Disturbi alimentari: caratteristiche, diffusione e principali tipologie
Negli ultimi anni, gli studi circa i disturbi alimentari hanno subito un notevole incremento a causa della loro crescente diffusione, difatti sono tra i principali disturbi che caratterizzano l’adolescenza e la giovinezza (Speranza, 2014). In termini generali, a contraddistinguere i disturbi del comportamento alimentare è il rapporto distorto con il proprio corpo e con il cibo: l’alimentazione risulta alterata, manifestando caratteristiche che vanno dal disordine all’ossessione, con una significativa compromissione della salute fisica e del funzionamento psicosociale. Le persone che soffrono di disturbi alimentari, inoltre, sperimentano pensieri ossessivi circa il loro aspetto fisico (Luxardi, Pozzi, 2016).
L’American Psychiatric Association (2014) individua i seguenti disturbi alimentari: la pica, il disturbo da ruminazione, il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da binge-eating. Tra i più diffusi vi sono l’anoressia nervosa, caratterizzata da una distorta percezione del proprio corpo, restrizione nell’assunzione di calorie, eccessivo timore di prendere peso e ingrassare, messa in atto di comportamenti per ostacolare l’aumento del peso, e la bulimia nervosa, con frequenti episodi di abbuffata, condotte compensatorie per non ingrassare e dipendenza della propria autostima dalla forma e dal peso corporeo.
Disturbi alimentari nei figli e difficoltà nei genitori
Le dannose conseguenze provocate da questi disturbi, sia a livello fisico, sia a livello psicologico, non riguardano solamente le persone che ne soffrono, ma coinvolgono l’intero sistema familiare. I genitori di figli con disturbi alimentari possono sperimentare difficoltà a livello emotivo e relazionale nell’entrare in contatto con loro, ma anche nella gestione della spesa, dei pasti e delle ulteriori questioni riguardanti il cibo.
Tra le difficoltà principali vi è la resistenza al cibo, riscontrata soprattutto nei casi di anoressia (APA, 2014). I genitori possono ritrovarsi a gestire il rifiuto del cibo da parte dei loro figli, o episodi di abbuffata – in casi di bulimia – seguiti da sensi di colpa e comportamenti di compensazione (come purgarsi, assumere diuretici, svolgere eccessiva attività fisica ecc.). Questi episodi si verificano spesso in segreto, creando una barriera tra i figli e i genitori, i quali possono sentirsi impotenti o inadeguati nell’affrontare il problema (Fairburn, 2008).
Oltre al momento dei pasti, i genitori possono incontrare difficoltà nella spesa e nella preparazione del cibo. La spesa alimentare, ad esempio, rappresenta un aspetto critico in una famiglia con un figlio con disturbi alimentari; i genitori si trovano a fronteggiare le difficoltà legate sia alle restrizioni alimentari imposte dal disturbo, sia alle preferenze alimentari. Gli individui con anoressia, per esempio, potrebbero considerare alcuni alimenti come “proibiti”, mentre nei casi di bulimia possono alternarsi periodi di privazione e periodi di abbuffata.
Inoltre, i genitori potrebbero essere costretti a comprare cibi separati o preparare pasti differenti, il che può risultare stressante sia dal punto di vista economico, sia emotivo. Anche a tavola, il momento dei pasti può rivelarsi particolarmente complicato. I pasti, che tendenzialmente rappresentano un momento di socializzazione, in una famiglia con un disturbo alimentare possono diventare fonte di conflitto e ansia. I ragazzi con disturbi alimentari, infatti, tendono a focalizzarsi eccessivamente sul cibo, sia in positivo che in negativo, mentre i genitori si trovano a cercare di equilibrare l’atto di nutrire con la necessità di non creare una situazione conflittuale.
Durante i pasti la tensione è uno degli aspetti più comuni, come definisce Garner (2004), i giovani con anoressia possono rifiutarsi di mangiare o manipolare il cibo per evitare l’assunzione di calorie, generando un clima di stress e preoccupazione. Allo stesso tempo, le persone bulimiche, in momenti di abbuffata, potrebbero ingurgitare grandi quantità di cibo in poco tempo, per poi sentire un forte senso di colpa che spesso le porta a isolarsi dalla famiglia.
Far fronte alla difficoltà genitoriali
Affrontare queste difficoltà richiede un atteggiamento paziente, equilibrato e rispettoso delle necessità psicologiche dei figli. Con l’aiuto di un supporto professionale, i genitori possono imparare strategie che permettano loro di gestire le situazioni critiche tutelando il benessere mentale e fisico di tutti i membri della famiglia.
È importante mantenere una comunicazione aperta e, come sottolineato da Fairburn (2008), i genitori dovrebbero evitare di confrontarsi direttamente sui comportamenti alimentari, ma creare uno spazio sicuro dove i figli possano esprimere le paure e le insicurezze. Un altro elemento importante corrisponde all’evitare il conflitto sul cibo, prevenendo il rischio di far diventare il cibo un argomento di tensione. I genitori dovrebbero evitare di criticare le scelte alimentari dei figli, ma piuttosto concentrarsi sulla creazione di un ambiente sereno e privo di giudizi.
È opportuno, inoltre, cercare di cucinare pasti equilibrati che rispondano alle esigenze nutrizionali dei figli, allo stesso tempo non imponendosi nelle scelte. A tal proposito, coinvolgere i figli nel processo di preparazione del cibo, potrebbe aiutare a sviluppare una relazione più sana con esso. Accanto a tutto ciò, è fondamentale il sostegno emotivo e psicologico per i genitori: la famiglia è parte integrante del processo di guarigione. Grazie al supporto emotivo e psicologico, infatti, è possibile ridurre lo stress e promuovere il recupero, accrescendo le risorse personali e familiari (Garner, 2004).