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Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2021

Il 25 novembre di ogni anno si celebra la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, un'occasione per puntare l'attenzione su un allarmante fenomeno

Di Redazione

Pubblicato il 25 Nov. 2021

Il 25 novembre di ogni anno si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, un’occasione per puntare l’attenzione su una tematica dolorosa e, purtroppo, sempre più attuale

 

Le origini della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Questa importantissima ricorrenza è stata istituita dall’assemblea dell’Onu nel 1999. La data è stata scelta per ricordare il sacrificio di Patria, Minerva e Maria Teresa, tre sorelle che, a causa della loro militanza politica contro il regime del dittatore dominicano Rafael Leonida Trujillo, furono brutalmente trucidate nel 1960. Le sorelle Mirabal, fervide attiviste politiche della Repubblica Dominicana e sostenitrici del “Movimento 14 giugno”, mentre stavano andando in auto a far visita ai loro mariti (anch’essi incarcerati per la loro militanza politica), furono fermate dalla polizia, condotte in una piantagione di canna da zucchero e, dopo indicibili torture, gettate in un precipizio per simulare un incidente. L’opinione pubblica comprese subito che si trattò di un efferato assassinio. L’eco di tale tragedia si diffuse, però, solo dopo la morte del dittatore. E il sacrificio delle donne fu noto al mondo intero solo nel 1999, quando questa storia intrisa di violenza e di disuguaglianza di genere giunse sul tavolo dell’assemblea dell’Onu.

In Italia il ricordo di tutte le donne vittime di violenza si celebra dal 2005. Perché ancora oggi, a distanza di sessantuno anni dall’assassinio delle sorelle Mirabal, a casa, a scuola, a lavoro, per strada, su internet, una donna su tre (secondo i dati forniti dall’Onu) subisce violenza fisica e psicologica (Manco, 2018)

Dati dal mondo e dall’Italia

I dati raccolti dall’OMS nel più grande studio condotto sulla violenza contro le donne (dal 2000 al 2018) parlano chiaro: una donna su tre, ovvero circa 736 milioni in tutto il mondo, subisce violenza fisica o sessuale da parte di un uomo. Questo problema inizia in modo allarmante da giovane: una donna su 4 avrà già subito violenza da parte di un partner entro i 25 anni di età. (Ansa, 2021).

In Italia gli ultimi dati Istat (raccolti nel 2019) mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner (Ministero della Salute, 2021)

Secondo il Rapporto Istat 2019 sulle donne vittime di omicidi, delle 111 donne uccise nel 2019, l’88,3% è stata uccisa da una persona conosciuta (il 49,5% di queste dal partner attuale; l’11,7%, dal partner precedente; il 22,5% da un familiare – inclusi i figli e i genitori – e il 4,5% da un’altra persona che conosceva – amici, colleghi, ecc.).

Nel mese di marzo 2019 la Polizia di Stato ha registrato, in media, ogni 15 minuti una vittima di violenza di genere di sesso femminile. Maltrattamenti, stalking, abusi sessuali, fino alla forma più estrema: il femminicidio

Nel triennio 2017-2019 (EMIUR, 2019), il numero totale di accessi in Pronto Soccorso con l’indicazione di diagnosi di violenza nell’arco del triennio è pari a 19.166 (1,2 accessi pro capite). Le stesse donne nell’arco del triennio hanno effettuato anche altri accessi in Pronto Soccorso con diagnosi diverse da quelle riferibili a violenza: una donna che ha subito violenza nell’arco del triennio torna in media 5/6 volte in Pronto Soccorso. La maggior parte degli accessi è di donne che tra 18 e 44 anni.

Nel 2021 invece si segnalano 19.128 reati spia (delitti indicatori di violenza di genere, espressione dunque di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica, diretta contro una donna in quanto tale, tra cui rientrano atti persecutori, maltrattamenti e violenze sessuali). Le donne uccise in ambito familiare/affettivo per mano del partner o l’ex partner sono l’89% (Ministero dell’interno, 2021)

La violenza contro le donne e la pandemia Covid-19

La pandemia ha costretto le famiglie a stare più a stretto contatto e a trascorrere più tempo assieme, sono aumentate le perdite economiche e i licenziamenti. Man mano che le risorse economiche diventavano più scarse, sono aumentate le forme di abuso, di potere e di controllo da parte del partner.

Nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking (promosso e gestito dal Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio) sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019. Il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo 2020, in piena emergenza Covid-19, con picchi ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 rispetto a maggio 2019). La violenza segnalata quando si chiama il 1522 è soprattutto fisica (47,9% dei casi), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza e tra queste emerge quella psicologica (50,5%).

Rispetto agli anni precedenti, sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e delle donne con più di 55 anni (23,2% nel 2020; 18,9% nel 2019).

Riguardo agli autori, aumentano le violenze da parte dei familiari (18,5% nel 2020 contro il 12,6% nel 2019) mentre sono stabili le violenze dai partner attuali (57,1% nel 2020).

Diversi tipi di violenza

I dati fin qui esposti sono molto probabilmente solo una parte del quadro complessivo. Quelli registrati sono i dati raccolti attraverso denunce e segnalazioni alle Forze dell’Ordine e ad altri enti di competenza. Una grande parte delle violenze resta taciuta. Il silenzio spesso è dovuto alla vergogna provata dalle donne vittime di violenza, alla paura di possibili ritorsioni, alla colpa di frequente provata nei confronti del perpretatore (soprattutto se si tratta di un familiare o di un partner). Ciò che infatti disorienta la vittima e che spesso la induce a reputarsi colpevole della violenza e quindi a non denunciare l’abuso è il fatto che a commettere questi soprusi siano persone a lei care, persone che dovrebbero amarla e proteggerla. Sono difatti diversi i tipi di violenza di cui possono essere vittime le donne, alcuni dei quali – basandosi su dinamiche di potere e manipolazione – possono diventare anche più difficili da riconoscere. In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, è bene esaminarli e aiutare le donne vittime di alcuni tipi di violenza, a riconoscersi come vittime.

Con il termine violenza si fa riferimento a quella situazione nella quale uno dei due contendenti ha più potere ed utilizza quest’ultimo per imporre i propri interessi e le proprie scelte all’altro. Così facendo inevitabilmente lo danneggia (Godenzi, 1993).

  • La più conosciuta è sicuramente la violenza fisica.

Essa comprende tutte quelle azioni che comportano l’aggressione fisica come percuotere (con e senza oggetti), spingere, scuotere, mordere, strangolare, legare, bruciare con sigarette, privare del sonno e privare delle cure mediche. Ne fanno parte anche quei gesti intimidatori che terrorizzano l’altra persona come spaccare oggetti o uccidere animali a cui la vittima è affezionata. Questo tipo di violenza è la più facile da riconoscere perché le sue conseguenze sono ben visibili sui corpi delle vittime (Romeo e Sirotti, 2015).

  • Un altro tipo di violenza molto conosciuto è la violenza sessuale.

Essa comprende tutti gli atti sessuali imposti con la forza dalla coazione fino alla violenza carnale e alla prostituzione coatta (ibidem).

  • La violenza si può attuare anche a livello economico.

Essa comprende il divieto di lavorare, la costrizione a lavorare, il sequestro del salario nonché la facoltà di disporre esclusivamente delle risorse finanziarie arrogatosi da uno/una dei/delle partner (ibidem).

  • Un ulteriore tipo di violenza è quella psicologica.

Quest’ultima è la più subdola di tutte perché non lascia ferite visibili ma nascoste nell’animo della vittima. Essa comprende sia minacce gravi, privazione della libertà, nonché forme che di per sé non costituiscono nessuna minaccia immediata ma che, se sommate, debbono essere considerate alla stregua di un atto di violenza vero e proprio. In questo ambito rientra la violenza di carattere discriminatorio sotto forma di disprezzo, offesa, umiliazione, biasimo, critica che infonde sensi di colpa, intimidazione o insulto. Vi rientrano pure gli impedimenti imposti alla vita sociale di una persona, quali il divieto di uscire di casa, il divieto o il controllo severo dei contatti con i familiari e/o con conoscenti ed amici (Romeo e Sirotti, 2015).

  • Stalking

Una delle forme più recenti di violenza, riconosciuta ormai anche dalla giurisprudenza italiana in seguito ad eventi fin troppo noti, è quella relativa allo stalking. Stalking è un termine inglese, il cui significato letterale è “inseguimento”, che indica un insieme di comportamenti di sorveglianza e controllo ripetuti ed intrusivi volti a ricercare un contatto con la vittima (Bernardini de Pace, 2004). Lo stalking si può manifestare in varie modalità: attraverso lettere, telefonate, e-mail, messaggi sul cellulare, pedinamenti; e può essere rivolta a personaggi diversi (come personaggi di successo o datori di lavoro) anche se nella maggior parte dei casi gli aggressori sono ex-conviventi o ex-coniugi che non si rassegnano alla separazione (Romeo e Sirotti, 2015).

  • Molestia sessuale in presenza di espressioni volgari a sfondo sessuale, ovvero di atti di corteggiamento invasivo ed insistito (Cass. 12.5.2010 n. 27042)

La molestia sessuale, quindi, prescinde da contatti fisici a sfondo sessuale e normalmente si estrinseca o con petulanti corteggiamenti non graditi o con petulanti telefonate o con espressioni volgari, nelle quali lo sfondo sessuale costituisce un motivo e non un momento della condotta (Cass. 26.10.2005 n. 45957).

Possono inoltre essere considerate molestie quei comportamenti, siano essi espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di un essere umano e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo, come accade ad esempio con affermazioni e comportamenti sessisti (Loi, 2016).

  • Catcalling

Le molestie di strada (o street harassment) vengono generalmente definite come attenzioni sessuali non desiderate esercitate da un estraneo in ambienti pubblici, siano essi strade, parchi o trasporti (Wesselmann & Kelly, 2010). Questo genere di molestie comprende un ampio spettro di comportamenti, quali fischi, pedinamenti, palpeggiamenti o qualsivoglia altro tipo di atteggiamento volto ad intimidire la vittima, attraverso connotazioni dal forte contenuto sessuale e minando la sua sicurezza (Stop Street Harassment, 2019). Nonostante questo fenomeno si rifletta sia sugli uomini che sulle donne, queste ultime sono maggiormente esposte a tali rischi. Questo fenomeno correla positivamente con l’auto-oggettivazione, che coincide con la tendenza a focalizzarsi, preoccuparsi e, conseguentemente, a vergognarsi per il proprio aspetto corporeo (Fairchild & Rudman, 2008).

Vittimizzazione secondaria e Victim blaming

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne va ricordato quanto sia fondamentale denunciare. Spesso – purtroppo – le donne che denunciano, devono fare i conti con un fenomeno secondario di vittimizzazione. Col termine Victim Blaming si indica proprio la tendenza a colpevolizzare, in toto o in parte, le vittime di violenza, in quanto corresponsabili dei trattamenti loro inflitti. È come se i ruoli si invertissero: l’errore commesso viene trasferito dall’oppressore all’oppresso, che avrebbe agito in maniera tale da meritare quel torto, quello schiaffo, quel pugno, quell’insulto, quella morte (Romeo, 2021). Purtroppo, la questione interessa prevalentemente le vittime di violenza sessuale e/o domestica (Gravelin, Biernat, Bucher; 2019): in entrambi i casi, il martire è di solito una donna che, secondo il parere di chi le punta il dito contro, è troppo distante dall’idea stereotipata di “vittima indifesa, autentica, vera, leale” e peccherebbe di credibilità (Randall; 2016) in quanto, a causa del suo comportamento o atteggiamento provocatorio, del suo abbigliamento inopportuno e provocante, ha dato fuoco alla miccia. Tutto ciò, non soltanto aumenta la sofferenza di chi già patisce, ma ne raddoppia anche l’umiliazione (Johnson, Nadal, Sissoko, King; 2021).

Nel caso specifico dei soprusi sulle donne, è chiaro quanto la tendenza a condannare chi non è in difetto sia alimentata, in parte e non solo, dagli stereotipi di genere (Johnson, Nadal, Sissoko, King; 2021), ovvero da un “insieme rigido di credenze condivise e trasmesse socialmente su quelli che sono e devono essere i comportamenti, il ruolo, le occupazioni, i tratti e l’apparenza fisica di una persona, in relazione alla sua appartenenza di genere”; tali credenze influenzano negativamente gli atteggiamenti e i pensieri della società nei confronti di chi subisce violenza (Romeo, 2021).

Tale retroterra socioculturale è anche alla base del diffondersi della rape culture, ovvero «Un complesso di credenze che incoraggia l’aggressività sessuale maschile e sostiene la violenza contro le donne […] e che normalizza il terrorismo fisico ed emotivo contro le donne.” (Pamela Fletcher, Emilie Buchwald e Martha Roth, 1993) Infatti, si manifesta e concretizza mediante l’adozione quotidiana di un lessico misogino, attraverso l’oggettivazione sessuale dei corpi femminili, operata dai media, e grazie a un massiccio processo di normalizzazione della violenza (Nuzzo, 2021).

Quanto più condividiamo questi tossici meccanismi, tanto più rendiamo difficile alle donne denunciare, parlare, allontanare e difendersi dalla violenza. Il cambiamento deve partire da tutti noi, bisogna riconsocere i modi in cui la violenza si diffonde intorno a noi e spesso anche dentro di noi.

Violenza sulle donne: Cosa fare

Qualsiasi forma di violenza va denunciata. Le donne vittime di violenza possono rivolgersi ai seguenti servizi (Ministero della Salute, 2021):

112: chiamare il numero di emergenza senza esitare, né rimandare:

  • in caso di aggressione fisica o minaccia di aggressione fisica;
  • se si è vittima di violenza psicologica;
  • se si sta fuggendo con i figli (eviti in questo modo una denuncia per sottrazione di minori);
  • se il maltrattante possiede armi.

Numero antiviolenza e anti stalking: 1522

  • Il numero di pubblica utilità 1522 è attivo 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. L’App 1522,  disponibile su IOS e Android, consente alle donne di chattare con le operatrici. È possibile chattare anche attraverso il sito ufficiale del numero anti violenza e anti stalking 1522

App: YouPol

  • realizzata dalla Polizia di Stato per segnalare episodi di spaccio e bullismo, l’App è stata estesa anche ai reati di violenza che si consumano tra le mura domestiche

Pronto Soccorso

  • soprattutto se si ha bisogno di cure mediche immediate e non procrastinabili. Gli operatori sociosanitari del Pronto Soccorso, oltre a fornire le cure necessarie, sapranno indirizzare la persona vittima di violenza verso un percorso di uscita dalla violenza

Vi sono poi altri enti o servizi a cui rivolgersi, tra cui consultori, farmacie e numeri verdi:

  • Mappa dei consultori in Italia
  • Centri antiviolenza sul sito del Dipartimento delle pari opportunità
  • Farmacie, per avere informazioni se non è possibile contattare subito i Centri antiviolenza o i Pronto soccorso
  • Telefono Verde AIDS e IST 800 861061 se si è subita violenza sessuale. Personale esperto risponde dal lunedì al venerdì, dalle ore 13.00 alle ore 18.00. Si può accedere anche al sito www.uniticontrolaids.it
  • Poliambulatorio dell’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (INMP), dall’8 marzo 2021 è attivo il Servizio Salute e Tutela della Donna, dedicato alla presa in carico delle donne più fragili o comunque bisognose di assistenza sanitaria e psicologica.

La responsabilità è di tutti

La Giornata Internazionale per l’Eliminazione delle violenza sulle donne ci deve aiutare a comprendere la grande diffusione del fenomeno, le tante sfaccettature della violenza e le sue profonde radici all’interno della nostra società e della nostra vita. Sensibilizzare ci aiuta a capire quanto alcuni meccanismi violenti – che spesso riteniamo lontani da noi – possono esserci più vicini di quanto immaginiamo: riflettere sulle conseguenze di un linguaggio misogino, degli stereotipi di genere, del victim blaming ci mette nelle condizioni di scoprire se e in che modo tali condotte riguardano noi stessi e le persone a noi vicine e cosa fare per eliminarle. Non c’è tempo per de-responsabilizzarsi ma per diventare consapevoli e iniziare a fare la propria parte per eliminare qualsiasi traccia di discriminazione e violenza.

 

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