Il ritiro sociale nella popolazione giovanile
Sentirsi soli è un’esperienza comune nella vita di coloro che si trovano ad affrontare la prima fase dell’età adulta, individuata ad oggi nella fascia fra i 18 e 29 anni. Si tratta di un periodo ricco di sfide: l’esplorazione della propria identità, i cambiamenti relazionali e lavorativi, la crescente autonomia e la sensazione di non essere né del tutto adolescenti né del tutto adulti (Arnett et al., 2014; Nelson e Millet, 2021).
Negli ultimi anni, anche in Italia si è osservata da parte dei giovani adulti una crescente tendenza al ritiro sociale, ovvero la tendenza ad evitare volontariamente coetanei, familiari e non familiari: sono circa 100.000 i casi stimati di persone ritirate, con una prevalenza nei giovani di età compresa tra i 14 e i 30 anni; nel 2024, il 16,1% dei giovani di età compresa fra 15 e 29 anni non era impegnata in percorsi formativi o lavorativi, andando quindi incontro ad un rischio di isolamento più elevato (Sette et al., 2023; Eurostat, 2024; Hikikomori Italia, 2024).
Il fatto che il ritiro sociale possa comportare una significativa riduzione del benessere psicologico, relazionale, scolastico e lavorativo, implica la necessità di portare l’attenzione sui fattori individuali che possono influenzarlo, contribuendo a trasformarlo da strategia utilizzata occasionalmente a vero e proprio stile di vita (Kato et al., 2019; Sette et al., 2023).
Qui entrano in gioco i processi di pensiero.
Il mind wandering: vagare con la mente
Anche se non ce ne rendiamo conto o non vi prestiamo attenzione, trascorriamo buona parte della nostra vita da svegli a “vagare con la mente” (in inglese, mind wandering), attività a cui ci si riferisce comunemente anche con l’espressione “sognare ad occhi aperti” (Chiorri e Vannucci, 2017). Il mind wandering implica lo spostamento volontario o spontaneo della nostra attenzione dall’ambiente circostante e dalle attività in cui siamo impegnati verso ciò che accade nella nostra mente, ovvero ciò che immaginiamo e pensiamo senza una meta precisa (Chaieb et al., 2021).
Alcuni autori sostengono che, in presenza di uno stato emotivo spiacevole, il mind wandering possa assumere contenuti negativi ed essere percepito dalla persona come sempre più intrusivo o difficilmente controllabile: quando i pensieri riguardano fatti presenti o passati, tale processo prende il nome di ruminazione; quando i contenuti sono relativi ad un ipotetico futuro si parla invece di rimuginio (Hoffmann et al., 2016; Seli et al., 2019). Tutti questi processi di pensiero sembrerebbero quindi connessi.
Mind wandering e solitudine
Diversi autori hanno ipotizzato che il vissuto di solitudine, inteso come l’isolamento percepito dall’individuo, sia condizionato da processi mentali di base come il mind wandering (Badcock et al., 2022; Liu et al., 2024).
Secondo una recente teoria, il mind wandering sarebbe da considerarsi una strategia che permetterebbe di evocare situazioni, immagini e sensazioni associate ad esperienze relazionali piacevoli, alleviando il senso di solitudine nel momento presente (Badcock et al., 2022). Dall’altra parte, i contenuti del vagare con la mente potrebbero focalizzarsi sui nostri bisogni relazionali e sociali insoddisfatti, farci sentire scoraggiati e meno propensi a ricercare l’altro, nel timore che i nostri tentativi di connessione con le persone possano fallire (Floyd e Woo, 2020; Liu et al., 2024). In una condizione come questa, l’attività del mind wandering potrebbe trasformarsi in ruminazione o rimuginio (Hoffmann et al., 2016; Seli et al., 2019). Vagare con la mente potrebbe quindi avere l’effetto di aumentare la nostra percezione di isolamento (Liu et al., 2024).
Mind wandering e ritiro sociale: la ricerca
Nel panorama attuale della letteratura scientifica sono pochi gli studi che indagano la relazione fra processi di pensiero e tendenza al ritiro sociale con un focus sulla popolazione giovanile nel nostro paese. Da qui la strutturazione di una ricerca mirata a comprendere un fenomeno sempre più diffuso e a ricavare informazioni utili ad aumentare l’efficacia di interventi di promozione del benessere psicosociale.
Se hai un’età compresa fra i 18 e i 29 anni, puoi aiutarci compilando un breve questionario (meno di 10 minuti).