono certo situazioni sporadiche: secondo il Piano di Azione europeo 2019 per la salute mentale in Europa disturbi di tipo emotivo, psicologico o psichiatrico investono un terzo della popolazione e tra questi i maggiormente diffusi sono depressione e disturbi d’ansia. Entrambe colpiscono maggiormente il genere femminile tra i 15 e i 44 anni, con una forte incidenza  tra i 20 e i 30 anni, arrivando a triplicare nei primi mesi dopo la nascita di un figlio. Di conseguenza, le donne colpite da questi sintomi sono in numero decisamente maggiore rispetto a quanto si possa immaginare. Purtroppo la prevenzione non ha un forte sostegno e condivisione, nemmeno nella stessa azienda sanitaria e, spesso, si arriva ad avere consapevolezza del problema quando questo ormai è insostenibile.

Cosa fare?

È necessario dare un nome a quanto si vive, una forma, perché tutto questo dà una possibilità, indice di potenzialità e di speranza.

Il limbo in cui ci si può trovare si delinea ben chiaro attraverso le confessioni delle donne intervistate: senso di smarrimento, di mancanza di forze, a volte incrementate dall’incapacità altrui di comprendere. Può succedere, infatti, che non ci sia sostegno dai familiari, non certo per insensibilità, ma proprio per quel pensiero culturale radicato che ogni mamma che porta il proprio figlio in grembo debba essere felice. Da qui la difficoltà ad ammettere di stare male, anche alla propria madre che, in alcuni casi, non riesce a sintonizzarsi con questo dolore e arriva a giudicarlo. Ne scaturisce quell’ombra invasiva ed invadente, accompagnata dal senso di colpa di non sentirsi adeguate e all’altezza. Si pensa di essere delle cattive persone, di essere le uniche a non volere più un figlio e a quel punto, ecco, arriva un’onda che travolge e cerca di distruggere. Le autoaccuse si alimentano in maniera assolutamente repentina e tutto sembra degenerare. Tra gli esperti intervistati dall’autrice c’è la Dott.ssa Alessandra Bramante, referente scientifica di un progetto che riguarda l’analisi del rischio di depressione post-partum: “l’istinto materno non esiste”, parole che risuonano nella loro nudità autentica. In effetti, le relazioni si costruiscono nel tempo, a volte hanno bisogno anche di più tentativi, perché questo non dovrebbe valere anche per la mamma che porta in grembo suo figlio? Parole semplici e chiare che hanno un importante obiettivo: far cadere e frantumare lo stereotipo che la donna nasce già madre e che tutto andrà sempre bene fin da subito.

 Può esserci una predisposizione genetica, ma da sola non può spiegare una diagnosi così complessa. Nemmeno le variazioni ormonali. Ogni singolo individuo è fatto di sostanza, ma anche di esperienze vissute, a volte non elaborate adeguatamente. Inoltre c’è sicuramente una necessità di riorganizzazione dell’identità personale che può essere la promotrice stessa dell’onda imprevedibile. Ne deriva l’importanza, in tali casi, del supporto e della competenza di un professionista, ma non solo: della possibilità di rilevare fin dalle prime visite fattori di rischio e permettere un intervento repentino, capace di anticipare forme conclamate di depressione. Tutto questo aiuta, anche a posteriori, nelle relazioni, non solo tra la madre e il bambino, ma anche nella coppia e nella famiglia nella sua totalità. La ricerca a riguardo è preziosa, l’autrice cita, ad esempio, quella condotta fra il 2004 e il 2007 dalla Dott.ssa Banti, psichiatra, ricercatrice in Neuropsicofarmacologia Clinica all’Università di Pisa, che svolge un importante studio per rilevare i fattori di rischio della depressione perinatale. Un lavoro certosino in collaborazione con altre Università statunitensi su 1600 donne, utilizzando anche scale di valutazione come La Scala di Edimburgo, il questionario più diffuso per quantificare il rischio depressivo. Ad alti punteggi della scala viene somministrata un’intervista semi-strutturata tratta dalla sezione relativa ai disturbi dell’umore della SCID, strumento accurato di valutazione e diagnosi di disturbi mentali. Esemplare ricerca che permette di cogliere non solamente una sintomatologia depressiva, ma anche eventuali altre problematiche che la circondano. Quello che può colpire una futura mamma nasce da un dilemma esistenziale correlato non certo alla razionalità, ma alla sfera emotiva.

L’io narrante della scrittrice è davvero molto partecipe e coinvolto, non si tratta di uno stile giornalistico piatto e senza sfumature; al contrario, risulta immerso nelle storie di ogni singola donna, cerca di dare ad ognuna di esse l’attenzione che merita, lascia spazio nella storia. Ogni singola voce è accompagnata dalla voce dell’autrice Emanuela Castello per non essere persa in nessuna sfaccettatura, ma accolta e seguita in toto. C’è il rispetto di ogni paura, anche di quella che può scaturire dalla responsabilità di una nuova vita. Emerge il bisogno di costruire una mappa e una rete più omogenea sul territorio, il bisogno di professionisti, ma anche di un forte investimento di empatia, di una forma di accoglienza più ampia di tutti i vissuti a partire dalla società, dai giornali, dalla televisione, che ne dovrebbero parlare in maniera più accurata e delicata.

Dalla depressione perinatale se ne può uscire e se ne esce, “come da un cappotto nero sotto i portici nella notte di gennaio; perché solo questo permette di ricominciare a camminare, di sorridere e di gustare fino in fondo il cielo terso dopo la tramontana”.

Ma è necessaria una rete, come ben dice la Dott.ssa Linda Confalonieri, psicologa e psicoterapeuta dell’Ambulatorio per la Salute mentale perinatale dell’Ospedale Niguarda che opera ogni giorno in collaborazione con i consultori familiari, a stretto contatto, in costante comunicazione. “Ascoltare Linda e Anna Cassano è una carezza, la carezza di cui avrebbe bisogno, in una notte di tramontana a gennaio, la ragazza dal cappotto nero”.

Si lavora e si deve lavorare in squadra per tutte coloro che navigano in acque sconosciute, per tutte coloro che non trovano la strada, per tutte coloro che madri non sono e non sanno se mai lo vorranno essere. E si lavora attraverso loro, attraverso ogni singola e preziosa esperienza vissuta nel corpo, nello spazio e nel tempo. E, dunque, si lavora anche attraverso te, Emanuela, perché tu sei una di loro, donna coraggiosa, capace di colmare un vuoto e ricominciare. Donna coraggiosa che promuove “la cura che riempie solitudini. La cura che costruisce ponti”.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Aronson E., Wilson T.D., Akert R.M. (2013 IV Edizione). Psicologia sociale. Bologna: Il Mulino.
  • Castello, E. (2022). Lacrime cancellate. Depressione postpartum: perché è urgente uno sguardo nuovo sulla salute mentale delle madri. Erga.
Sitografia
  • TeleGenova Official. (2022, 05 dicembre). Lacrime cancellate", un libro sulla maternità, dolore, rinascita [Video]. YouTube. Consultato in data 12/01/23.
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