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Per evitare di annoiarsi basta un click: o forse no?

Lo scrolling sui social media è un rimedio diffuso al fine di combattere la noia. Ma funziona? Recenti studi sembrerebbero dimostrare il contrario

Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Martina Gori, Giulia Onida

Pubblicato il 19 Nov. 2024

La noia nell’era digitale

Al giorno d’oggi il divertimento è sempre più a portata di mano e viene facile pensare che sia diventato impossibile annoiarsi. Questo grazie alla possibilità di accesso a innumerevoli media digitali che fungono da fonti di intrattenimento. Infatti, diversamente dai decenni passati in cui vi era l’attesa del programma preferito proiettato in televisione, oggi chiunque abbia un dispositivo digitale può usufruire di svariate piattaforme di streaming (ad esempio, Netflix, YouTube) e social media (Instagram, TikTok, Facebook, X) ed immergersi a proprio piacimento nei contenuti d’interesse (Tam & Inzlicht, 2024).

Nonostante non sembrerebbero esserci i presupposti per annoiarsi, studi scientifici dimostrano che negli ultimi anni la noia sta aumentando tra i giovani (Gu et al., 2023; Weybright et al., 2020). Innanzitutto, la noia è definita come un’emozione che emerge  dalla  discrepanza tra quanto le persone si sentono effettivamente impegnate e quanto vorrebbero sentirsi impegnate (Tam et al., 2021). La noia è un’emozione molto comune in quanto può essere provata a scuola, a lavoro e durante qualsiasi attività quotidiana (Chin et al., 2017; Goetz et al., 2014; Van Hooff & Van Hooft, 2017). Sebbene la noia sia un’emozione sgradevole, è utile a segnalare che la situazione attuale manca di significato o di novità e quindi invita a ricercare qualcosa di più piacevole e interessante da fare (Erturk et al., 2022; Van Tilburg & Igou, 2012, 2017). Data la sua sgradevolezza, spesso le persone mettono in atto una serie di comportamenti nel tentativo di evitarla, molti dei quali disfunzionali come, ad esempio, il danneggiare gli altri, fare acquisti impulsivamente e mangiare junk food (Moynihan et al., 2015; Pfattheicher et al., 2023; Sundström et al., 2019). Un altro comportamento è sicuramente l’utilizzo dello smartphone: alla minima manifestazione di noia, le nuove generazioni hanno imparato a ricorrere ai propri dispositivi digitali. Non a caso, in media, le persone spaziano da un’app all’altra 101 volte al giorno (Deng et al., 2019), controllano gli smartphone circa 35 volte al giorno (Lowe-Calverley & Pontes, 2020) e si rifugiano nei social media ogni 6 minuti mentre studiano (Rosen et al., 2013). Questi numeri sono dati dalla facilità e rapidità con cui i giovani possono switchare da un contenuto all’altro, tra quelli suggeriti dall’algoritmo: è infatti chiamato digital switching il passare da un post o un video ad un altro o il mandare avanti velocemente i video quando i contenuti iniziano a essere meno interessanti (Tam & Inzlicht, 2024).

Tuttavia, al contrario di quanto possiamo aspettarci, l’evitamento della noia attraverso l’uso dei media digitali non sembra essere efficace nell’alleviarla. Anzi, studi recenti dimostrano che sebbene siamo motivati ad usare lo smartphone con l’obiettivo di ridurre la noia (Fullwood et al., 2017), l’uso stesso dello smartphone sembra addirittura esacerbarla (Dora et al., 2021).

Il circolo vizioso della noia digitale

In accordo con il Boredom Feedback Model (Tam et al., 2021), la noia sembrerebbe essere il risultato di un’incongruenza data dal grado di interesse atteso rispetto a un contenuto e il coinvolgimento riscontrato nella realtà. Tale condizione implicherebbe lo spostamento del focus attentivo verso un nuovo oggetto, al fine di ricercare nuovi stimoli capaci di catturare maggiormente l’attenzione. Alla luce di tale meccanismo, un recente studio si è proposto di indagare la relazione tra noia e social media ipotizzando innanzitutto che la prima inneschi quello che viene definito digital switching e quindi lo scorrimento da un contenuto digitale all’altro al fine di ricercare contenuti più coinvolgenti a discapito di quelli giudicati come noiosi (Tam & Inzlicht, 2024). Ciò non costituirebbe un problema, se non fosse per quanto secondariamente ipotizzato dai ricercatori, ossia che l’azione stessa di ricercare nuovi contenuti attraverso lo scrolling attivi sensazioni di noia, innescando quindi un circolo vizioso (Tam & Inzlicht, 2024).  Per gli autori, tale circolo vizioso sarebbe favorito dalla consapevolezza che vi sia un bacino inesauribile di contenuti potenzialmente più interessanti cui dedicare il proprio sforzo attentivo (Struk et al., 2020). Al fine di indagare le suddette ipotesi, sono stati condotti sette esperimenti.

7 esperimenti per spiegare la noia digitale

Esperimento 1: al fine di dimostrare che lo scrolling è finalizzato ad evitare la noia, a ogni partecipante sono state fornite due serie di video di cui una noiosa e una interessante, registrando il numero di volte in cui un contenuto è stato saltato, considerando gli switch effettivi e quelli riferiti. Tale ipotesi è stata confermata.

Esperimento 2:  di seguito è stato indagato se lo switch fosse sostenuto dalla credenza che tale cambiamento aiuti ad evitare la noia, richiedendo ai partecipanti di immaginare come si sarebbero sentiti in condizioni in cui fosse e non fosse stato consentito loro di cambiare contenuto. I risultati confermano la tendenza a pensare che la possibilità di passare ad un altro contenuto riduca la noia

Esperimento 3: ogni partecipante è stato esaminato nella condizione di poter e non poter effettuare lo switch. In entrambi gli scenari, sono stati valutati: noia, soddisfazione, attenzione e significato. Da tale analisi è emerso come la possibilità di passare a un altro contenuto aumenti la noia.

Esperimento 4: in questa fase ai partecipanti è stato fornito un video della durata di 50 minuti e un secondo contenuto della durata di 10 minuti. Nel primo caso è stato concesso loro di mandarlo avanti e indietro, contrariamente a quanto accaduto per il video più corto. Anche in questo caso sono stati valutati: noia, soddisfazione, attenzione e significato. Livelli più alti di noia sono stati riscontrati durante la visione del primo video.

Esperimento 5: a questo punto i contenuti virtuali sono stati liberamente individuati su YouTube dai partecipanti stessi, sulla base dei loro interessi. Di seguito, è stato richiesto loro di utilizzare la suddetta piattaforma per 10 minuti come sono soliti fare e quindi con la possibilità di cambiare video in ogni momento, per poi selezionarne uno da guardare per 10 minuti senza effettuare alcuno switch. Nella prima condizione sono stati approfonditi i motivi degli switch effettuati. I risultati sono allineati con quanto emerso dalle fasi precedenti: la noia sembrerebbe spiegare gli switch e questi sembrano aumentare la noia.

Esperimento 6: al fine di estendere quanto emerso a un campione più vario e quindi generalizzare i risultati, ai partecipanti sono stati forniti sette articoli con possibilità di switch e un singolo articolo. Sono stati misurati: noia, soddisfazione, attenzione e significato. Il campione ha riscontrato meno noia nella condizione non-switch solo se sperimentata per prima, viceversa sono stati rilevati maggiori livelli di noia se sperimentata per seconda, a seguito della fase switch

Esperimento 7: il terzo esperimento è stato sottoposto a un campione vario simile a quello del sesto esperimento. I risultati eguagliano quanto emerso da quest’ultimo. 

Sembrerebbe quindi che la compulsione della ricerca di nuovi contenuti sia una risposta percepita come funzionale alla riduzione della noia che, al contrario, provoca l’effetto opposto aumentando la noia stessa. Questo fenomeno si manifesta più facilmente attraverso i social media, per via della facilità nel reperire nuovi stimoli in una quantità indefinita (Tam & Inzlicht, 2024).

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