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Molestie sessuali e pregiudizi: come l’essere considerati più o meno attraenti influisce sulla percezione sociale di una molestia sessuale

In un recente studio si è indagato come l’avvenenza fisica della vittima e del colpevole possano influenzare la percezione sociale delle molestie sessuali

Di Ilaria Loi

Pubblicato il 29 Nov. 2016

Aggiornato il 13 Dic. 2016 16:24

E’ davvero possibile affermare che solo donne attraenti possono essere vittime di molestie sessuali? A tal proposito, tre ricercatori dell’Università di Granada hanno recentemente svolto uno studio circa la percezione sociale delle molestie sessuali e come questa possa essere influenzata dall’avvenenza fisica della vittima e del molestatore.

In questo periodo così movimentato per quanto riguarda le elezioni americane, molto è stato detto a riguardo dell’ormai neo-presidente Donald Trump. In particolare, molto scalpore ha fatto il suo aver replicato ad accuse di molestie sessuali con frasi riguardanti la mancanza di avvenenza delle accusatrici, come se questo rendesse automaticamente infondate tali accuse. Ma è davvero possibile affermare che solo donne attraenti possono essere vittime di molestie sessuali?

A tal proposito, tre ricercatori dell’Università di Granada hanno recentemente svolto uno studio circa la percezione sociale delle molestie sessuali e come questa possa essere influenzata dall’avvenenza fisica della vittima e del molestatore.

 

Le molestie sessuali secondo il Codice Penale

Secondo il Codice Penale, art.660, si parla di molestia sessuale in presenza di espressioni volgari a sfondo sessuale, ovvero di atti di corteggiamento invasivo ed insistito (Cass. 12.5.2010 n. 27042); diversamente, un atto che si risolve in un contatto corporeo tale da coinvolgere la sfera fisica della vittima del reato e da mettere in pericolo la libera autodeterminazione della stessa nella sfera sessuale viene definito violenza sessuale (Cass. 26.10.2011 n. 45698).

La molestia sessuale, quindi, prescinde da contatti fisici a sfondo sessuale e normalmente si estrinseca o con petulanti corteggiamenti non graditi o con petulanti telefonate o con espressioni volgari, nelle quali lo sfondo sessuale costituisce un motivo e non un momento della condotta (Cass. 26.10.2005 n. 45957).

Possono inoltre essere considerate molestie quei comportamenti, siano essi espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di un essere umano e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo, come accade ad esempio con affermazioni e comportamenti sessisti.

 

Avvenenza fisica e percezione sociale delle molestie sessuali

Già da questa descrizione emerge anche come la molestia sessuale risulti essere uno dei comportamenti più difficili da percepire e, soprattutto, da provare. Questa tipologia di reato viene infatti spesso analizzata solo a partire dalla denuncia della vittima, unica testimone delle molestie sessuali. Inoltre, si ritiene spesso che questo reato possa essere in qualche modo legato al comportamento della vittima o, addirittura, provocato dalla stessa. A supporto di questa idea stereotipica e pregiudizievole vi sarebbe anche quella secondo cui le persone considerate non attraenti non possano divenire oggetto di tali aggressioni (Herrera et al., 2014).

Herrera e collaboratori (2016) hanno proprio svolto una ricerca su come l’avvenenza fisica della vittima e del colpevole possano influenzare la percezione sociale delle molestie sessuali.

Più nello specifico, i ricercatori hanno presentato la descrizione di una situazione ipotetica ad un campione di 205 studenti universitari (19% maschi, 81% femmine) con un’età compresa tra i 19 e i 54 anni. Tale situazione ipotetica prevedeva la presenza di un impiegato in una compagnia, descritto come attraente o non attraente, che molestava sessualmente (con molestie di tipo sessista) una collega, anch’ella descritta come attraente o non attraente a seconda delle diverse condizioni sperimentali, alle quali i soggetti erano assegnati in modo casuale. Dopo aver letto lo scenario, ai soggetti veniva chiesto di compilare un questionario, con lo scopo di mettere in luce come avessero percepito la molestia, a chi avessero attribuito la responsabilità per l’accaduto, e quali secondo loro potessero essere le motivazioni del molestatore.

Il questionario permetteva, inoltre, di indagare informazioni circa variabili ideologiche riguardanti il sessismo e l’accettazione o meno di luoghi comuni sulle molestie sessuali, definiti come “atteggiamenti e credenze che sono generalmente falsi, ma che vengono mantenuti e difesi in modo persistente, godendo di grande diffusione e popolarità, e che sono usati per negare e giustificare una molestia sessuale” (Lonsway et al., 2008, p. 600). Questo tipo di credenze influenzano notevolmente l’osservatore esterno nella sua valutazione di quanto il molestatore possa essere ritenuto responsabile o, al contrario, di quanto la vittima “se la sia cercata” e “lo volesse”.

Dalle analisi, in linea anche con studi precendenti, è emerso che nel momento in cui si presentava la situazione di una molestia sessuale fatta nei confronti di una donna descritta come attraente, i soggetti avevano una maggior tendenza a percepire effettivamente la situazione come una molestia rispetto alla situazione in cui la vittima veniva descritta come non attraente.

Inoltre, in linea con una sorta di teoria implicita secondo cui “ciò che è bello è anche buono” (Eagly et al., 1991), se il molestatore veniva descritto come attraente, i soggetti avevano la tendenza a vedere il suo comportamento come una modalità per affermare il proprio potere e ascendente, piuttosto che come una molestia con sottostanti motivazioni sessuali. Al contrario, se il molestatore veniva descritto come non attraente e la vittima sì, i soggetti avevano la tendenza ad attribuirgli maggiore responsabilità, andando a confermare l’esistenza di un reale luogo comune circa il fatto che le molestie sessuali vengano perpetrate a danno di persone attraenti da soggetti che invece attraenti non sono.

Gli autori hanno anche dimostrato quanto l’ideologia degli osservatori esterni influenzi la loro percezione del crimine. Infatti, più i soggetti si ritenevano d’accordo con i luoghi comuni riguardanti la molestia sessuale più tendevano ad attribuire la responsabilità alla vittima, nella convinzione che fosse stata lei in qualche modo a provocare un tale comportamento.

Lo studio, quindi, nel complesso mostra come il mero aspetto fisico e alcune caratteristiche delle persone coinvolte in un reato come le molestie sessuali abbiano delle conseguenze per il molestatore, per la vittima e anche per la percezione sociale della situazione. Questi aspetti sembrerebbero essere infatti in grado di assumere una tale importanza da andare a mascherare le reali intenzioni sottostanti il crimine.

Secondo gli autori risulta quindi estremamente importante attivarsi per poter scardinare tali preconcetti, presenti indipendentemente dal sesso dell’osservatore, in quanto determinanti su un piano sociale, politico, lavorativo e anche legale.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Eagly, A. H., Ashmore, R. D., Makhijani, M. G., & Longo, L. C. (1991). What is beautiful is good, but…: A meta-analytic review of research on the physical attractiveness stereotype. Psychological bulletin, 110(1), 109.
  • Herrera, A., Herrera, M. C., & Expósito, F. (2016). Is the beautiful always so good? Influence of physical attractiveness on the social perception of sexual harassment/¿ Es lo bello siempre tan bueno? Influencia del atractivo físico en la percepción social del acoso sexual. Revista de Psicología Social, 31(2), 224-253.
  • Herrera, M. C., Herrera, A., & Expósito, F. (2014). Stop Harassment! Men's reactions to victims’ confrontation. The European journal of psychology applied to legal context, 6(2), 45-52.
  • Lonsway, K. A., Cortina, L. M., & Magley, V. J. (2008). Sexual harassment mythology: Definition, conceptualization, and measurement. Sex roles, 58(9-10), 599-615.
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