Spotify Wrapped: identità, ritualità e narrazione algoritmica del sé
PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 83) Perché ci piace Spotify Wrapped?
Come ogni anno, Spotify Wrapped propone a tutti i suoi utenti un recap dei propri ascolti negli ultimi 12 mesi: artisti più riprodotti, minuti totali, generi predominanti, etichette identitarie più o meno giocose. Non si tratta di un semplice riepilogo statistico: è un evento rituale, atteso e condiviso, progettato per essere visto, commentato e rilanciato sui social.
Oltre a rappresentare una lettura retrospettiva della propria esperienza di utilizzo, Spotify “impacchetta” una parte dei dati raccolti attribuendo salienza a certi aspetti (top artisti, minuti, percentili, “personalità d’ascolto”) e confezionando il tutto in una storia pronta da condividere.
Spotify Wrapped si configura così come un osservatorio dell’intreccio tra bisogni soggettivi, quali riconoscimento, appartenenza, autorappresentazione, e logiche dell’economia delle piattaforme in cui l’identità viene resa interpretabile attraverso classificazioni algoritmiche e visualizzazioni standardizzate (Azzahrah, 2024). Il riepilogo annuale trasforma l’ascolto in una narrazione coerente, in una versione del sé costruita a partire dall’esperienza quotidiana e dai dati che ci piace condividere.
Spotify Wrapped come rituale sociale
Spotify ci propone un riassunto delle nostre preferenze in un momento temporalmente definito, la fine dell’anno, già culturalmente predisposto a bilanci e autoriflessioni. Come ogni rituale, si ripete ciclicamente, segue una grammatica riconoscibile (classifiche personali, etichette identitarie, estetica visiva) e genera aspettative: pur conoscendone la struttura, gli utenti attendono la propria versione. Questa ritualità si compie pienamente nella condivisione: la circolazione sui social trasforma un riepilogo individuale in un’esperienza collettiva. Il vincolo temporale crea così un tempo comune, concentrando l’attenzione su un sistema capace di produrre, a partire dai dati, una narrazione identitaria condivisibile (Annabell & Rasmussen, 2025). Questa dimensione rituale non è solo individuale, ma intrinsecamente relazionale: l’attesa sincronizzata, i formati riconoscibili e la possibilità di confronto rendono il riepilogo immediatamente spendibile nello spazio sociale. La ritualità prende forma proprio nella sua circolazione dove unicità personale e comparabilità pubblica convivono. Condividere significa esserci, entrare in una conversazione condivisa e rispondere a un bisogno di appartenenza (Lowe-Brown et al, 2024).
La “wrappification” del sé: leggere l’identità attraverso i dati
Con Spotify Wrapped l’identità musicale viene restituita attraverso numeri, categorie e classificazioni: Annabell e Rasmussen (2025) definiscono questo processo “wrappification”: una riconfezione dell’esperienza che rende il sé leggibile tramite assemblaggi di dati, credibili perché fondati sulla misurazione e su un’apparente oggettività.
Gli utenti non appaiono però ingenui rispetto a questa costruzione. Ne riconoscono i limiti (ascolti occasionali sovra-rappresentati, fasi della vita enfatizzate, scelte contestuali) e non la assumono come un ritratto esaustivo, piuttosto come una narrazione possibile (Azzahrah, 2024). Le etichette ironiche e le “personalità di ascolto”, infatti, non vengono prese alla lettera, ma funzionano come materiali interpretativi aperti, che possono essere accettati, rifiutati o rielaborati.
Allo stesso tempo, la datificazione dell’esperienza musicale introduce una cornice interpretativa specifica: l’ascolto, fluido ed emotivo, viene ricondotto a pattern annuali e classificazioni standardizzate. Questo può dare una coerenza retrospettiva aiutando a organizzare ricordi e a dare continuità alla propria storia personale ma rende anche visibile il potere delle piattaforme nel definire ciò che appare rilevante e degno di memoria.
Ne risulta un oggetto che sostiene due operazioni complementari: auto-interpretazione (“che anno è stato, se lo guardo da qui?”) e posizionamento relazionale (“che tipo di persona sembro, se mostro questo?”) (Annabell & Rasmussen, 2025).
Consapevolezza, negoziazione e opportunismo reattivo
Accanto alle dinamiche fin qui descritte, va considerata la crescente consapevolezza rispetto alla raccolta dei dati degli utenti che non si pongono come soggetti passivi o ingenui quanto piuttosto tendono a negoziare pragmaticamente questioni di privacy, trasparenza e autonomia.
Pur sapendo che Spotify Wrapped è reso possibile dalla raccolta sistematica dei dati, molti utenti lo accolgono con entusiasmo, trasformando l’inevitabilità della raccolta in un beneficio simbolico. Keenan (2024) definisce questa dinamica “opportunismo reattivo”: una riorganizzazione della posizione dell’utente che accetta la transazione a condizione di ottenere un artefatto identitario socialmente spendibile.
Questo serve a ridurre la dissonanza cognitiva: celebrare Wrapped consente di trasformare una potenziale fonte di disagio, cioè perdita di privacy, in un’esperienza gratificante e condivisa. La partecipazione risponde inoltre a dinamiche relazionali: l’assenza dall’evento può tradursi in una temporanea marginalità nel momento in cui la conversazione collettiva si attiva, mentre il dato diventa un passaporto sociale, limitato nel tempo ma efficace (Keenan, 2024). Si produce così una forma di capitale narrativo: un contenuto che genera interazioni anche nelle micro-reti, fondato su una grammatica condivisa e sulla legittimità conferita dal numero.
Cosa ci dice Spotify Wrapped dell’esperienza digitale
La musica è parte integrante dei processi di regolazione emotiva: viene usata per attivarsi, calmarsi, sostenere la concentrazione o attraversare stati emotivi complessi. L’efficacia di Spotify Wrapped va quindi compresa all’interno di un’esperienza di ascolto in streaming strettamente intrecciata a bisogni emotivi e pratiche di autoregolazione. Rivedere i propri ascolti può riattivare emozioni legate a momenti specifici dell’anno, evocare ricordi e confermare il ruolo della musica come compagna emotiva. Pur senza sollecitare emozioni in modo esplicito, il riepilogo annuale si innesta su un’infrastruttura emotiva già esistente: se l’ascolto è intrecciato a contesti di vita, rivederlo significa riattivare un archivio di stati e situazioni. La percezione è che la piattaforma “abbia seguito” l’esperienza dell’utente. Questa percezione è una sorta di restituzione di un filo narrativo annuale che svolge una funzione stabilizzante (Annabell & Rasmussen, 2025).
Spotify Wrapped è un segnale di una trasformazione più ampia, in cui la costruzione del senso passa sempre più spesso attraverso artefatti prodotti dalle piattaforme; piace perché intercetta bisogni psicologici: narrazione identitaria, memoria autobiografica, senso di appartenenza e musica come strumento di regolazione emotiva (Lowe-Brown et al, 2024).
Insomma, Spotify Wrapped non è solo un’operazione di marketing ben riuscita; è ma un indicatore di come, negli ambienti digitali, senso e identità vengano sempre più costruiti attraverso dinamiche algoritmiche di narrazione dell’esperienza.