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Text Anxiety: come possiamo intervenire? L’analisi della letteratura ci guida nell’implementazione degli interventi

Text Anxiety: una metanalisi e una review mostrano il panorama di interventi possibili e la loro efficacia nel trattamento dell'ansia da valutazione.

Di Marta Chemello

Pubblicato il 02 Mar. 2020

La diffusione della Text Anxiety, ossia l’ansia sperimentata da un individuo in una situazione di tipo valutativo, ha notevoli ricadute sulle prestazioni scolastiche dei giovani.

Marta Chemello – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Mestre

 

Nel precedente articolo (Chemello, 2019) si è affrontata la tematica della Text Anxiety, o ansia da test, illustrando le caratteristiche del fenomeno, gli strumenti valutativi attualmente disponibili e le variabili ad esso correlate. Scopo del seguente articolo è approfondire quali siano le modalità d’intervento maggiormente funzionali riportando i risultati di una metanalisi e di una review inerenti le differenti modalità d’intervento sul fenomeno in questione.

L’ansia da test sembra infatti avere una prevalenza tra il 10% e il 40% (Gregor, 2004) ed è ormai confermata la sua significativa ricaduta sulla prestazione scolastica (Rana & Mahmood, 2012). Appare quindi necessario individuare modalità efficaci per prevenire il fenomeno e intervenire sullo stesso.

Al fine di comprendere il razionale degli interventi proposti è opportuno ricordare la definizione di Text Anxiety, ossia

uno stato spiacevole caratterizzato da sensazioni di tensione e apprensione, worry e attivazione del sistema nervoso autonomo, che sopravviene quando l’individuo si trova di fronte a situazione di tipo valutativo. (Spielberger, 1972)

A tal proposito una metanalisi condotta da Ergene (2003) consente ai clinici di conoscere quali caratteristiche dell’intervento risultino maggiormente efficaci. L’autore sostiene come le azioni promosse al fine di ridurre l’ansia nei contesti valutativi si sono evolute nel corso degli anni: inizialmente infatti la maggior parte delle proposte era focalizzata sugli aspetti fisiologici ed emotivi dell’ansia, proponendo interventi volti a ridurre l’attivazione fisiologica attraverso metodologie comportamentali; solo in un secondo momento invece l’attenzione è stata rivolta ad approcci cognitivi ed integrati. Ecco quindi una panoramica delle differenti tipologie d’intervento riscontrate in letteratura:

  • approccio comportamentale: desensibilizzazione sistematica, training di rilassamento, biofeedback, modeling, induzione dell’ansia e training finalizzati alla riduzione della stessa;
  • approcci cognitivi: Terapia Razionale Emotiva Comportamentale e ristrutturazione cognitiva;
  • approcci cognitivo-comportamentali: integrazione delle tecniche precedentemente menzionate e stress-inoculation training;
  • integrazione di elementi cognitivo-comportamentali con training mirati al potenziamento delle competenze inadeguate sia in fase di studio che di valutazione.

Nella metanalisi considerata sono stati inclusi 56 studi pubblicati tra il 1973 e il 1998 che hanno principalmente applicato l’intervento all’interno del contesto universitario. I moderatori inclusi nello studio comprendono: l’approccio dell’intervento, il tipo di tecnica utilizzata, la modalità di erogazione dell’intervento, la durata della terapia, il livello scolastico di appartenenza e l’attuale stato di pubblicazione. Ciascuno studio incluso nella metanalisi è stato codificato secondo le differenti variabili moderatrici da parte di 3 differenti ricercatori in seguito ad uno specifico training.

Per quanto concerne l’approccio scelto nell’intervento è possibile notare un elevato effect-size prodotto sia da parte degli interventi cognitivi o comportamentali associati a specifici skills training sia nell’utilizzo di approcci esclusivamente comportamentali. Altri approcci quali la terapia gestaltica, la meditazione e l’esercizio fisico non hanno invece prodotto un effect size soddisfacente.

L’utilizzo di approcci differenti si traduce in diverse tecniche applicative che presentano differenti livelli d’efficacia. Un elevato effect size è stato riscontrato nell’utilizzo della ristrutturazione cognitiva, negli interventi cognitivi e/o comportamentali combinati a skills training, nei training per la gestione dell’ansia e nella desensibilizzazione sistematica. Una moderata dimensione dell’effetto è stata invece prodotta nel caso di training di rilassamento, nell’ipnoterapia, nella terapia razionale emotiva, nello stress inoculation training e nel caso di interventi focalizzati su altre abilità.

Un’ulteriore variabile di notevole rilevanza nell’implementazione di un intervento è la modalità di svolgimento delle attività, se di gruppo oppure individuale: anche in questo caso l’effect size maggiore è stato prodotto da quegli interventi che combinano attività individuali a quelle di gruppo; un intervento che invece preveda un percorso esclusivamente individuale dimostra un’efficacia limitata.

Per quanto concerne il tempo dedicato all’intervento è emersa una maggior efficacia degli interventi di durata compresa tra i 201 e i 350 minuti; allontanandosi da tale range temporale, sia in eccesso che in difetto, la dimensione dell’effetto diventa sempre più debole.

Infine, sono stati considerati i differenti livelli di istruzione nei quali si sono svolti i training notando come effect size di media intensità siano presenti unicamente a livello universitario. Quest’ultimo risultato va tuttavia interpretato con cautela poiché solo una piccola porzione di studi è stata svolta in livelli d’istruzione inferiori.

Riassumendo, è quindi possibile affermare che tale metanalisi ha offerto un’importantissima ed esauriente panoramica sulle modalità d’intervento maggiormente efficaci, eleggendo le metodologie combinante come quelle maggiormente supportate scientificamente. Appaiono tuttavia significative limitazioni: la prima concerne la limitata rappresentatività dei campioni considerati poiché la maggioranza degli studi presentava soggetti afferenti al mondo universitario, impedendo pertanto di trarre conclusioni rispetto a quali siano gli interventi maggiormente idonei in livelli di istruzione inferiori. In secondo luogo non sono stati considerati studi più recenti che abbiano quindi contemplato l’utilizzo di ulteriori metodologie d’intervento.

Tuttavia una recente review della letteratura (Von der Embse, Barteria & Segool, 2013) ha avuto come obiettivo quello di colmare questa lacuna, identificando e descrivendo i risultati di 10 studi realizzati tra il 2000 e il 2010 che hanno avuto come partecipanti bambini e ragazzi frequentanti le scuole primaria e secondaria. Dagli studi esaminati emerge come l’intervento cognitivo comportamentale sia efficace non solamente nella riduzione dell’ansia legata alla situazione valutativa ma anche nella riduzione di altre sintomatologie ansiose compresenti. Un altro studio ha invece confermato quanto emerso dalla precedente metanalisi, ossia che ad avere una maggiore efficacia sono gli interventi combinati, nel caso specifico quelli che associano tecniche cognitive al rilassamento; sarebbe tuttavia interessante comprendere quali specifiche componenti degli approcci multimetodo determinino il successo del trattamento.

Per quanto concerne l’impiego delle sole tecniche di rilassamento, nella review in esame vengono proposte con buoni risultati all’interno della scuola primaria; lo stesso dicasi per la desensibilizzazione sistematica implementata senza l’affiancamento di ulteriori strumenti.

L’analisi di studi più recenti ha inoltre consentito di introdurre nella “rosa” di tecniche a disposizione dei clinici anche il biofeedback che consente all’individuo di ottenere un feedback on-line relativamente alle proprie reazioni fisiologiche inconsapevoli e di modificarle conseguentemente. Tale metodologia è stata applicata sia in maniera indipendente sia in associazione alla terapia cognitivo-comportamentale dando in entrambi i casi esito positivo.

Ulteriori studi riportati si sono invece focalizzati sull’implementazione dell’intervento con una tipologia di studenti che molto frequentemente sperimenta ansia da valutazione, ossia gli alunni che manifestano eterogenee forme di difficoltà scolastica. In questa circostanza sono sembrate rilevanti attività mirate al potenziamento delle specifiche competenze carenti, le quali hanno contribuito ad una miglior performance e ad una associata riduzione dell’ansia durante il compito stesso.

Dalla letteratura emerge quindi come le tecniche ad oggi disponibili per intervenire sull’ansia legata ai contesti valutativi siano molteplici; tuttavia, solo in sporadici casi essi sono stati applicati a livelli scolastici inferiori, nonostante si rendano auspicabili non soltanto interventi a livello selettivo, ma anche di tipo preventivo andando oltre le difficoltà che spesso si pongono nel contesto scolastico nell’identificazione dei disturbi internalizzanti (Weems et al., 2010). Relativamente alle metodologie applicate, in futuro potrebbe inoltre rivelarsi interessante considerare nuove modalità d’intervento che integrino l’influenza processualista della “terza onda”.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Chemello, M., (2019). Text anxiety: quali conseguenze e come intervenire. State of Mind.
  • Ergene, T. (2003). Effective interventions on text anxiety reduction. School Psychology. International. 24 (3), 332-328.
  • Rana, R. A., & Mahmood, N. (2010). The relationship between text anxiety and academic achievement. Bulletin of Education and Research, 32 (2), 63-74.
  • Spielberger, C. D. (1972). Anxiety as an emotional state. In C. D. Spielberger (Eds.), Anxiety: current trends in theory and research (Vol. 1, pp. 23-49). New York: Academic Press.
  • Von der Embse, N., Barterian, J., & Segool, N. (2013). Text anxiety interventions for children and adolescents: a systematic review of treatment studies from 2000-2010. Psychology in the Schools, 50 (1), 57-71.
  • Weems C. F., Scott B. G., Taylor L. K. J., Cannon M. F., Romano D. M., Perry A. M., et al. (2010). Text anxiety prevention and intervention programs in schools: program development and rationale. School Mental Health, 2, 62-71.
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