Dislessia: la salute mentale dei bambini
Secondo un rapporto del Ministero dell’Istruzione relativo agli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021, la prevalenza della dislessia nella nostra penisola si attesta a circa il 3%, con oltre 198 mila casi certificati. La dislessia rappresenta il disturbo specifico dell’apprendimento più diagnosticato in Italia, ed è caratterizzato da una compromissione della lettura ad alta voce nei suoi parametri di rapidità e correttezza.
Le difficoltà di lettura in età evolutiva possono influire negativamente su aspetti del lungo termine quali motivazione alla lettura in generale, convinzioni sulle proprie capacità scolastiche/accademiche, esiti in campo educativo e lavorativo, come l’abbandono scolastico (Morgan & Fuchs, 2007; McArthur et al., 2020; Maughan et al., 2020; Smart et al, 2017). Tuttavia, le ripercussioni possono andare ben oltre: rischio più elevato di problemi di salute mentale, sia di tipo internalizzante (come disturbi d’ansia) che esternalizzante, ad esempio problemi comportamentali, tra cui aggressività e scarso autocontrollo (Donolato et al., 2021; Francis et al., 2019).
Per alcuni ricercatori, tali difficoltà emotive e comportamentali possono insorgere come fattori secondari alle difficoltà di lettura. In particolare, il meccanismo alla base di disturbi internalizzanti ed esternalizzanti potrebbe essere collegato a una bassa autostima: il feedback negativo (come ricevere brutti voti a scuola) può contribuire allo sviluppo nei bambini di una scarsa autostima, noto fattore di rischio per problemi di salute mentale nei bambini in generale (Jordan & Dyer, 2017; McArthur et al., 2020; Wilmot et al., 2023).
L’impatto sui genitori dell’esperienza di dislessia
La ricerca sull’impatto psicologico della dislessia si è tradizionalmente soffermata sul benessere dei bambini, piuttosto che sui genitori, nonostante si riconosca l’importanza del supporto genitoriale per l’autostima e la salute mentale dei più piccoli (Wilmot et al., 2023; Terras et al., 2009).
Alcuni studi rivelano un maggiore rischio di stress genitoriale e risposte alla diagnosi di disturbo della lettura quali negazione, ambivalenza o aspettative irrealistiche sul rendimento scolastico, innescando un circolo vizioso di ulteriore stress parentale e scarsa coesione familiare (Antshel & Joseph, 2006; Nalavany & Carawan, 2012). Avere un figlio con disturbi dell’apprendimento, inoltre, sembra predisporre i genitori a livelli più alti di frustrazione e insoddisfazione, aumentando la probabilità di un attaccamento adulto/bambino di tipo insicuro (Carotenuto et al., 2017).
Come le madri australiane vivono la dislessia dei loro bambini
Un gruppo di ricercatori ha condotto un’indagine volta a esplorare l’esperienza emotiva di crescere con la dislessia in Australia, considerando il punto di vista dei genitori (Wilmot et al., 2023). Lo studio era aperto a tutti i genitori o tutori di bambini con disturbo specifico della lettura, di età compresa tra i 9 e 14 anni. I ricercatori hanno inteso concentrarsi su una fascia d’età critica per il sistema d’istruzione australiano, in quanto caratterizzata dalla transizione dalla scuola primaria a quella secondaria.
A candidarsi volontariamente allo studio sono state diciassette madri di bambini con diagnosi, provenienti da Perth (Australia Occidentale) e Sydney (Nuovo Galles del Sud). Tre madri vivevano in famiglie monogenitoriali e la maggior parte delle famiglie aveva tra 2 e 4 figli, con alcuni fratelli che presentavano difficoltà di apprendimento e/o di attenzione.
Le madri sono state coinvolte in interviste semi-strutturate con domande aperte audioregistrate e in un sondaggio contenente informazioni sulla diagnosi dei bambini. L’analisi delle interviste rivela un rischio elevato per le madri di sperimentare stress e disagio, legati all’assistere quotidianamente alle difficoltà scolastiche, ai crolli emotivi dei propri figli, e al ritrovarsi a compensare le carenze percepite in ambito educativo (ad esempio, dando supporto nei compiti per casa). Per le madri intervistate, la scuola rappresenta un contesto che mette in risalto le difficoltà dei figli e ne minimizza le risorse, imponendo un focus particolare sulle prestazioni di lettura e scrittura. Per tale ragione, e in linea con i risultati di ricerche precedenti, molte madri dello studio australiano hanno dichiarato di trovarsi a combattere per il riconoscimento dei bisogni dei figli a scuola e di dover vigilare sul modo in cui i figli vengono trattati dagli insegnanti (Delaney, 2017; Woodcock, 2020). Parallelamente, un rapporto di comunicazione aperto e frequente tra scuola e famiglia, in merito ai bisogni educativi dei bambini, sembra costituire un fattore in grado di promuovere maggiore benessere mentale in bambini e genitori.
Il comportamento “difficile” dei bambini, inoltre, è letto dalle madri non in termini di “colpa” dei loro figli, ma come risposta alla scarsa adattabilità reciproca tra ambiente scolastico e bambini. Gli autori suggeriscono che le madri potrebbero risultare a rischio elevato di problemi di salute mentale sia prima che dopo la diagnosi. Questo a causa del carico eccessivo in termini di tutoraggio allo studio, sostegno emotivo, gestione di dinamiche familiari difficili (ad esempio, tra fratelli), oneri economici derivanti dal sottoporre più di un figlio a valutazioni diagnostiche e percorsi abilitativi.
A tali incombenze, si aggiunge una sensazione di isolamento sociale, derivante dallo stigma che circonda la dislessia, all’interno di una società che celebra il profitto scolastico e le capacità.
Lo studio evidenzia ancora una volta quanto il benessere di madri e figli sia strettamente interconnesso. Crescere un figlio con dislessia può rivelarsi meno complesso, potendo contare sul supporto della scuola o di altri genitori con difficoltà simili, oltre che su un punto di vista personale basato sulla “neurodiversità”, ovvero sull’accettazione della diversità e focalizzazione sui punti di forza.
Citando le parole degli autori australiani, quando le madri si sentono comprese (e sentono compresi anche i loro figli), rispettate e trattate equamente a scuola, a trarne beneficio sono le famiglie intere.