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Il disgusto e il timore di contaminazione

Il disgusto, emozione di base, può diventare disfunzionale nel Disturbo Ossessivo Compulsivo, alimentando ossessioni e compulsioni legate alla contaminazione

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 16 Mag. 2025

Che cosa è il disgusto?

Il disgusto è una delle emozioni di base (Ekman, 1992), insieme ad altre quali ad esempio la paura, la tristezza, la rabbia.

L’emozione del disgusto è caratterizzata da una sensazione di repulsione e di avversione verso qualcosa o qualcuno. Come tutte le emozioni di base, il disgusto ha una propria funzione e utilità: il disgusto ci è utile perché segnala la potenziale pericolosità e dannosità di alcuni agenti e situazioni. Il disgusto implica dunque a livello comportamentale l’allontanamento (il rifiuto) della persona da ciò che lo suscita, sia esso un oggetto, una situazione, una persona. 

A livello fisiologico, il disgusto attiva una risposta viscerale tale per cui l’individuo sperimenta fisicamente la nausea, come dimostrato da diversi studi che hanno esposto le persone alla visione di immagini disgustose (Shenhav e Mendes, 2014).

Si pensi a un alimento scaduto dal sapore sgradevole: il disgusto è lo stato emotivo che ci allontana e fa sì che rifiutiamo l’assunzione di questo cibo dannoso per il nostro corpo o il contatto con qualcosa che riteniamo dannoso per la nostra persona; è anche il disgusto che ci spinge, ad esempio, a mantenere una buona igiene delle mani, dopo essere entrati in contatto con agenti potenzialmente contaminanti  (Rozin et al., 2016). 

Disgusto e timore di contaminazione nel Disturbo Ossessivo Compulsivo

In alcune forme di disturbo ossessivo-compulsivo appare prevalente la componente del disgusto, tale per cui la persona presenta un’ipersensibilità ai temi della potenziale contaminazione. In questi casi, il disgusto diviene un’emozione iper-focale, ovvero molto presente nella mente e nell’esperienza della persona. 

Lo sporco viene considerato intollerabile (in una logica estrema e dicotomica tutto-o-nulla), la persona sente il bisogno di controllo totale rispetto a stimoli in cui la minaccia viene sopravvalutata, e vive con la pretesa di avere la certezza di non essere sporca e contaminata, dunque “perfettamente” pulita. È in questo modo che la paura della contaminazione diviene una vera e propria ossessione.

Secondo queste modalità, l’emozione del disgusto, sostenuta da credenze irrazionali, perde il suo lato adattivo e anzi diviene emozione disfunzionale che attiva e mantiene veri e propri sintomi psicopatologici. 

Il timore di contaminazione si può attivare in relazione a certe sostanze, in relazione ad animali, a certe situazioni considerate dalla persona sporche e anche riguardo a persone valutate come disgustanti, deprecabili e moralmente inferiori. 

È importante sottolineare che il timore di contaminazione si attiva non solo a seguito di un contatto reale avvenuto, ma anche in caso di dubbio (ad esempio, sono sicuro di non essere entrato in contatto con i capelli della collega che si è avvicinata?) o in caso di contatto immaginato. 

Nella mente si attivano dunque credenze estreme e irrazionali in relazione al contagio, ad esempio una volta che si è in contatto con qualcosa di disgustoso e contagioso, si rimarrà “contaminati”.

Quindi, l’evitamento è una delle strategie disfunzionali che la persona attiva, sforzandosi in ogni modo di evitare contatti che considera potenzialmente contaminanti. Il tutto per sentirsi al sicuro, per garantirsi di non provare la sgradevole sensazione di sentirsi sporchi e contaminati. 

La risposta della persona affetta da Disturbo Ossessivo Complulsivo con timore di contaminazione implica inoltre le compulsioni per porsi riparo dalla possibile contaminazione con certi stimoli; ad esempio possono attuarsi rituali di lavaggio e di sanificazione ripetuti, duraturi e faticosi per spingersi sempre di più verso la certezza di avere eliminato lo sporco a seguito di un eventuale contatto o dubbio di contatto. Persino il solo immaginare o la sola vista di uno stimolo considerato disgustoso e contaminante può attivare la risposta compulsiva. 

La contaminazione mentale

La contaminazione mentale implica una sensazione interna di “sporcizia”. Vi sono diverse situazioni che possono far attivare la sensazione di contaminazione mentale, ad esempio eventi in cui la persona si è sentita violata, degradata e umiliata, oppure situazioni in cui la persona non è stata vittima ma ha agito tali violazioni su altri. 

Entra in gioco dunque il disgusto morale interpersonale, verso l’altro e anche verso sè stessi. Anche l’intrusione improvvisa nella mente di alcuni pensieri e immagini mentali considerati moralmente riprovevoli (ad esempio a carattere sessuale o aggressivo) proprio perché considerati inaccettabili attivano la sensazione di contaminazione mentale di carattere morale.  La persona sente dunque la pressione per effettuare complessi rituali di purificazione, di carattere fisico o anche rituali di carattere mentale (ripetizione mentale di parole, preghiere, etc), allo scopo di neutralizzare i pensieri ossessivi inaccettabili e il relativo disagio. Tuttavia, le compulsioni e i rituali rappresentano in realtà fattori di mantenimento dei sintomi. 

La psicoterapia cognitivo-comportamentale rappresenta un valido aiuto per le persone che si trovano a convivere con questi faticosi vissuti, in primis comprendendo la natura e i meccanismi di esordio e mantenimento dei sintomi. La terapia interviene attraverso diverse strategie per migliorare la gestione delle emozioni e la tolleranza dell’incertezza, la ristrutturazione cognitiva dei pensieri irrazionali, i comportamenti disfunzionali compulsivi ed evitanti, nonché  i processi di pensiero negativo ripetitivo.   

Riferimenti Bibliografici
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